L’anno perduto dei nonni

  • 16 04 2021
Quanto durano davvero, per un anziano, i giorni, le settimane, i mesi? E quanto in fretta un bambino dimentica le coccole, gli abbracci, le favole? Tra fuggiaschi, rassegnati e incoscienti, abbiamo raccolto le testimonianze di coloro che, nell’emergenza, hanno provato a colmare la distanza

«Non so cosa darei per poter massaggiare le loro testoline. Invece li vedo sfilare davanti alla webcam, bofonchiare un “ciao” in inglese e sparire di scena». Teresa, 63enne di Trieste, è diventata nonna per la prima volta a 50 anni e oggi ha 6 nipoti sparpagliati per il mondo. Per non farsi dimenticare, ha sempre viaggiato come una pallina da flipper tra Hong Kong e la Francia con zero preavviso, anche per un raffreddore. Già prima della pandemia, però, si era creata una frattura con i 4 fratellini “asiatici”: i bambini avevano cominciato a rifiutare l’italiano e l’unico modo che Teresa conosceva per andare in profondità con loro era la vicinanza fisica.

Ovvero volare laggiù 3-4 volte l’anno e restare anche un mese, col rischio di diventare ingombrante. Il Covid ha sparigliato le carte. «Con le bimbe in Europa è andata meglio: il 15 giugno 2020 – giorno della riapertura delle frontiere dopo il lockdown più severo – alle 7 del mattino ero al confine, dopo aver guidato tutta la notte». Ma con i nipoti in Asia è cambiato tutto e Teresa soffre enormemente quando il figlio le dice che non hanno voglia di chattare. Il loro rapporto, ostacolato dalla lingua e sfilacciato dalla distanza, è stato congelato dal tempo pandemico, che sembra fermo ma lascia segni profondi sui corpi dei bambini, sulle loro menti che rimuovono abitudini. «È passato un anno e mezzo, e quando potrò rivederli sento che sarà tutto da ricostruire».

L’isolamento è una condizione tipica della terza età da ben prima dell’arrivo della pandemia globale

Un anziano su 4, anche quando il coronavirus non esisteva, dichiarava di sentirsi solo. Ma quale unità di misura può rendersi utile a calcolare la vita persa dai nonni nell’ultimo anno, tra chi ha dovuto rinunciare a conoscere un nipote e chi rischia la salute ospitandolo in casa? Quanto è lungo, veramente, un anno nella vita di un over 65? E quanto in fretta un bambino dimentica l’odore di un abbraccio serale? A 70 anni si fanno i conti col fatto di non essere eterni, e un anno di lontananza ha un peso diverso nella percezione di un anziano. Pertanto, il senso di perdita sperimentato dai nonni ha ripercussioni profonde, e sapere di aver scampato il male peggiore restando confinati non è sempre di consolazione.

Con qualche eccezione: Ivano, 72enne di Venezia, si è sposato con Fiorella, 65, proprio nell’estate tra le prime 2 ondate del Covid e ha realizzato solo all’inizio della convivenza che la routine di coppia prevedeva l’accudimento costante dei nipoti della moglie. Pur avendo chiesto spesso ai propri figli un nipotino, si è sentito sollevato quando le zone rosse hanno tenuto lontani i piccoli dal nuovo focolare. E non solo da malato cronico: soprattutto da uomo che, a oltre 70 anni e dopo diverse operazioni, aveva deciso di ricominciare da zero. La luna di miele in Thailandia non era indispensabile, ma un po’ di pace con la nuova compagna non guastava. E anche Fiorella, che dal divorzio della figlia si era annullata nella cura dei ragazzi, ha scoperto energia e amor proprio nel vuoto forzato della nuova vita.

I nonni materni di Lia, 5 anni e un’infanzia sul Mar Ligure, sono single, 50enni e sportivi

Lei fa cross-fit tutti i giorni nella palestra di sua proprietà, lui pilota l’aliante e atterra nei dirupi. Nonostante lavorino, si presentano regolarmente a giocare con Lia col naso un po’ fuori dalla mascherina, e anche quando i genitori della bambina hanno contratto il Covid, hanno continuato a fare la spesa e cucinare per loro.

«In confronto a loro» confessa il padre di Lia «il nonno sono io: sempre lì a dire di stare attenti, di non andare al supermercato, di coprire il naso. I miei genitori, invece, sono i classici anziani che stanno benone ma dichiarano di tirare avanti». In effetti, hanno 20 anni in più e la paura del contagio è più forte della competizione tra nonni, così hanno preferito evitare sia il figlio sia Lia. Nell’autunno 2020 la nascita del secondo nipote ha smosso qualcosa, e i nonni paterni hanno accettato di sostituire il vecchio cellulare con uno smartphone: adesso mandano vocali prolissi e la sera seguono la cena dei bambini col telefono a centro tavola, inquadrando maldestramente un piatto di frittata.

Remo, 69 anni, diabetico, è più incosciente: «Insomma, ci sono bambini che i nonni li hanno persi, noi non possiamo tirarci indietro. Che senso avrebbe osservare impotenti i nostri figli in difficoltà?»

Remo e Carla sono andati in pensione da poco per godersi la montagna in Val D’Ossola. Tuttavia, questa primavera hanno aperto le porte a Pietro a tempo pieno e indefinito: la mamma aveva provato a portarlo in studio ma i colleghi senza figli non sembravano abbastanza toccati dalla chiusura degli asili. Il patto, però, vista la fragilità del nonno, è stato di fare “bolla” col bimbo escludendo i genitori che in città continuano a prendere la metro. La decisione è stata difficile, racconta la mamma di Pietro: «In questo caso siamo noi genitori, al posto dei nonni, a leggere al bimbo le fiabe via Facetime e a rischiare la multa per andare fuori Regione a trovarlo con la FFP2».

Nell’anno trascorso, a fasi alterne, ogni Paese ha adottato la propria policy rispetto al rapporto tra nonni e nipoti

In Belgio, gli anziani potevano accudirli se under 60, in Germania la relazione era sconsigliata, in Svizzera erano consentiti rapidi abbracci. In Giappone è stata istituita un’indennità per nonni lavoratori, mentre in Cina la questione era quasi assente perché di solito nonni e nipoti vivono sotto lo stesso tetto. Qualunque sia stata la vera condotta adottata dai nonni, in base alla sensibilità individuale, all’età e alla condizione di salute, nel nostro Paese spesso sono stati loro a sostituire il welfare, e ultimamente lo hanno fatto correndo rischi oggettivi e infrangendo la legge.

Per i nonni che rimpiangono il poco tempo passato coi nipoti, la fine della pandemia rappresenterà l’occasione di recuperare l’anno e l’intimità perduta. Quanto ai nonni full-time, invece, quelli che non hanno mai smesso di faticare dietro ai nipotini, sarebbe bello immaginarli imbracciare il passaporto vaccinale e riempire i voli, alla riscoperta di un tempo la cui fibra si è rivelata sottile e sfuggente.

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