Famiglia bambini divano casa

10 risposte alle paure dei nostri bambini

I bambini hanno vissuto in una bolla, necessaria e prudenziale, per 3 mesi. E ora che li attendono vacanze e giochi all’aria aperta, sembrano disorientati: c’è chi è spaventato, chi è diventato aggressivo, chi ha spento la creatività. Due esperti ci aiutano a capire i loro timori

Didattica a distanza, chat con gli amici, qualche allarmante telegiornale origliato dai grandi. Negli ultimi 3 mesi sono stati questi i compagni di vita dei nostri figli, mentre fuori il mondo precludeva loro qualsiasi contatto sociale. Se è ancora presto per definire le conseguenze a lungo termine del lockdown su bambini e ragazzi, è possibile però tirare un bilancio “a caldo” di alcuni nuovi timori e comportamenti che, a pochi giorni dalla fine del confinamento regionale, molti genitori osservano in casa.

Abbiamo raccolto 10 domande tra le mamme della redazione – preoccupazioni nelle quali tutte ci ritroviamo un po’ – e chiesto a Paolo Grampa e Marina Zanotta, psicologi dell’associazione Alice Onlus (www.aliceonlus.org), di aiutarci a trovare delle risposte.

1. Ora che possiamo uscire, mio figlio di 9 anni si rifiuta persino di scendere in cortile: dice che prenderà il virus e moriremo. Come tranquillizzarlo?

«Un buon metodo per aiutare i bambini a controllare i timori legati alla ripresa dei contatti con un mondo che sembra quello di prima, ma che non lo è, è dare loro una corretta informazione. I piccoli hanno vissuto in una bolla, necessaria e prudenziale, in cui le mura domestiche tenevano fuori il pericolo: tornare nel mondo vuol dire “affrontare il nemico”. Ricordiamo loro le norme di sicurezza e rassicuriamoli sul fatto che rispettarle significa tenersi al sicuro: mascherina, gel e distanza sono le nostre armature da supereroi, e ci si può allenare a usarle prima in giardino, poi fuori casa».

2. Durante questi mesi mio figlio di 3 anni è diventato molto aggressivo. Di notte sogna di perdere i genitori: è una reazione normale al confinamento?

«La durata prolungata dell’isolamento, la mancanza di relazioni, la presenza in casa di genitori non a completa disposizione pesano sul livello di stress, così come sulla percezione della realtà dei bambini. Se per parlare di trauma occorrere valutare ogni singolo bimbo, possiamo dire che le difficoltà del ritmo sonno-veglia, le fatiche relazionali e un umore irascibile potrebbero essere conseguenze della condizione a forte impatto emotivo nella quale le famiglie sono state immerse per mesi. La buona notizia è che, come nelle situazioni molto stressanti, con il ritorno a una quotidianità ordinaria i genitori potranno accompagnare lentamente i figli a recuperare anche il loro equilibrio, svolgendo funzioni di ascolto, sostegno e contenimento emotivo».

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3. Sono in smart working e mio figlio di 5 anni appena accendo il computer attira l’attenzione in tutti i modi e mi disturba. È come se odiasse vedermi “presente ma assente”.

«Per i bambini così piccoli è davvero difficile comprendere il significato dello smart working, ai loro occhi siamo solo dei “grandi” che preferiscono stare ore davanti a uno schermo piuttosto che rotolarci per terra e giocare con loro: si sentono sminuiti e messi in secondo piano, soprattutto perché i genitori sono stati spesso gli unici compagni di gioco a disposizione per mesi. Tollerare il fatto che mamma o papà ci siano fisicamente, ma che non vogliano (ai loro occhi) o possano (nella realtà) dedicarsi a loro muove rabbia e frustrazione e genera la necessità di richiamare l’attenzione disturbando. Si può proporre ai bambini di costruire un piccolo spazio di co-working in cui mamma o papà sono al computer e il bimbo costruisce, gioca, disegna. Anche se va ricordato che i tempi di attenzione su un’attività di bambini di età prescolare difficilmente supera i 20 minuti».

4. Mia figlia di 6 anni è sempre stata una bambina del tipo coloro-scrivo-ritaglio, ora è totalmente svogliata. A settembre inizierà la scuola primaria: devo preoccuparmi?

«Molti studenti si troveranno a cominciare il percorso scolastico a settembre con qualche difficoltà legata ai mesi di attività limitata. Quel che spetta ai genitori in questo momento storico, però, non è cercare una soluzione alle difficoltà sui banchi di scuola: a quelle penseranno le maestre, adeguando la didattica e trovando strategie pedagogiche ad hoc. Papà e mamme dovrebbero guidare i figli nella ricerca di un possibile significato della loro svogliatezza, analizzando insieme i cambiamenti che li hanno visti protagonisti, così da metabolizzarli insieme».

