Ermal Meta

Sanremo 2021: Ermal Meta canta “Un milione di cose da dirti”

Ermal Meta ha vinto Sanremo nel 2018 in coppia con Fabrizio Moro. Quest'anno partecipa al Festival con una canzone che fa parte del nuovo album, Tribù Urbana, in uscita il 12 marzo

Nel 2018 Ermal Meta vinceva in coppia con Fabrizio Moro con Non mi avete fatto niente e il premio lo tiene su una mensola alta nel salotto di casa sua. In Un milione di cose da dirti, ballad a voce e pianoforte, canta di un amore felice. La canzone sarà contenuta nel nuovo album Tribù Urbana, in uscita il 12 marzo su etichetta Mescal e distribuito da Sony Music. Nella serata delle cover canterà Caruso, di Lucio Dalla, accompagnato dalla Napoli Mandolin Orchestra. La consapevolezza: il valore della libertà.

L’ultima volta hai vinto. Con che spirito torni a Sanremo?
Non mi aspetto di fare di nuovo una scorpacciata, ci vado con uno spirito diverso. Tornare al Festival dopo che l’ultima volta sei stato sul gradino più alto può far pensare che io torni per vincere di nuovo. Non mi interessa. Io ho corteggiato diverse volte Sanremo, non si fa solo quando se ne ha bisogno. Vado lì perché in questo momento il palco è l’unico su cui si può salire. A me interessa stare sul palco e fare musica dal vivo. La mia voglia è di far sentire la mia canzone.

Esce il tuo nuovo album, ma per ora non potrai fare concerti.
Ho una volta immensa di portarlo dal vivo. In genere scrivo immaginando di stare sul palco, questa volta mi sono messo in platea, facendo finta di essere parte del pubblico. In tanti vanno ai concerti non solo per ascoltare musica, ma per cantare. Ho scritto canzoni che a tratti potranno essere cantate a squarciagola. Ho voglia di andare live per vedere se ho fatto bene o no. Ma manca ancora tempo.

Perché a Sanremo con questa canzone?
È una semplice canzone d’amore. Non avevo mai portato una ballad a Sanremo. Ad Amadeus è piaciuta. È il suo festival ed è anche giusto seguire l’idea che ha il direttore artistico. È l’unico ad averle ascoltate tutte.

Come ti immagini sul palco?
Non ho un’immagine del palco, lo vivrò man mano.

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Cuore a sonagli il tuo, occhi a fanale i suoi. Quando è nata la canzone?
Non ho voluto utilizzare due nomi per non confinare due personaggi in una storia. Ogni nome su una persona è come un incantesimo, ma queste due immagini la rendono fiabesca. Succede spesso che quando due persone stanno insieme i nomi smettono di essere usati. Ci si chiama per nome e sembra quasi strano, quasi ci fosse un annullamento dei confini tra uno e l’altro. L’ho scritta tre anni fa, in un momento di solitudine. Era da poco iniziata la mia carriera da solista e la mia vita era piena di piccole e grandi scosse di assestamento. Avevo un blocco emotivo interiore. E l’unica cosa che potevo fare era scrivere. Mi sono messo in gioco parlando con qualcuno che in quel momento non c’era. L’ho scritta in dieci minuti. Ha la gioia della consapevolezza di aver avuto qualcosa di importante. Voglio essere felice per quello che ho avuto più di quello che non ho avuto.

“Senza dirlo a nessuno impareremo a volare”. L’amore non ha bisogno di nessun altro?
A volte c’è bisogno di proteggersi dagli occhi del mondo e a volte fa bene. Quello che condividono due amanti è il segreto del loro sentimento. Saper volare è un segreto incredibile da mantenere. Il volo rappresenta il segreto.

Che messaggio vuoi che arrivi?
Non ho messaggi da lanciare, a volte non c’è bisogno di farlo. Ci vado con un proposito squisitamente musicale, voglio salire sul palco, cantare al meglio la mia canzone e la cover. L’unica cosa che mi interessa è che chi mi ascolta possa emozionarsi insieme a me. Perché io lo sarò.

