Alessandro Manzoni
illustrazione di Ottavia Marchiori

Quel piacione del Manzoni

Dimenticate lo scrittore polveroso e pure un po’ bigotto che avete studiato a scuola. E in occasione dei 150 anni dalla morte, godetevi questo ritratto inedito dell’autore dei Promessi Sposi. Tra appassionate
cotte giovanili e insospettabili slanci femministi

Alessandro Manzoni e le donne

Pare che Alessandro Manzoni, ormai anziano, dicesse, nel suo solito dialetto milanese: «Mì coi donn son sempre stà intrigaa». In effetti intrigato dalle donne lo fu fin da giovanissimo, e chissà se proprio a causa di quel precoce abbandono materno: messo infatti, appena nato, a balia, venne rinchiuso controvoglia in un collegio a 6 anni e a 11 fu completamente dimenticato da sua madre Giulia Beccaria, che preferì vivere nella Parigi brulicante di salotti di fine ’700 insieme al compagno Carlo Imbonati. L’adolescenza irrequieta di Manzoni fu in parte salvata dai compagni di collegio, quelli più scapestrati, con cui aveva l’abitudine di andare al Ridotto della Scala a giocare d’azzardo o a chiacchierare, appunto, di donne.

Alessandro Manzoni e la madre

Una sera capitò che lui e il suo amico Luigi puntassero dritti alla stessa ragazza. Poi al sodo ci arrivò solo Luigi mentre, di lì a poco, Alessandro si consolò corteggiando una bella signora veneziana di 35 anni, il doppio dei suoi. Il cuore del poeta però batteva soprattutto per lei, Luigina Visconti, sorella dell’amico Ermes: un amore intenso, eppure non sufficiente a superare la sua avversione al matrimonio. Quando la madre Giulia gli scrisse per invitarlo a Parigi, Alessandro aveva ormai 20 anni. Si ritrovò di fronte non più l’impulsiva ragazza che un tempo l’aveva lasciato ma una signora di 43 anni distrutta per la morte improvvisa del suo amato Carlo e di colpo consapevole di tutto il male che aveva inferto a suo figlio. Alessandro, che aveva subìto il torto, buttò via il macigno del risentimento. Si perdonarono reciprocamente. E non si lasciarono mai più.

La prima moglie, la vera ispiratrice

Fu Giulia che, intuendo la sua passionalità, si mise alla ricerca di una moglie per lui. Le furono consigliati i Blondel, solidi ginevrini trasferitisi in Brianza, con parecchie filande e un lucroso commercio di seta. Alessandro ed Enrichetta Blondel si piacquero terribilmente. Lei era timida e riservata. Come lui. Ma era anche svizzera, borghese, calvinista, mentre lui era italiano, nobile, cattolico: i preti non vollero benedire il matrimonio, per via della differenza di culto. «Con la lieta furia di un uomo di vent’anni» che deve sposare la ragazza che ama, Alessandro fremeva: quel matrimonio s’aveva da fare subito. Per questo optò per il rito protestante. Contro tutto e tutti. Da quel momento tra marito e moglie si instaurò un rapporto simbiotico e indissolubile. Enrichetta riaccese la vena poetica di Alessandro, fino a diventare la sua «vera ispiratrice», oltre che prima lettrice di tutti i suoi lavori.

Le donne nei suoi libri

Più tardi nei Promessi Sposi lo scrittore avrebbe messo in scena un variegato universo femminile. I due personaggi che si stagliano nella memoria di chiunque sono senza dubbio la Monaca di Monza, costretta dal padre a prendere i voti a 13 anni contro la sua volontà, attraverso cui Alessandro raccontò tutta la crudeltà e il disamore di cui sono capaci coloro che ci danno alla luce, e di cui aveva esperienza personale. E Lucia Mondella, che nel cognome porta un’assonanza, neppure troppo velata, con Blondel. La protagonista di un romanzo che parla poco o niente, che abbassa lo sguardo, sviene o piange ci provoca oggi di primo acchito fastidi non da poco, è innegabile. Forse però, guardando con occhio attento, Lucia appare lontana anni luce dal classico archetipo della fanciulla indifesa e bisognosa di protezione, caro a tanti romanzi dell’epoca, e più vicina alla personalità «guerriera» che Manzoni fin dall’inizio ci indica.

Lucia e la Monaca di Monza

Quando Lucia arriva al monastero di Gertrude, la Signora, dietro la grata, dritta, la pelle bianchissima, gli occhi neri neri, bisognosi di «affetto, corrispondenza, pietà» e nello stesso tempo «feroci» per la violenza subita, la guarda fisso. Anche Lucia è vittima della violenza di Don Rodrigo. Alla sua richiesta di sapere «un po’ più particolarmente il caso di questa giovine», Lucia diventa all’improvviso rossa e abbassa la testa. Prontamente interviene il padre guardiano del convento: Lucia è partita dal suo paese per sottrarsi a gravi pericoli. Gertrude non desiste: «Quali pericoli?» domanda. Pericoli non adatti alle sue orecchie purissime, è la risposta del padre guardiano. Ed è a questo punto che anche la monaca arrossisce. È un rossore che accomuna e divide fin da subito le due donne, essendo quello di Gertrude accompagnato da «una rapida espressione di dispetto», così diverso dalla verecondia di Lucia. Nonostante questo, Gertrude e Lucia si riflettono l’una nell’altra, immagini al negativo e al positivo della stessa persona. Lucia, libera ma poco avvezza del mondo, subisce la fascinazione di questa «monaca singolare», reclusa in un monastero fin da bambina eppure molto esperta della vita. Gertrude, invece, che in piena pubertà è stata costretta a sacrificare l’eros verso cui i suoi anni la stavano con naturalezza spingendo, è attirata e, nello stesso tempo, infastidita dall’ingenuità di Lucia. Nel continuo gioco di doppi, rimandi e specchi che compone il romanzo, Lucia rappresenta ciò che Gertrude poteva e doveva essere, e non è stata.

Manzoni e la Difesa delle donne

Manzoni è incuriosito dai suoi personaggi femminili: fanno parte a pieno titolo della categoria che più gli sta a cuore, quella degli oppressi e degli esclusi dalla Storia. E se l’Italia, in fatto di affrancamento femminile, risultava antiquata, Alessandro Manzoni si situò, come sempre, all’avanguardia. Tanto da affidare il finale del suo romanzo non a Renzo ma a Lucia. E da dichiarare espressamente, nell’introduzione al Fermo e Lucia, la prima stesura dei Promessi Sposi, di volersi rivolgere a un pubblico di lettrici. Raccolse l’eredità della Difesa delle donne, l’articolo anonimo apparso su Il Caffè, la rivista fondato da suo nonno Cesare Beccaria e da Pietro Verri, in cui si affermava che le donne sono quello che gli uomini hanno loro concesso di essere ma che basterebbe una buona formazione e sarebbero «capacissime di superare gli uomini». In Manzoni, distante anni luce dal classico maschio Alfa, palpita, in maniera sottile ma pervasiva, un altro modo di percepire i rapporti tra uomo e donna. E un ideale femminile più libero e moderno.

Alessandro Manzoni
* Eleonora Mazzoni, sceneggiatrice e scrittrice, è ora in libreria con Il cuore è un guazzabuglio. Vita e capolavoro del rivoluzionario Manzoni (Einaudi).
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