Quasi tutte le bambine desiderano diventare una principessa. Ma per qualcuna il sogno è più complicato. Perché l’eroina delle favole non ha i riccioli matti, la pelle color caffelatte e le gambe così lunghe che di notte rimani incastrata nel letto. Valentina Diouf ha 22 anni, è alta 202 centimetri ed è una delle giocatrici più forti della Nazionale italiana di pallavolo. In Quando sarai grande (Mondadori) racconta la sua storia di bambina e ragazza “fuori misura”. «Sono sempre stata una giraffa. All’asilo mi scambiavano per una maestra» ricorda la giocatrice. «Alle medie avevo già superato il metro e 80: in strada tutti si voltavano a guardarmi, mentre io avrei voluto essere trasparente». Nata e cresciuta nella provincia di Milano, Valentina ha origini miste: il padre è del Senegal, la mamma italiana.

«Da piccola non c’erano tanti ragazzini stranieri nel mio Paese, ma sono stata fortunata, nessuno mi ha mai insultata o preso in giro. Se fosse successo mi sarei imbestialita: sono timida e parlo poco, ma non sopporto il razzismo. Purtroppo in Italia se ne respira ancora molto». Valentina si incupisce appena e confessa che in questi giorni, quando vede il dramma dei migranti al telegiornale, non può fare a meno di commuoversi. «Mi sento pessimista, il nostro Paese non è pronto a una società multietnica. È una questione di cultura, di apertura mentale. Un amico mi ha fatto notare che se prendi una cartina del mondo e la giri di 180 gradi vedrai l’Africa in primo piano, grandissima e imponente, mentre l’Europa è piccola e l’Italia diventa un puntino. Ecco, dovremmo tutti cambiare il nostro punto di vista per accettare e capire chi è diverso».

«BELLEZZA NON VUOL DIRE OMOLOGARSI, MA MERAVIGLIARE»

Questa campionessa che stupisce a suon di schiacciate micidiali con l’idea del diverso ci ha sempre convissuto. «Non sono mai stata come le altre adolescenti. All’inizio soffrivo, poi ho capito che dovevo farmi furba e sfruttare la mia particolarità. Oggi lo dico alle ragazzine che incontro: bellezza non vuol dire omologarsi, ma meravigliare. Io sono una Cenerentola con le scarpette numero 46! È un’impresa trovarle, a volte me le faccio confezionare su misura, ma al tacco non rinuncio: mi fa sentire meno atleta e più donna. Lo stesso vale per l’abbigliamento. Adoro fare acquisti e assomiglio alla protagonista del film I Love shopping: i vestiti mi parlano. Un abito mi va corto perché sono troppo alta? Ottimo, mi piace essere femminile e ogni tanto è bello mostrare le gambe. Insomma, se sei differente stupisci di sicuro. Su questo fronte, lo sport mi ha dato una grande mano: è democratico e giusto, soprattutto il volley».

In campo l’altezza di Valentina è sempre stata un pregio, insieme alla determinazione. «Ho iniziato a giocare da piccola, folgorata dal cartone animato Mila e Shiro due cuori nella pallavolo, e non ho più smesso, anche di fronte a chi mi diceva che non ero abbastanza brava, e ai sacrifici. A 15 anni ho lasciato la mia casa per andare a giocare nel Club Italia, a Roma. Se voglio una cosa la ottengo. I difetti? Sono un po’ diffidente, soprattutto con gli uomini. Forse è colpa del rapporto mancato con mio papà. Ci ha lasciate quando avevo 2 anni. Ora ci siamo riavvicinati molto, però non è stato facile. Per fortuna, ad addolcire questo aspetto ci pensa il mio fidanzato (il giocatore di pallacanestro Maurizio Vorzillo, ndr). Stiamo insieme da 6 anni e adesso andiamo a convivere».

«MIA MADRE MI HA INSEGNATO A VIAGGIARE E A MEDITARE»

Quando parla d’amore, Valentina sussurra e fa trasparire la sua timidezza. «Sono molto tradizionalista e fedele. Al matrimonio non ci penso ancora, però sogno spesso. Il primo desiderio si chiama Rio2016, le Olimpiadi: voglio andarci e voglio giocarmela per rifarmi dalla delusione del Mondiale, quando ho mancato il podio per un soffio. In futuro invece mi vedo con dei figli, a cercare un equilibrio tra famiglia e lavoro. Come faceva mia madre. Mi ispiro a lei, mi ha cresciuta da sola, è una tipa tosta. Mi ha insegnato a viaggiare per aprire la mente e a meditare».

Anche se con mamma Silvia non mancano le litigate campali. L’ultima per i 3 tatuaggi che impreziosiscono il corpo di Valentina. «Il più grande è quello sulla schiena. Si tratta della mano di Fatima, uno dei simboli dell’Islam. Mi ricorda mia nonna paterna, che purtroppo non ho mai conosciuto. E una parte di me, le mie radici africane, che voglio conoscere meglio. Riannodare i fili della storia fa sempre bene».

Valentina Diouf, 22 anni, ha giocato a Bergamo, Busto Arsizio e oggi è nella LJ Volley di Modena. Suo papà è senegalese, sua mamma italiana

In Quando sarai grande (Mondadori) Valentina Diouf racconta i suoi primi 22 anni: dai ricordi di bam

In Quando sarai grande (Mondadori) Valentina Diouf racconta i suoi primi 22 anni: dai ricordi di bambina all’adolescenza lontano da casa, a Roma, per inseguire il futuro nella pallavolo. In mezzo, le difficoltà di essere una ragazza “eccezionale”