Mentre in tv spopolano i reality dedicati alla mania dei tattoo, molte donne decidono di disegnarsi la pelle raggiunti gli “anta”. Lo fanno per sedurre, piacersi, raccontarsi. Come confessa una scrittrice

Avevo quasi 50 anni quando pensai di tatuarmi. Sì, perché per una donna che abbia superato gli “anta” la scelta non è semplice, non si rincorre la farfallina di Belén senza averci riflettuto. Nel mio caso la decisione è stata ponderata per tutta la vita. La prima volta che vidi un uomo tatuato ero ad Abano Terme (Pd), avevo 4 anni. Mentre mia madre faceva i fanghi, a turno osservavo gli ospiti dell’hotel. Il mio preferito era il Capitano. Ricordo il corpo maturo disegnato con quei tratti verdastri e sbiaditi da vecchio marinaio. Ero rapita non solo dalla novità ma dal fatto che per ogni segno lui avesse una storia da raccontare: nomi di porti, donne, tempeste, balene, piovre e delfini. Tutte cose che, molto tempo dopo, avrei amato nella pagine di Moby Dick.

Se fino a pochi anni fa la pelle scritta era appannaggio di omoni borchiati in pantaloni di pelle nera, oggi il dilagare della moda dei tattoo ha moltiplicato gli artisti, pubblicizzato gli studi e riempito le spiagge di corpi disegnati. Il tatuaggio, anche in Italia, è approdato persino in televisione: Sky Uno gli ha riservato la prima serata con i reality Ink Master e Best Ink, in cui 12 artisti si sfidano a colpi d’ago e inchiostro, e a seguire il programma Tatuaggi da incubo, una selezione dei capolavori peggiori.

La differenza tra i tatuati e gli altri? I primi non hanno paura dei secondi. Lo vedo scritto su una maglietta dedicata agli amanti del genere. Non è sbagliato parlare di paura dato che, come sostiene Riccardo Piaggio, ideatore dell’International Tattoo Convention che si è tenuta lo scorso ottobre a Genova, chi si tatua ha vinto il terrore del “per sempre”. Marco Firinu, tra i più noti artisti italiani, a Genova ha molte clienti over 40 e non ama parlare di mode: «Ci sono tante tendenze quante sono le donne, ciascuna ha una motivazione e non tutte chiedono nomi di figli e mariti o fiori, molte scelgono immagini forti per svelare la loro parte più selvaggia».

Il milanese Graziano Amati, detto Zippo, allo Studio 41 ha una clientela per lo più femminile con le idee chiare e la voglia di azzardare con soggetti impegnativi. Alcune, rivela, desiderano coprire brutte cicatrici di vecchi interventi estetici, molte però considerano i tattoo un’arma di seduzione. Lo ammettono anche Irene Vannucci, che a Pistoia gestisce Oriental Tattoo, e Debora Isidori di Skinmania, che a Sorrento decora schiene, caviglie e coccigi capaci di calamitare gli sguardi degli uomini.

Presa la decisione e trovato il tatuatore, si è solo all’inizio e arrivano i dubbi: cosa mi disegno? Nero o colore? Visibile o nascosto? Per me la decisione fu obbligata. C’era un verso dell’epigrafe di Serepta Mason nell’Antologia di Spoon River che mi era rimasto dentro fin dall’adolescenza, quando leggevo Edgar Lee Masters. Lo scelsi per il braccio sapendo che sarebbe stato solo il primo dei miei tatuaggi. Non pensai che sarei stata più seducente, mi spinse piuttosto l’idea di avere addosso qualcosa che mi appartenesse e piacesse anzitutto a me.

Per la psicologa Vera Slepoj le ragioni che portano una donna a tatuarsi sono chiare: «Specie dopo una certa età rifiutiamo l’idea di invecchiare: un tatuaggio è un gesto di modernità trasgressivo e coraggioso per affermare la voglia di sedurre ancora». Passeggiando tra gli stand della Tattoo Convention genovese ho incontrato Stefania, mamma over 50, con la figlia Serena. «È tutto cambiato da quando cominciai a tatuarmi io 20 anni fa. Le donne erano poche, adesso vedo signore griffate e famiglie con i bambini tra gli stand. È fantastico volersi rendere più belle a qualsiasi età» dice mostrandomi un trionfo di colori sul braccio. Sbircio intanto Serena e dalla minigonna le spunta fuori il disegno di una giarrettiera di pizzo nero così realistica che viene voglia di toccarla.

Il mio compagno inorridì quando vide il mio tattoo. Ma a 50 anni, avendo sempre sognato un corpo capace di raccontarmi, ciò che voglio viene prima di quello che pensano gli altri. E quando saremo vecchie e la pelle sarà raggrinzita, ci chiedono in tanti, non ci sentiremo ridicole? «Saremo ancora più belle!» risponde la 28enne Giulia che ha un cuore trafitto sul petto . «I tattoo fanno parte di me, cambiano con me. Anzi, distoglieranno l’attenzione dalla mia vecchiaia».

Quanto a me, “scrittrice tatuata” come qualcuno mi apostrofa nell’incapacità di trovare un collegamento tra le mie pagine e il mio aspetto, per quanto possa narrarmi con la pelle, come Serepta Mason, me ne andrò senza che nessuno abbia mai visto “il mio lato in fiore”, proprio come recita il mio primo tattoo: “My flowering side you never saw”.

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