Vulvodinia: cos’è, come si riconosce e si cura

Giorgia Soleri più volte su Instagram ha raccontato di soffrire di vulvodinia. Ora una proposta di legge è stata depositata alla Camera e al Senato. La malattia colpisce circa 4 milioni di donne ma è poco nota. Come si riconosce, i sintomi, gli specialisti, le terapie

Giorgia Soleri è una giovane donna di 26 anni, fa la modella e l’influencer. È anche la fidanzata di Damiano David dei Måneskin. Anche grazie a lei, che su Instagram ha pubblicato più post in cui racconta di aver scoperto di soffrire di vulvodinia, ora è stata depositata una proposta di legge alla Camera e in Senato.

Di vulvodinia soffrono 4 milioni di donne ma la malattia è poco nota. «Ho perso la mia adolescenza, sentendo il mio dolore delegittimato dalle istituzioni, dalla classe medica non formata adeguatamente, dalla società adulta, persino da me stessa» racconta Giorgia Soleri al Corriere della Sera. «Questi otto anni di incubo hanno mi creato enormi danni psicologici e fisici e una rabbia che mi ha permesso di raccontare la mia storia online, creare una rete che poi si è chiusa con il Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo, a giugno 2021».

Cos’è la vulvodinia

La vulvodinia è un disagio, spesso indicato come bruciore in area vulvare, che può riguardare tutta la vulva o, come nella maggior parte dei casi, solo il vestibolo (vestibolodinia), ovvero l’ingresso in vagina, tra le piccole e le grandi labbra. È una malattia diffusa che colpisce principalmente le giovani donne tra 20 e 40 anni. Tuttavia è ancora poco conosciuta e spesso confusa con altre patologie, come la cistite.

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La diagnosi di vulvodinia

Il percorso per arrivare a una diagnosi è molto lungo e in media trascorrono circa quattro anni prima di iniziare le cure. Non è semplice nemmeno sapere qual è il professionista di riferimento. Solitamente le donne si rivolgono al proprio ginecologo e, se non trovano risposte, all’urologo. Entrambi gli specialisti, a cui si aggiungono neurologi e dermatologi, possono trattare il disturbo, se lo conoscono. Molte donne infatti più volte si sono sentite dire che i loro sintomi erano “tutti nella loro testa”, portandole a pensare che il proprio dolore non fosse reale. Eppure la vulvodinia esiste, anche senza una concomitante patologia organica che si possa evidenziare clinicamente, senza sintomi evidenti allo sguardo e nonostante non sia ancora stata riconosciuta dal Sistema Sanitario Nazionale Italiano e inserita nel LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).

L’associazione a cui rivolgersi per la vulvodinia

A sostenere le donne ci sono diverse associazioni, tra cui Cistite.info APS, che da anni si impegna nella divulgazione di tutte quelle patologie misconosciute, spesso scambiate per “cistite”. Attraverso il proprio sito mette a disposizione strumenti gratuiti che offrono supporto emotivo ed economico e consentono il confronto tra donne. Non esistono veri e propri centri per la cura della vulvodinia, ma sul sito si trova anche una lista di professionisti esperti, suddivisi per regione e testati dalle pazienti stesse.

Quante donne soffrono di vulvodinia

Per le donne che ne soffrono, per tutte coloro che stanno male ma non sanno di esserne affette e per saperne di più, abbiamo intervistato due tra i maggiori esperti, Giorgio Galizia, urologo, specialista in chirurgia generale e Daniele Porru, urologo al Policlinico San Matteo di Pavia.

«Si stima 4 milioni di donne in Italia, una su sette nel mondo, ma i numeri non possono definirsi attendibili perché i lavori scientifici sono pochi e sarebbero falsati visto che non viene fatta diagnosi alle prime consultazioni e spesso viene scambiata per altre patologie. È diffusa ma ancora poco conosciuta, anche dagli specialisti» spiega Galizia. «Le stime di prevalenza nelle donne in età riproduttiva – aggiunge il dottor Porru – indicano che in questa fascia di età l’incidenza varia tra l’8% e il 28%. Tuttavia si ritiene che solo il 60% delle donne affette ricercano una soluzione e un trattamento, e solo il 50% ottiene una diagnosi. Inoltre, poiché il dolore può insorgere anche con i rapporti sessuali, non vengono considerate nella popolazione interessata dal problema le pazienti che evitano di avere rapporti a causa del dolore».

