Il murale realizzato in memoria dei giudici Falcone e Borsellino

Chi calcolerà “l’effetto Sicilia” sui nostri figli

  • 10 11 2020

Ci sono due storie affini che casualmente si incrociano in questo numero
di Donna Moderna. Quella di Beppe Fiorello, iniziata nella Sicilia degli
anni ’70, «una terra devastata dalla mafia, dove tutti avevano paura e nessuno parlava», che ha spinto l’attore a portare sul piccolo schermo le biografie di uomini coraggiosi, capaci di rompere l’omertà compiendo grandi gesta. E quella di Cathy La Torre, l’avvocata protagonista della nostra cover, iniziata nella stessa Sicilia 10 anni dopo, dove i genitori dei compagni di classe venivano freddati e i parenti messi sotto scorta. E dove «il risveglio seguito agli attentati ai giudici Falcone e Borsellino è stato dirompente», la molla decisiva a trasformare la vita di questa aspirante avvocata in una lotta contro ogni forma di ingiustizia, anche quelle ancora non codificate dalla legge.

Sono due storie che mi hanno fatto riflettere sulla lettura del presente in cui stiamo indugiando, specie quella relativa alle giovani generazioni. Ci stiamo concentrando su ciò che i nostri figli stanno perdendo. Tanto, tantissimo, è innegabile. Qualcuno si è spinto persino a quantificarlo economicamente: 900 euro in meno nello stipendio di inizio carriera, dicono Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli e Barbara Romano, ricercatrice. Nessuno però si azzarda a calcolare “l’effetto Sicilia”. Ovvero, come l’aver vissuto in un contesto che li ha privati di libertà essenziali e che ha svelato disuguaglianze e ingiustizie latenti possa renderli più sensibili verso certi temi, più competenti a livello umano, più predisposti a una visione nuova della società.

Fermiamoci un attimo a pensare. Questa è la prima generazione di ragazzi, da tanto tempo, in Occidente, che si dispera per la chiusura delle scuole e che ha accettato un codice di condotta rigidissimo pur di frequentarla. È la prima a dare un significato reale, concreto, al concetto di responsabilità, e cioè al fatto che da un piccolo gesto dipende la vita degli altri, specie dei più vulnerabili. La prima a riflettere sul fatto che gli anziani, i nonni, sono la loro storia, le radici su cui stanno fiorendo, e sta a loro proteggerli. La prima a sbattere i pugni sul letto e la testa contro il muro per le limitazioni alle relazioni, ai contatti e all’intimità, che non arrivano dai genitori ma addirittura dalla legge. Lo so, non è facile dare un senso a questa frustrazione, quando noi stessi ne siamo colmi per altre ragioni. Ma la ricchezza nascosta in questi tempi duri non si dissotterra da sola, per farla emergere dobbiamo praticare il pensiero positivo. E dare voce a tutta l’immaginazione di cui siamo capaci.

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