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A 10 anni dall’omidicio di Sarah Scazzi il caso potrebbe riaprirsi

Il 26 agosto 2010 la 15enne Sarah Scazzi scompare nel nulla a pochi passi da casa. I 42 giorni trascorsi prima che venga ritrovato il cadavere trasformano questo paesino della Puglia in una metafora dell’orrore. Un’eredità che continua a pesare sugli abitanti. Specie adesso che il caso potrebbe essere riaperto 

Ad Avetrana, dopo 10 anni

A neanche mezz’ora di macchina da Lecce e da Gallipoli, c’è un luogo che da 10 anni vive nel ricordo. È un paesone di 6.000 abitanti, lontano dal mare, arroccato nella cultura contadina, smarrito in una dimensione atavica. Quando uno sente pronunciarne il nome, Avetrana, recupera un solo pensiero: il profilo gentile, i capelli biondi e l’esistenza troncata a soli 15 anni di Sarah Scazzi. Sono passati 10 anni da quando Sarah, nel pomeriggio del 26 agosto 2010, sparì nel nulla lungo i 500 metri che separavano casa sua da quella della zia Cosima Serrano, che viveva con il marito Michele Misseri e la figlia Sabrina in via Deledda 22.  

Nei 42 giorni di affannosa ricerca, la cittadina si trasformò in un set a cielo aperto. Televisioni da tutta Italia, e poi dal resto d’Europa, per non parlare dei giornali, cominciarono a occuparsi del caso. Inizialmente si pensava a una fuga volontaria. Non si contavano le interviste a chi gravitava intorno alla ragazza, ma anche gli avvistamenti più disparati da Nord a Sud, i medium che si presentarono con teorie strampalate e bizzarre. La sparizione di Sarah Scazzi rapidamente si trasformò nel caso ideale da seguire sotto l’ombrellone così come in città: in un’estate prossima alla fine ne allungava il sapore con gli appuntamenti catodici quotidiani, i talk show interminabili e i flussi di coscienza dei protagonisti in diretta. Divenne il giallo dell’estate 2010, profumava di mare e di sale, affiancava un Salento arcaico e rurale a quello di pizzica e movida. «Ci cambiò la vita, ma nessuno di noi era pronto» riflette oggi A., che non vuole rivelare il suo nome, ma che faceva parte del gruppo più ristretto degli amici di Sarah e della cugina Sabrina. «Decine di giornalisti arrivarono in città, i B&B erano pieni, la gente affittava a peso d’oro le stanze in disuso a casa. Ristoranti e bar straripavano di persone. Una cosa del genere non era mai capitata prima in tutta la Puglia». Cogne, Novi Ligure, il Giglio: è così che funziona quando la carovana dell’orrore colonizza un posto. Ma ad Avetrana, in quelle settimane caotiche, succede anche qualcos’altro. Succede che alla scomparsa di Sarah si aggiungono le dinamiche di un paese che scopre e ricerca la visibilità dopo anni di chiusura. E persone che improvvisamente diventano personaggi oggetto della massiccia attenzione dell’opinione pubblica, e sovente di lauti guadagni grazie alle interviste. 

«Poi tutto cambiò, e cominciarono a definirci omertosi. Dunque assassini» prosegue A. La metamorfosi si compie quando Michele Misseri, zio della ragazza, il cui cappellino da pescatore divenne rapidamente iconico, rinvenì il cellulare della nipote, fingendo che fosse una casualità. In quel momento fu chiaro a tutti che Sarah probabilmente non era più in vita. E, ancora di più, il fuoco del sospetto divampò in ambito familiare. Le indagini andarono avanti fino a quando, il 

La verità in diretta tv

Le indagini andarono avanti fino a quando, il 6 ottobre 2010, Zì Miché non crollò: confessò di aver strangolato la nipote il giorno stesso della sua scomparsa, e di aver abusato del corpo prima di gettarlo in un pozzo artesiano nella campagna salentina. La notizia venne data in diretta alla madre di Sarah, Concetta, da Federica Sciarelli nel corso di Chi l’ha visto?. Quella serata segnò per molti il punto di non ritorno: la tv del dolore era diventata quella dell’orrore. Qualche giorno prima, vicino casa Scazzi, qualcuno scrisse su un muro con lo spray “Qui non è Hollywood”. Adesso quella scritta si intravede appena. Eppure, tutto il resto – il paese, il ricordo, i capelli rossi di Concetta Serrano, il cui sguardo galleggia sul piccolo schermo mentre le viene annunciato che si cerca il corpo della figlia negli uliveti intorno al paese – pare congelato nei mesi e negli anni. 

Ad Avetrana non è cambiato niente. E nessuno vuole più parlare di quello che è stato: «Sono passati tanti anni, ma noi continuiamo ad essere prigionieri di quel maledetto delitto, del quale non abbiamo nessuna responsabilità» racconta un ragazzo dai capelli lunghi, che ha un bar nel centro del paese. L’immagine cui fa riferimento si annida tutta nel cuore della rappresentazione mediatica delle indagini prima, e del processo poi: i cambi di versione di Michele Misseri (in totale 6), la storia d’amicizia e di sesso fra Sabrina e Ivano Russo, e ancora i silenzi della granitica Cosima. Dunque, il processo indiziario e quelli derivati che all’epoca, come un polipo, allungarono i loro tentacoli su molti protagonisti del caso (avvocati, giornalisti, persone informate sui fatti più o meno realmente), e che in alcuni casi sono ancora in corso.

La riapertura del caso

Di certo c’è che la condanna all’ergastolo di Sabrina Misseri e Cosima Serrano – colpevoli di omicidio, mentre Misseri le avrebbe solo aiutate sbarazzandosi del corpo, confessando poi con l’intento di coprirle – è per molti oggetto di dubbi. Fa dubitare il ruolo dell’uomo di casa, passato da reo confesso del delitto a teste chiave dell’accusa dopo interrogatori lunghi e pressanti. Fa dubitare il movente: la gelosia di Sabrina per quella cugina che cresceva bella e impertinente, tanto da rischiare di sostituirla nel cuore di Ivano. Fa dubitare il ruolo di Cosima, colpevole secondo molti solo del reato di antipatia, che i pm fanno materalizzare sul luogo del delitto solo dopo mesi. Per tutti questi motivi il legale delle due donne Franco Coppi ha presentato ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo. Ricorso che è stato dichiarato “ammissibile” e che dunque potrebbe riaprire ancora una volta il caso. Un’ipotesi che, almeno apparentemente, sembra non toccare gli avetranesi. «La verità» conclude una vicina di casa Scazzi «è che dopo la sbornia iniziale, ne siamo usciti a pezzi. I pochi turisti che vengono ancora sono quasi sempre alla ricerca di Sarah: passano qui davanti e mi chiedono dove sia la casa di Concetta, cercano la villetta dei Misseri che magari hanno visto nel plastico di Porta a Porta, si avviano verso il cimitero. La verità è che sono passati 10 anni, ma qui Sarah continua a morire ogni giorno». 

Il libro sulla vicenda 

I luoghi, il delitto, le indagini, i processi. Le verità giudiziarie e i tanti particolari che sono stati taciuti. Sarah. La ragazza di Avetrana (Fandango) è il reportage dalla Puglia di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni, autori di questo articolo, a 10 anni dai fatti. 

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