Grassofobia: cos’è e perché è un problema

Il fat shaming, la presa in giro di chi è in sovrappeso, è sdoganato a tutti i livelli. Potremmo infatti parlare di grassofobia: da dove nasce e come il movimento body positivity sta cercando di combattere questo fenomeno, pur con molti limiti

La discussione pubblica attorno a temi come l’obesità, l’accettazione di sé e la body positivity è spesso fuori fuoco e troppo polarizzata. La scorsa settimana il deputato del Partito Democratico Filippo Sensi ha tenuto un discorso alla Camera in cui ha parlato del suo passato da obeso, della sua lotta contro il peso e del bullismo a cui sono quotidianamente sottoposte le persone sovrappeso. «Con questo ordine del giorno abbiamo provato a concentrarci su un fenomeno odioso, quello del body shaming, in particolare del fat shaming, dello stigma riservato all’obesità come diversità intollerabile, ridicola, degna soltanto di disprezzo e derisione» ha esordito Sensi. «Vi chiedo colleghi, e lo dico da persona obesa, di considerare con attenzione queste specificità, poiché riguardano la questione del corpo, delle sue forme, della rappresentazione e della identità che il corpo, alla lettera, definisce». L’onorevole solleva una questione giusta: potremmo chiamarla grassofobia, e cioè la paura (e il disgusto) che buona parte della società prova di fronte a un corpo grasso, e perciò difforme.

Il fat shaming ha conseguenze reali

Una questione che ha delle ricadute molto pesanti sulla vita delle persone che, ogni giorno, combattono con il loro corpo e con i giudizi, il più delle volte gratuiti, che suscita. Non sono affatto rari i casi di suicidi, soprattutto tra i più giovani, a causa del bullismo subito per via del peso. Il fat shaming, ovvero la presa in giro e il dileggio delle persone sovrappeso, è assolutamente sdoganato a tutti i livelli. Si prendono in giro, spesso senza pensarci, i calciatori che mettono su qualche kg e tutte le attrici che non sono una taglia 38, come è successo in Italia a Vanessa Incontrada, contribuendo a rafforzare una visione unica del corpo, di ciò che è bello, di ciò che è desiderabile e quindi socialmente accettabile. E i grassi non lo sono. «Sono stato per tutta la vita e sono – cito – un ciccia bomba cannoniere, un panzone, un trippone, una palla di lardo, qualcuno mi chiamava “manzo”. Un ragazzino una volta mi gridò: “Sensi, mi fai senso”, lo ricordo come fosse adesso», ha detto Sensi in uno dei passaggi più emozionati del suo discorso.

Ha poi citato uno studio dell’Università della Florida che rileva come le vittime di fat shaming siano due volte e mezzo più a rischio di ingrassare, e come siano più soggetti a comportamenti autodistruttivi quali le abbuffate compulsive, l’anoressia, il suicidio. «Il corpo obeso è espressione di eccesso, decadenza e debolezza. Il corpo obeso è il luogo di un’infezione grave. È il campo di una battaglia persa in una guerra tra volontà, cibo e metabolismo, e lo sconfitto sei tu», dice Roxane Gay in Fame, una raccolta di saggi in cui la scrittrice americana esplora il rapporto con il suo corpo, lei che ha iniziato a soffrire di obesità dopo aver subito uno stupro a tredici anni.

Meriti e limiti della body positivity

Negli ultimi anni, molto è stato fatto in termini di rappresentazione. Da Ashley Graham a Lizzo, passando per Rebel Wilson e Paloma Elsesser, sono tante le influencer, le popstar e le attrici che hanno guadagnato popolarità e si sono imposte come modelli di bellezza “alternativa”, dimostrando che il talento, l’essere sexy e sicure di sé non dipendono dal peso. Eppure sono tante le cose che vengono rimproverate a questo nuovo movimento, che è stato subito ribattezzato della “body positivity”. Intanto di promuovere e glorificare corpi che non sono in salute, perché l’obesità è una malattia seria, quindi di non essere che un altro tentativo di vendere cose inutili alle ragazze più giovani e insicure.

Il punto della body positivity, però, è un altro. È l’accettazione di sé, con tutto quello che ne deriva, compresa la consapevolezza sullo stato di salute del proprio corpo. Recentemente, è finita nell’occhio del ciclone la personal trainer della celebrity Jillian Michaels, che ha criticato in diretta televisiva la popstar Lizzo: «Perché parliamo del suo corpo e non della sua musica? Perché siamo così fissati con questa cosa? D’altra parte non sarà bello quando avrà il diabete», ha detto. Certo, il diabete è un rischio reale per chi è in sovrappeso (anche per chi non lo è, a dirla tutta), ma Lizzo non ha mai promosso o invitato le sue fan a seguire le sue orme. Ha semplicemente osato fare qualcosa che ai grassi non è mai permesso: vivere bene, in uno spazio pubblico, il suo corpo. Posando nuda, ballando in perizoma, vestendosi come crede. Siamo sicuri che sia ben consapevole della sua salute e degli eventuali rischi che corre, ma quella è una dimensione che non dovrebbe essere sottoposta a scrutinio pubblico. È incredibile come, nel 2020, un corpo come il suo riesca ancora a sconvolgerci.

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