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Orfani di scrivania

Lo smart working ha ormai abolito le postazioni fisse. E tantissimi sentono la mancanza della scrivania. Conseguenze? Caos, malessere e frustrazione. Soluzioni? Staccarsi dallo spazio fisico e concentrarsi su quello mentale. Ecco i consigli degli esperti

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Abbiamo parlato di questo tema anche su Giornale Radio nella puntata del 14 aprile 2023. Qui il podcast.

La scrivania non c’è più

«Questa scrivania scaldata la sento un po’ “freddina”». Anne Quito, saggista newyorkese esperta di design, ha sintetizzato così sulla rivista Quartz il suo disagio rispetto ai nuovi spazi di lavoro ibrido. L’espressione “hot desk”, scrivania scaldata (da altri), si rifà all’“hot bedding”, l’usanza di non prevedere sulle navi un letto per ogni marinaio: quando si finiva il proprio turno ci si metteva a dormire nel posto ancora caldo di un collega che prendeva servizio. Ed è quello che, in modo simile, ora in molti facciamo negli uffici sanificati e reimpostati post-Covid.

Le donne hanno più attaccamento alla scrivania

«Allora si mirava a ridurre gli spazi necessari, oggi il ridimensionamento è ispirato anche a criteri di sostenibilità, in primo luogo ambientale, e alle nuove funzioni assegnate agli uffici, che stanno diventando sempre più luoghi di condivisione» spiega Pietro Martelli, fondatore di The Office Society, solution provider per la gestione degli spazi di lavoro. In questi anni ci sono stati tanti cambiamenti che – oltre al posto fisso – ci hanno tolto la postazione fissa e ci portano a lavorare un po’ qui un po’ la’ (in pratica dovunque). Ma allora ha senso la nostalgia per il nostro antico, piccolo feudo – in truciolato o metallo che fosse – o è solo un capriccio rétro? «Il problema è reale, e me ne parlano in aula le persone durante i corsi che tengo nelle aziende » conferma Debora De Nuzzo, mindset coach e fondatrice di DDNstudio. «Sono le donne a mostrare maggiore attaccamento alla scrivania. Credo per due ragioni. Molti ruoli che prevedono attività con l’utilizzo di tanta carta e che, quindi, più necessitano di un luogo fisico fisso sono di solito ricoperti da donne; penso, per esempio, alle funzioni amministrative. Poi, noi tendiamo a considerare il nostro ufficio una sorta di stanza della nostra abitazione da gestire e riordinare. Con il lavoro ibrido questo schema salta».

Tra casa e scrivania, le difficoltà aumentano

Al di là della frustrazione femminile manifesta, la questione si pone in generale. «Vedo persone fare la rincorsa a prenotare sulla app aziendale la postazione migliore o quella vicina al collega preferito, ma tutto questo genera tensione » continua De Nuzzo. «C’è anche chi cerca di passare meno tempo possibile in azienda oppure all’inizio del mese prenota la scrivania tutti i giorni, poi la disdice all’ultimo minuto, però questo non è un clima sano». È d’accordo la psicologa del lavoro Monica Bormetti: «Si rischia di vivere nel caos: quando si arriva in ufficio non si sa bene dove andare a lavorare, a casa ci sono altre questioni logistiche da gestire. È normale che questo crei difficoltà all’individuo. Le persone vanno aiutate, perché il disordine anche ambientale che ci circonda, compreso il maggior rumore, produce un affaticamento mentale che ha un chiaro impatto sulla produttività e sul benessere di ciascuno di noi».

Dal luogo fisico al luogo mentale

La questione si dipana, almeno un po’, agendo non solo a livello spaziale, ma anche mentale e organizzativo. «Ai dipendenti offro un suggerimento prendendo spunto dall’ambito psicologico: la differenza tra set e setting» dice Bormetti. «Sul lavoro il set possono essere la nostra scrivania, la sedia e così via, cioè l’ambiente fisico che ci aiuta a predisporci rispetto alle attività che siamo chiamati a fare. Il setting, invece, è la cornice mentale che ci consente di svolgere un certo compito. Venendo meno il nostro set stabile, spetta a noi predisporre il setting, il “luogo mentale” giusto. Può essere utile crearsi dei piccoli rituali prima di iniziare a lavorare: quando si resta a casa, per esempio, scendere al bar a prendere un caffè; se si va in ufficio, ritrovarsi al bar con i colleghi».

Cosa possono dare le aziende al posto della scrivania

Le aziende come possono intervenire? «Dovrebbero considerare gli spazi non solo contenitori di scrivanie in condivisione e di sale riunioni, ma portare all’interno degli uffici servizi che le persone non trovano a casa loro. È possibile offrire sportelli di coaching, organizzare momenti di team building o per la cura di sé, come sessioni di Pilates e di massoterapia» consiglia Debora De Nuzzo. Gli uffici devono diventare attraenti, io devo andare in azienda con piacere perché ci trovo un plus». Va detto anche che l’avere o meno una postazione fissa tocca sensibilità generazionali diverse. «I giovani sono più abituati alla modalità “sharing”, alla condivisione dell’auto o dell’alloggio per esempio. Per questo una scrivania in comune la sentono più naturale dei senior» aggiunge De Nuzzo.

I coworking fuori città

E sono proprio loro i destinatari, non gli unici però, dei coworking che si stanno sviluppando anche fuori dalle grandi città dove ci si può incontrare con i propri colleghi o professionisti di altre società. «Spesso raggiungere l’ufficio può essere dispendioso anche in termini di tempo e dentro casa non si hanno le condizioni ottimali» spiega Giovanni Peracin, fondatore della neonata piattaforma URBNX su cui si possono prenotare spazi in cui fare smart working in hall di hotel e dimore storiche. «Non avremo più le vecchie scrivanie con su schierate le foto dei figli e quintali di documenti impolverati. Quello che però non possiamo perdere è il gusto della socializzazione».

Occhio alle 5 C

Il lavoro ibrido ha scardinato i vecchi modi di intendere spazio e tempo. Ponendoci nuove sfide organizzative

La psicologa Monica Bormetti spiega cos’è la “sfida delle 5 C”. COMUNICAZIONE Può risultare complesso far dialogare chi quel giorno è a casa in smart working e chi è in ufficio. COORDINAZIONE È difficile organizzare il lavoro perché ci sono persone che per vari motivi sono meno presenti in azienda e risultano “invisibili” al responsabile. CONNESSIONE Si perdono le occasioni di incontro casuali con i “legami deboli”, come i colleghi di altri settori. Ma è dimostrato che sono proprio i legami deboli quelli da cui si ricevono le informazioni e gli stimoli più preziosi. CREATIVITÀ Spesso il lavoro ibrido porta a un maggiore disordine organizzativo, che riduce la spinta ad avere idee. CULTURA ORGANIZZATIVA Si fatica a creare gruppi di lavoro ben saldi.

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