Tumore al seno, quando e come vaccinarsi contro il Covid

I consigli per le pazienti in chemioterapia o ex malate oncologiche: precauzioni, eventuali controindicazioni e benefici dal vaccino

La fascia di popolazione considerata fragile comprende anche i pazienti oncologi. Secondo le raccomandazioni del ministero della Salute si tratta di persone che, a causa di un tumore, hanno una mortalità del 4,5% superiore rispetto alla popolazione generale. Nello specifico i soggetti cosiddetti ad “elevata vulnerabilità” sono quelli con tumori al polmone (25%) e al seno (13%), dunque in questo caso si tratta per lo più di donne.

Ma quando va fatto il vaccino? Con che precauzioni e che vantaggi? Ecco i consigli di Lucia Del Mastro, coordinatrice della Breast Unit del Policlinico San Martino di Genova.

Con un tumore al seno occorre vaccinarsi?

Sì. In accordo con le indicazioni del ministero della Salute, le donne che stanno facendo la chemioterapia sono considerate ad “elevata vulnerabilità”. Questo significa che non solo è possibile vaccinarsi, ma è anche consigliato.

Hanno priorità tutte le donne che sono in cura per un tumore al seno?

Vengono, in ordine di priorità, subito dopo gli operatori sanitari, gli ospiti delle Rsa e gli over 80, solo quelle pazienti che sono in cura chemioterapica, perché sono immunodepresse, dunque con un rischio maggiore rispetto al resto della popolazione. Per quelle che invece hanno terminato il trattamento da più di sei mesi oppure seguono una terapia ormonale, i tempi sono quelli normali, dettati dal Ministero.

Per una paziente in chemio qual è il momento ideale per vaccinarsi?

Se possibile l’ideale sarebbe ricevere la dose di vaccino appena prima dell’inizio del ciclo di chemioterapia: ad esempio, se l’inizio della terapia fosse dopodomani, l’ideale sarebbe vaccinarsi domani. Questo perché le difese immunitarie sono a un livello maggiore, quindi l’efficacia del siero è più alta.

Ci sono controindicazioni particolari per un paziente oncologico?

No, le eventuali controindicazioni sono identiche a quelle del resto della popolazione. Non ci sono effetti dannosi o tossici comprovati, come non ce ne sono nel caso del vaccino antinfluenzale. L’unica differenza potrebbe essere la maggiore o minore efficacia della copertura vaccinale in un soggetto immunodepresso, per questo è consigliabile sottoporsi alla vaccinazione appena prima dell’inizio del ciclo di chemio.

Cosa deve fare una paziente che segue l’immunoterapia?

Una paziente che segue l’immunoterapia non è maggiormente esposta al rischio di ammalarsi di Covid. Anzi, il suo sistema immunitario risulta rafforzato. Però nelle pazienti con tumore al seno triplo negativo metastatico l’immunoterapia si accompagna alla chemio. In questo caso, valgono le indicazioni dei pazienti oncologici sotto chemio.

Quali sono i vantaggi della vaccinazione per questi malati?

Le persone immunodepresse dovrebbero vaccinarsi perché hanno le difese immunitarie più basse. L’infezione da Covid per loro potrebbe portare a complicazioni più gravi.

Ci sono vaccini considerati più adatti?

No, non ci sono differenze tra i vaccini autorizzati finora per i pazienti oncologici. L’unica riguarda il numero di dosi che, nel caso di siero Pfizer, Moderna e AstraZeneca, richiedono due somministrazioni. Invece, per Johnson & Johnson è sufficiente una sola dose.

Chi ha un tumore al seno e si è anche già ammalato di Covid cosa deve fare?

Le indicazioni sono identiche a quelle di un soggetto non oncologico che si fosse già ammalato di Covid, quindi è prevista una sola dose di vaccino dopo almeno 3 mesi dal contagio da coronavirus, sia che sia ancora sotto trattamento per il tumore, sia che sia guarito.

Chi, invece, ha avuto un tumore in passato, corre maggiori rischi di ammalarsi di Covid?

No, le percentuali di rischio di contagiarsi sono identiche, nel caso in cui si sia guariti da un tumore. È stata data priorità (categoria 4 del ministero della Salute) ai pazienti oncologici, quindi anche alle donne con tumore alla mammella che sono in chemioterapia, ovvero che sono in una condizione di basse difese immunitarie. Chi segue la terapia ormonale, invece, non presenta differenze rispetto al resto della popolazione, e infatti rientra nelle categorie 2 e 3, con minori rischi.

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