I sintomi della vulvodinia

Il dolore è il problema principale, ma non solo. Per questo è difficile distinguere la malattia dalla cistite. «Il sintomo principale è il dolore vulvare, che è tipicamente “bruciante” e che può estendersi anche all’ano e al clitoride» spiegano gli esperti. «La sensazione dolorosa può essere di prurito, punture di spillo, bruciore, fitte descritte come coltellate, dolore come per una contusione, sensazione di scariche elettriche. I rapporti sessuali fanno male, a volte sono impossibili, e si può avere dolore per ore o per i giorni successivi. Altro sintomo molto frequente è il bruciore minzionale e sono possibili anche variazioni nella frequenza delle minzioni».

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Le cause del dolore da vulvodinia

«Il dolore può essere spontaneo, cioè avvenire senza alcun contatto oppure essere provocato da un contatto fisico come la penetrazione durante il coito, ma anche semplicemente da indumenti stretti, dallo speculum ginecologico o perfino dall’assorbente» spiega il dottor Galizia. «Spesso le due forme, spontanea e provocata, coesistono. I sintomi non sono sempre presenti con la stessa intensità ma oscillano nella giornata e presentano periodi di miglioramento e di riacutizzazione nel tempo».

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La ricerca delle cause è in corso, una risposta univoca non c’è. Spiega il dottor Porru: «Si può trattare di fattori irritanti o lesioni a carico delle terminazioni nervose: questo faciliterebbe la trasmissione del dolore dalla vulva al midollo spinale, per un incremento del numero delle fibre nervose e un abbassamento della loro soglia di percezione. Si ritiene che possa esistere un incremento dei mediatori dell’infiammazione del tessuto vulvare, come le citochine, o un’alterata risposta a fattori ambientali».

Come si riconosce?

La diagnosi si basa esclusivamente sull’anamnesi e su un attento esame obbiettivo. Ci vuole quindi un occhio esperto. «Lo scopo è verificare ipersensibilità vulvare o vestibolare, e l’eventuale presenza di ipertono dei muscoli pelvici.» dice il dottor Galizia. «La metodologia standard per “mappare” la sensibilità vulvare è quella di utilizzare un bastoncino di cotone. Si chiama test del cotton fioc o swab test. La pressione viene applicata a varie porzioni della vulva e del vestibolo per valutare l’estensione e le caratteristiche del dolore e per quantificare a quale grado di pressione applicata dall’esaminatore viene provocato il dolore». Oltre all’esperienza dello specialista, il fattore tempo poi gioca il suo ruolo, come spiega il dottor Porru: «Esiste un intervallo di tempo, anche di mesi, nel quale la patologia viene attribuita ad altre condizioni, come la cistite batterica oppure la candidosi vaginale. Disturbi, questi, che possono essere concomitanti o persino talvolta costituire l’esordio della malattia, contribuendo inevitabilmente a un ritardo diagnostico, e quindi al prolungarsi della sofferenza».

Come si cura?

La terapia è multidisciplinare integrata e sempre adattata ai singoli casi, con l’obiettivo di ridurre l’infiammazione locale, regolarizzare la trasmissione dei nervi e rilassare la muscolatura contratta. «Una vera terapia valida in ogni caso non esiste» dice il dottor Galizia. «Occorre intervenire su tanti fronti per alleviare il dolore: modificare lo stile di vita, osservare certe norme comportamentali, prendere alcuni farmaci e integratori antineuropatici, miorilassanti, antidolorifici (a base per esempio di tramadolo che è il più efficace). Utili anche farmaci per applicazione locale e la fisioterapia pelvica. Sebbene il percorso di cura sia lungo, lento e costellato di alti e bassi, con il giusto approccio e le giuste terapie è possibile in alcuni casi arrivare alla guarigione». Certo occorre capire cosa rappresenti un trattamento “efficace” nel caso della vulvodinia. Per alcuni, già poter aspirare a una buona qualità di vita rappresenta un risultato importante. «In molti casi – conclude Porru – la terapia ottiene l’effetto di ridurre ma non eliminare completamente il dolore vulvo-vaginale e il dolore durante i rapporti sessuali».

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