Perché ci piacciono così tanto i clean influencer?

Sono diventati famosi (e ricchi) condividendo su Instagram metodiche routine di pulizia. Ma il loro successo ha ragioni meno banali di quello che potrebbe sembrare

Non fanno vacanze da sogno né indossano abiti costosi. Non fanno video tutorial per trucco e capelli né cercano di divertire il loro pubblico. Al contrario, condividono solo la loro passione per le pulizie casalinghe, quegli odiati “mestieri” che la maggior parte di noi fa controvoglia e preferirebbe volentieri delegare a qualcun altro. I clean influencer (per la maggior parte donne, ma ci sono anche uomini) sono da tempo un vero e proprio fenomeno, tanto più in questi giorni in cui impazza la fobia da coronavirus.

C’è chi li critica per l’immagine che danno delle donne

I paladini dell’igiene hanno qualcosa in comune con la beniamina dell’ordine e delle case minimal Marie Kondo, prima bestseller, poi show su Netflix e ora anche linea di prodotti per la casa – linea che, tra l’altro, le ha attirato non poche critiche (ma come, non predicava di liberarsi dal superfluo?). Anche i clean influencer, in realtà, non sono stati esentati dalle polemiche, soprattutto le donne: in molti hanno infatti notato come fosse avvilente che si ritraessero felici e sorridenti di sobbarcarsi il lavoro domestico, ancora oggi un problema in molte famiglie e che ricade troppo spesso sulle spalle delle donne.

Sono degli influencer sui generis

Tra i profili più famosi ci sono Sophie Hinchliffe (la seguono più di 3 milioni di persone) e Lynsey Queen of Clean (che si ferma a 175mila), che guadagnano sulle sponsorizzazioni come qualsiasi influencer ma che al posto di uno stile di vita over the top che faccia sognare i loro follower, offrono il racconto quotidiano della loro smania di pulito, come nel celebre programma in onda su Real Time. Come segnala Vanity Fair, in Italia ci sono “il coach dell’ordine” Luca Guidara e Giulia Groppo, che su Instagram si chiama @Yesyoucandeggina.

Per molte persone le pulizie sono un metodo anti-ansia

Messe da parte questioni serie come quelle della parità di genere e della suddivisione del lavoro di cura (dei figli e della casa) fra uomini e donne, gli influencer del pulito in realtà qualcosa sulla nostra società ce la raccontano. Come scriveva lo scorso agosto Tyler Kingkade sull’Atlantic, la vera forza del fenomeno è quella della community digitale che si crea intorno a questi influencer. Non è raro, infatti, che chi li segue non lo fa per imitarli, per sognare uno stile di vita diverso o per ottenere delle informazioni utili – come nel caso dei tutorial make-up o di tecnologia. Sembra non essere così fondamentale, insomma, quello spirito di emulazione che spesso associamo all’influencer marketing.

Al contrario, osservare (e condividere) la routine domestica di qualcuno su Instagram è come prendersi una pausa dallo stress di una giornata pesante. I clean influencer si vestono in maniera normale, come ci vestiamo tutti quando facciamo le pulizie, per cui i loro follower li percepiscono come genuini e non costruiti. Nei loro commenti, nota sempre Kingkade, non c’è traccia di astio o di fazioni “politiche”, che invece abbondano in altri spazi digitali. Inoltre, non è da sottovalutare il potere catartico della pulizia: ci fa sentire a posto con noi stessi e, come spiega all’Atlantic Sam Gosling, psicologo sociale dell’Università del Texas di Austin, «gli umani si sono evoluti per sviluppare tendenze che ci fanno sentire bene, e la pulizia elimina i germi e altre sostanze che potrebbero farci ammalare».

Account come @Mancleany e @cleaning_my_anxiety_away hanno poi costruito un rapporto con i loro follower condividendo la loro battaglia contro l’ansia, favorendo così una piccola discussione sulla salute mentale, che ha coinvolto e interessato molte persone. Lo ha fatto anche @MissHendyHome, che nelle pulizie, e nell’eccitazione di provare nuovi prodotti da mostrare a chi la seguiva, «ha trovato un modo per rifugiarsi dal caos del mondo, attraverso il semplice e universale gesto di svolgere dei compiti». 

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