Vittime di reati violenti: gli importi previsti per gli indennizzi

Un decreto stabilisce gli importi che spettano, in presenza di certi requisiti, a chi ha subito un crimine violento non risarcito e ai figli di donne (e uomini) uccise da partner ed ex partner. Ma gli avvocati specializzati sono molto critici

Finalmente l’Italia prova ad adeguarsi alle direttive dell’Ue, dopo essere stata bacchettata e sanzionata dalla Corte europea di giustizia, in un ambito estremamente delicato: gli indennizzi dovuti dallo Stato alle vittime di reati violenti intenzionali – quando commessi da ignoti o non risarciti dagli autori – e ai figli di donne e uomini assassinati da partner o ex partner. Ma dal fronte degli avvocati specializzati si levano obiezioni e commenti negativi. La norma è generica e gli indennizzi troppo bassi.

Cosa dice il decreto e quali sono le cifre previste

Qualche giorno fa, firmato dal ministro dell’Interno e dai colleghi di Giustizia e Finanze, è entrato in vigore il decreto che rende operativa la direttiva europea in materia – datata 2004 – e dà concretezza alla legge italiana di recepimento approvata solo il 7 luglio 2016, dopo un decreto legislativo intermedio. Il provvedimento stabilisce gli importi da erogare alle vittime di reati violenti in possesso dei requisiti richiesti e le condizioni per accedere all’indennizzo statale. Il budget complessivo disponibile non è illimitato (2,6 milioni all’anno). E le cifre stabilite non sono iperboliche. Tutt’altro. C’è chi le definisce “irridenti, non congrue, offensive”. Per una donna stuprata, purché rientri nel perimetro disegnato dalla normativa, il contributo fisso dello Stato sarà di 4.800 euro. Per gli omicidi si salirà, si fa per dire, a 8.200 euro per i figli delle vittime di delitti all’interno di coppie (in prevalenza donne) e a 7.200 euro per altre tipologie. Per gli atti di libidine e altri crimini non si andrà oltre i 3.000 euro, percepibili esclusivamente per rimborsare spese mediche e di assistenza.

Requisiti, clausole, limitazioni

Attenzione, dunque, a clausole, restrizioni, esclusioni, distinguo. Gli indennizzi statali non spettano indistintamente a tutti e non sono previsti per tutti i reati. Anzi. Possono chiedere il contributo economico coloro che non sono stati risarciti dai colpevoli individuati e condannati e non riescono a recuperare i soldi, le vittime di reati per i quali l’autore o gli autori restano sconosciuti, chi ha perso la madre o il padre per mano dell’altro genitore. Inoltre l’aiuto è riservato a persone in condizioni finanziarie non floride, sempre che non abbiano già avuto denaro da altri soggetti pubblici o privati: per ottenere l’indennizzo, ecco uno dei “paletti” principali, gli interessati non sdevono superare i tetti di reddito  previsti per l’accesso al gratuito patrocinio legale (circa mille euro al mese). 

Alcuni indennizzi vincolati alle spese mediche

Per i reati dolosi violenti diversi da omicidi e violenze sessuali gravi – non elencati singolarmente dal decreto, salvo pochissime eccezioni  –  l’indennizzo dello Stato è destinato a compensare gli esborsi documentati per cure mediche e assistenza e al massimo arriva a 3.000 mila euro. Percosse e lesioni gravissime e con conseguenze permanenti, ma non le ipotesi più lievi, sono comprese nelle tipologie prese in considerazione. Idem l’intermediazione illecita e lo sfruttamento di manodopera. Non si capisce invece se lo stalking sia incluso o meno.

A chi ci si deve rivolgere?

I soldi messi a disposizione dallo Stato confluiscono nel “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura dei reati intenzionali violenti”. Nel caso il budget sia insufficiente per tutti i richiedenti, dice il nuovo decreto, l’indennizzo o la quota che manca a raggiungere il totale potranno slittare all’anno successivo, senza interessi, rivalutazioni o oneri aggiuntivi. La concessione non sarà automatica, a pioggia. Bisognerà presentare un’istanza. Gli uffici i territoriali cui far riferimento, per le informazioni e per le domande e l’istruttoria, dovrebbero essere le prefetture, almeno nella fase iniziale. Il condizionale resta d’obbligo, in attesa di una risposta ufficiale dal Viminale, che abbiamo richiesto. Si vedrà. La domanda per accedere al contributo, questo invece è certo, deve essere consegnata entro 60 giorni, contati a partire da quando l’autore del reato è stato formalmente indicato come ignoto o dall’ultimo e inutile tentativo di farsi pagare il risarcimento (cosa distinta dall’indennizzo dello Stato) dal colpevole inadempiente.

Per gli avvocati gli indennizi sono irrisori

Stefano Commodo è un avvocato del foro di Torino che da tempo si occupa di questi temi assieme ai colleghi dello studio Ambrosio & Commodo. Prima della nuova legge, e del recentissimo decreto attuativo, ha seguito alcune cause pilota. Per una donna vittima di violenza sessuale, con una causa promossa nel capoluogo piemontese, è riuscito a ottenere “50.000 euro”, ricorda, contro i 4.800 previsti da qui in avanti. Per un’altra s signora stuprata, a Milano, l’indennizzo accordato ”è stato di 150.000 euro”, precisa. Allora le istanze si presentavano alle procure generali. “Le cifre stabilite dal decreto interministeriale – commenta il legale – a me sembrano irridenti, offensive, irrisorie. In altri Paesi europei gli importi erogati dallo Stati sono ben altri, congrui, corretti. Per gli omicidi si ragiona in centinaia di migliaia di euro e per ciascuna parte offesa. Gli indennizzi introdotti da noi sono così bassi che gli aventi diritto rinunceranno a chiederli. Secondo me – continua Commodo – ci sono già le condizioni per ipotizzare di ricorrere alla Corte europea di giustizia, via via che saranno definite le singole pratiche. L’Europa, ne sono certo, non accetterà gli importi decisi dai ministri italiani”.

Il legale delle donne: “Problemi di interpretazione”

“Come se non bastasse – aggiunge l’avvocato di Telefono rosa di Torino, Anna Ronfani – la formula ‘reati intenzionali violenti’ si presta a interpretazioni diverse e non univoche, creando difficoltà persino a individuare le situazioni in cui si può formulare la richiesta di accesso al Fondo. Di fronte alla genericità di norme recentemente inserite anche nel codice di procedura penale – spiega – è già dovuta intervenire la Corte Costituzionale, chiarendo che l’espressione ‘violenza alla persona’ si riferisce non solo alle condotte di violenza fisica ma anche a quelle di violenza psicologica, come lo stalking e i maltrattamenti. Ma questo potrebbe non essere sufficiente a evitare incertezze nell’applicazione di legge e decreto sugli indennizzi. E, ancora una volta, a rimetterci saranno soprattutto le donne. Per alcuni dei reati di cui si parla, le vittime sono prevalentemente di genere femminile”.

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