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Vietato licenziare i neopapà per un anno

Una circolare dell’Inps chiarisce il divieto di licenziare i papà lavoratori nel primo anno di vita del figlio. Il punto sulle nuove norme, anche in tema di malattia e smartworking

Ora c’è la parità: i papà non possono essere licenziati nel primo anno di vita dei figli, esattamente come previsto per le madri.

I papà non possono essere licenziati per un anno

A chiarirlo è una nuova circolare Inps. L’Istituto di previdenza ha voluto precisare che le norme, già approvate per le madri e in vigore dallo scorso agosto, si applicano anche ai papà che usufruiscono del congedo obbligatorio. Il testo chiarisce anche che, in caso di dimissioni volontarie e senza preavviso, si ha diritto anche a ricevere la NASPI, cioè l’indennità mensile di disoccupazione.

Stessi diritti delle mamme per i papà

Il chiarimento, dunque, fa riferimento al decreto del Governo Draghi (d.lgs 107/2022 del governo Draghi), introdotto per recepire le direttive europee in tema di equilibrio tra lavoro e famiglia per i genitori e caregivers, cioè coloro che prestano assistenza. L’Inps, quindi, ha voluto fare chiarezza e ha scritto nero su bianco che chi diventa papà non può essere licenziato per tutto il primo anno di vita del figlio, come previsto per le madri. La circolare (n.32 del 20 marzo 2023) spiega anche che i padri che volessero dimettersi – sempre nei primi 12 mesi dalla nascita del figlio – possono farlo anche senza il preavviso previsto per legge, senza perdere il diritto alla NASPI.

Cosa cambia per i papà?

L’Inps ha voluto chiarire quanto in realtà già previsto dal decreto dello scorso anno, che a sua volta faceva riferimento al Testo unico sulla maternità e della paternità del 2001, lo stesso che – tra l’altro – ha raddoppiato il congedo di paternità obbligatorio portandolo a 10 giorni. Ciò che è cambiato, e che l’Inps voluto chiarire, è che la norma si applica sempre anche al padre e non – come invece accadeva in passato – solo nel caso in cui questo avesse fruito del congedo parentale alternativo. «Esatto: basta godere anche solo di 1 giorno di congedo obbligatorio (pari a 10 giorni) che si attivano nel primo anno di vita del figlio le medesime tutele ordinariamente riservate alla mamma: divieto di licenziamento nel primo anno; ma anche diritto, in caso di dimissioni sempre nel primo anno, a indennità sostitutiva del preavviso, nonché indennità di disoccupazione», conferma Antonello Orlando, Fondazione Consulenti del Lavoro.

Prima non si veniva licenziati in casi eccezionali

In pratica, prima la legge permetteva di evitare il licenziamento solo nei casi in cui, per esempio, la madre fosse morta o avesse una grave infermità, dunque non potesse prendersi cura del figlio fino al primo anno di vita, oppure se ci fosse stato un abbandono da parte della madre o un affido esclusivo del neonato al padre: tutte condizioni che avrebbero portato il papà a prendersi cura del bimbo in modo esclusivo e quindi con necessarie garanzie di non licenziamento.

Si può fare “ricorso”

La circolare Inps chiarisce anche altri due punti: il primo riguarda l’eventuale decisione di dimissioni volontarie per i padri che possono comunque continuare ad avere accesso alla NASPI fino al primo compleanno del figlio, equiparando le norme previste per le madri. La differenza è che in passato la NASPI spettava solo in caso di perdita di lavoro involontaria, non per dimissioni volontarie. Ora, invece, i padri potranno godere del sussidio, fino al compimento del primo anno di vita del figlio, se decidono di lasciare il lavoro. L’altro punto ha a che fare con i casi pregressi: chi fosse stato licenziato o fosse in condizione di chiedere la NASPI per dimissioni volontarie e con congedo obbligatorio, potrà fare ricorso ed essere ammesso al riesame da parte dell’Istituto di previdenza stesso, con apposita richiesta da parte del padre presso le sedi Inps sul territorio.

Il congedo obbligatorio per i papà: come funziona adesso

L’estensione dei diritti dei papà ha a che fare, dunque, con il congedo obbligatorio che oggi di 10 giorni lavorativi, non frazionabili a ore, da utilizzarsi anche in via non continuativa dai due mesi precedenti la data presunta della nascita del figlio ed entro i cinque mesi successivi. In caso di gemelli, la durata raddoppia a 20 giorni lavorativi. Durante il congedo, che è previsto anche in caso di adozione o affido, il padre ha diritto a un’indennità del 100% della sua retribuzione. Scende, invece, all’80% in caso si chieda di usufruire di un mese in più di congedo parentale facoltativo (come per la madre), che può essere usato da uno dei due genitori indifferentemente, entro il sesto anno di vita del bambino. «Diciamo che abbiamo fatto progressi sul congedo obbligatorio dei papà, che da pochi giorni è arrivato a 10; evidentemente si è all’interno di un percorso, che richiede più sperimentazioni (per monitorare l’effettivo utilizzo di questi congedi), per portare il congedo per genitori a essere fruibile in modo condiviso come già visto per il congedo parentale, incentivando una compartecipazione condivisa fra i due genitori alla cura dei figli», commenta Orlando. «Diciamo che concederlo anche se “per poco” come 10 giorni è già un primo passo verso una modernità indispensabile in questa società. Certo c’è ancora molta strada da fare per equiparare i diritti al 100% verso una modernità indispensabile ed una giusta equiparazione tra tutti gli stati, perlomeno dell’Ue», osserva l’avvocato Celeste Collovati, dello studio Dirittissimo, specializzata in previdenza e lavoro.

Pari diritti ai padri per malattia e smart working

La parificazione dei diritti tra madre e padre vale anche per quanto riguarda l’eventuale malattia: entrambi i genitori possono astenersi dalla prestazione lavorativa senza retribuzione in caso di malattia del figlio, fino ai 3 anni di età di quest’ultimo e per tutta la durata della malattia. Dai 3 agli 8, invece, il periodo massimo di astensione è di 5 giorni all’anno. Se si chiede il permesso per malattia del figlio, però, può essere sospeso il periodo di congedo parentale.

Infine, era già stato esteso fino al 30 giugno 2023 il diritto allo smart working per genitori lavoratori con figli under 14, ma con una serie di requisiti: occorre un accordo tra datore di lavoro e dipendente su tempi e modalità; l’altro genitore non deve essere già a casa dal lavoro e le mansioni devono essere compatibili con il lavoro agile. Eccezioni sono previste per i lavoratori fragili.

«In realtà il congedo di paternità come introdotto con ultima legge di bilancio, è ormai strutturale tra i diritti dei genitori e credo sia uno strumento innovativo e fondamentale nella società di oggi, specialmente dopo il Covid, dal momento che abbiamo già assistito all’introduzione di strumenti innovativi che hanno consentito una maggior vicinanza dei genitori ai figli, proprio come lo smart working. La cura del bambino è una responsabilità e un diritto di entrambi i genitori lavoratori. Questo già avviene da anni in molti paesi europei, come la Spagna, e finalmente è stato riconosciuto anche in Italia: è giusto che anche il padre possa partecipare attivamente e in termini di tempo da dedicare alla vita del proprio figlio, senza fare distinzione tra i genitori che ritengo piuttosto anacronistici», conclude Collovati.

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