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5. Ho faticato molto per far accettare la mascherina a mio figlio di 4 anni, ma quando siamo fuori vede tanti bambini senza e si sente ingiustamente punito.

«In Italia l’obbligo della mascherina parte dai 6 anni, perché è complesso riuscire a responsabilizzare un bambino sotto tale età nell’uso di questo dispositivo. Se però la scelta dei genitori è di utilizzarlo comunque, ci si deve attrezzare per poter affrontare situazioni nelle quali le regole della propria famiglia differiscono dalle altre. Come tutte le scelte, anche questa non deve limitarsi a essere un’imposizione fine a se stessa ma va motivata con parole semplici, chiare e adeguate all’età».

6. La mia “ragazza” è in terza media ed è in ansia perché non sa se comincerà le superiori in classe o da casa.

«Il passaggio tra le scuole medie e le superiori è il primo vero esame da affrontare: ci sono gli amici da salutare, il nuovo universo da incontrare. I preadolescenti di oggi lo stanno, purtroppo, vivendo in modo estremamente ristretto e la mancanza di informazioni certe impedisce la capacità di proiettarsi nel futuro e immaginarsi nell’affrontare il primo grande salto. Per aiutare i ragazzi ci vuole molta delicatezza, perché il passaggio alle superiori indica l’ingresso nell’adolescenza e lì i genitori non sono i compagni di viaggio preferiti: bisogna saper ascoltare preoccupazioni e fantasie offrendo notizie corrette sul destino scolastico che li attenderà e invitarli a partecipare il più attivamente possibile a qualsiasi tipo di didattica si presenterà».

7. La camera di mio figlio di 15 anni è diventata un bunker: prima le lezioni virtuali, ora chat e Playstation fino a notte. Come riportare i ritmi alla normalità e farlo uscire di più?

«Questa quarantena ha permesso di comprendere meglio il mondo dell’adolescenza. I giovanissimi hanno mostrato quanto il loro modo di abitare il virtuale come luogo di apprendimento, incontro e gioco sia molto più spontaneo e sano rispetto alle altre fasce d’età. La fatica nel tornare a uscire andrebbe letta come la presenza di una possibile preoccupazione per il futuro, di domande tipo: “Sarò in grado di fare ancora amicizie? E se ci ammaliamo?”. Ogni genitore dovrebbe provare a sollecitare questi dubbi e parlarne».

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8. I miei bambini sono molto attaccati alla nonna, ma ora lei ha paura del contagio e non vuole avere contatti stretti. Come mantenere vivo il loro rapporto?

«La fascia degli anziani è stata la più colpita da questa pandemia, è importante rispettare i loro timori ma anche invitarli a non precludersi la possibilità di tornare a frequentare gli affetti. Per mantenere il legame ben vengano le videochiamate, passare sotto casa della nonna oppure proporre dei momenti di incontro in spazi aperti. Ai bambini tutto questo va spiegato serenamente, in modo che capiscano che il rifiuto della nonna non riguarda loro ma un timore legato alla propria salute».

9. A ogni banale rimprovero mio figlio di 6 anni piange e dice: “Ti arrabbi sempre con me!”. Confesso di essere stanca, ma l’immagine che mi rimanda mi sembra esagerata.

«Lui ci mette del suo, ovvero le parole che conosce per definire come vede la mamma, ed entrambi siete da mesi in una situazione di pressione che determina stanchezza. I bambini hanno l’abilità di identificare le emozioni degli altri, ma senza le parole per poter definire con esattezza ciò che intuiscono. È compito dei genitori quello di alfabetizzarli anche emotivamente, aiutandoli a definire meglio la situazione. Può essere un’occasione di conoscenza reciproca preziosa».

10. I miei figli di 8 anni sono diventati, se possibile, ancora più mammoni. Accettare altri adulti sarà difficile quando dovrò rientrare al lavoro?

«Per i bambini questo periodo è stato emotivamente contraddittorio: da una parte la perdita dei riferimenti esterni, dall’altra la possibilità di avere mamma e papà a disposizione 24 ore su 24. Compatibilmente con l’età dei figli e con le diverse ripartenze lavorative degli adulti, le nuove persone vanno presentate e introdotte gradualmente in modo che i bambini possano prendere confidenza con i nuovi riferimenti e le routine che ne conseguiranno. Nella fascia delle elementari è sufficiente presentare la persona individuata ai bambini qualche giorno prima dell’effettivo rientro in ufficio, con i più piccoli il tempo necessariamente si dilata».

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