La cover è Caruso, di Lucio Dalla.
L’ho ascoltata tantissime volte l’estate scorsa, in mezzo al mare. Mi ha fatto un effetto incredibile, che non mi aveva mai fatto, ho deciso di portarla anche se tutti mi sconsigliavano di non farlo. Perché io sono così, vado contro anche al consiglio più saggio. Magari sbaglierò, ma mi voglio misurare con questo brano. Non con Dalla, con lui nessuno si può misurare. Per coincidenza canterò il 4 marzo, me l’ha fatto notare la mia fidanzata.

Con te ci sarà un’orchestra.
Mi dirigerà il maestro Diego Calvetti, a cui ho chiesto un arrangiamento degno della canzone. È lui che mi ha parlato della Napoli Mandolin Orchestra. I musicisti saranno solo quattro, per rispettare le norme anti Covid. Sono felice siano loro, ho un legame molto forte con Napoli, non c’è una ragione chiara, ma la prima volta che ci sono andato mi sono sentito a casa. Tifo anche Napoli, sono albanese, non c’è un motivo. Ma sento la città vicina. Napoli per me è la rappresentazione dell’Italia intera.

Amadeus ha definito questo Sanremo come il Festival della consapevolezza. In che cosa ti senti più consapevole dopo questo periodo?
Di una cosa che sembra scontata ma è un dato di fatto. La libertà non è solo quella che hai di muoverti ma anche del modo di sentire. Nel momento in cui la nostra vita è congelata si congelano anche i pensieri.

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Nel tuo disco una canzone è dedicata agli “invisibili”. Ti sei mai sentito invisibile?
Mi è successo per tanti anni. È stato questo a spingermi a mettermi in proprio dal punto di vista musicale. Nel momento in cui ho iniziato a fare l’autore e a scrivere per gli altri mi faceva strano vedere le interviste dei miei colleghi che raccontavano come era nata quella determinata canzone. In realtà quella canzone l’avevo scritta io e mi faceva soffrire questo aspetto, mi faceva sentire invisibile. A un certo punto ho detto basta.

Si chiama Tribù Urbana. Cosa rappresenta questo titolo?
Mi è venuto in mente quando ho finito di ascoltare le canzoni. Da sempre gli esseri umani tendono a stare vicini. Finiamo sempre in tribù, è l’anima che unisce le persone. Le nostre città sono diventate sempre più diversificate. Ci sono tanti colori diversi, c’è sempre questa dualità di elementi. La tribù urbana non esiste fisicamente, così come la musica eppure c’è.

Che canzoni contiene?
Ho conservato una parte classica, come Un milione di cose da dirti, altre volte ho scelto una direzione diversa, per non rimanere all’interno di un genere. La musica è bella tutta, c’è qualcosa di bello ovunque.

Dove tieni il premio di Non mi avete fatto niente?
In una mensola in libreria, molto in alto, così se Fabrizio Moro passa da casa mia, non riesce a prenderlo.

Cantare senza pubblico sarà difficile?
Sarà strano, non credo difficile. La mia solidarietà va ai due conduttori. Noi artisti staremo su quel palco tre minuti a testa, loro hanno uno spettacolo da portare avanti di fronte a una platea vuota.

Cosa vuoi che vedano di te, che il pubblico ancora non ha visto.
Penso di aver mostrato tutto quello che avevo voglia che vedessero, ma non è tutto. Qualcosa però vorrei tenerlo per me.

In quest’anno hai trovato nuovi hobby, passatempi?
Ho occupato il mio tempo nella scrittura, non solo di canzoni.

Se potessi partire ora dove andresti e chi porteresti con te?
In Germania, con mio fratello. A Berlino.

Sarai elegante?
Sarò vestito Dolce e Gabbana, hanno disegnato gli abiti per l’occasione. Penso che sarò abbastanza elegante.

Una cosa che hai iniziato ad amare?
Il silenzio.

Una cosa che odi?
Il silenzio.

Ultimo libro letto?
Il museo dell’innocenza di Orhan Pamuk. Lento, ma bellissimo.

Una cosa o persona da cui non ti separeresti mai?
Il mio pianoforte e mio fratello.

Puoi mandare nello spazio solo una tua canzone, quale?
Un milione di cose da dirti.

Una verità su di te
Sono un grande barzellettiere.

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