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29 Apr 2012 --- Elementary students in classroom. --- Image by © Hero Images/Corbis

La scuola che vorrei

Lo dico subito. Questo è un post di parte. È scritto dalla mamma di una bambina di otto anni, mamma che dopo avere sentito parlare politici, insegnanti e studiosi della scuola ha deciso di dire la sua.

Sono settimane ormai che si discute di programmi, precari, assunzioni e graduatorie e le idee, mi sembra, al posto di chiarirsi si confondono. Eppure se si guardasse a  quello che succede nelle aule con gli occhi dei ragazzi e delle  famiglie forse le cose si semplificherebbero un po’. Ognuno di noi, ogni mattina, quando accompagna a scuola i figli, dà loro un bacio sulla guancia  augurandogli  una buona giornata e li guarda superare il portone, dentro di sè ha desideri semplici. Noi genitori speriamo che dietro quella porta ci siano spazi sicuri, adulti capaci e appassionati e un programma di studio che racconta la storia ma sa guardare al futuro.

Appunto, partiamo da qui.

 Vorrei una scuola che non butta ma sa usare quello che ha

 Il futuro fino a oggi aveva un nome: Lim, sigla che sta per lavagne interattive multimediali. La prima volta che ho sentito parlare di questa tecnologia la mia bambina non era ancora nata. Con questo schermo digitale i software didattici  ma anche internet e perfino youtube possono diventare strumenti con cui fare lezione. Per un docente immagino che sia come mettersi alla guida di una Ferrari dopo essersi accontentato di una 500.  In Inghilterra già nel 2010  tre classi su quattro ne avevano una. Ma da noi il futuro è in forse: il governo potrebbe decidere di rottamare le Lim, perché sono troppo costose, troppo ingombranti e, sembra, poco amate dagli insegnanti.

Perché , chiedo, la nostra scuola non sa fare tesoro di quello che ha?

Perché bisogna  ricominciare ogni volta daccapo?

Vorrei una scuola che fa un passo alla volta (ma lo fa veramente!)

«Tu la mandi a lezione privata di inglese?» mi sento regolarmente chiedere da altre mamme. Certo che no, non la mando perché mia figlia fa il tempo pieno, perché il sabato e la domenica spesso ha un bel po’ di compiti e perché mi ostino a pensare che l’inglese dovrebbe impararlo a scuola. Ma provo anche un sottile senso di colpa perché ho vissuto sulla mia pelle la fatica e la difficoltà di imparare una lingua da grande. La prima volta che ho sentito parlare dell’inglese alle elementari era il Duemila.  A 15 anni di distanza mia figlia ha solo tre ore di lingua la settimana con una docente che deve fare del suo meglio per passare dalla classe in cui insegna divisioni e sottrazioni a quella in cui dà  le basi fondamentali della lingua straniera.

Con la riforma in discussione si ipotizza che i bambini delle primarie dalla quarta in poi  studino in inglese perfino un’altra materia. Insomma mia figlia passerà nel giro di pochi mesi dall’esercitarsi con semplici frasi come “my name is Claudia” e “I don’t like fish” a parlare della civiltà dei Sumeri o raccontare la differenza tra funghi e batteri in lingua anglosassone.

Ma è realistico?

 Ultimo desiderio: vorrei una scuola di buonsenso

«Mamma ma se prendo 5,8 raggiungo la sufficienza?» continua a chiedere preoccupata la figlia di un’amica che frequenta la prima media. Frutto della stranezza di qualche docente? Certo che no. È il risultato del registro elettronico che, ho la sensazione, abbia  spento la possibilità di usare le sfumature e l’intelligenza nella preparazione di un giudizio da parte degli insegnanti.  Almeno, direte voi, la scuola risparmia carta, fatica, tempo. Lo pensavo anch’io ma al ritiro della pagella di poche settimane fa mi sono vista consegnare il solito foglio. Sono passati  tre anni da quando è entrato in vigore il  provvedimento ma, come ci ha detto l’insegnante allargando le braccia, non sono bastati per avere le password da dare alle famiglie.

Le aule del nostro Paese sono il regno dell’incompiuto, di grandi progetti che hanno fatto ben sperare quando venivano annunciati ma che poi, anno dopo anno, si sono trasformati in inutili castelli di carta. L’essenza di una riforma rivoluzionaria allora diventa semplice:  cambiamenti e innovazioni che  non si perdano per strada.

Voi mamme e papà la pensate come me?

Cosa vorreste per la scuola dei vostri figli?

 

 

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