Sex Education, la serie che parla di sesso ai ragazzi

Dal 17 settembre torna su Netflix la fortunata serie che ha saputo raccontare con intelligenza e ironia i turbamenti sessuali, i dubbi e i desideri degli adolescenti, ma che si può guardare anche da adulti

Sex Education torna su Netflix dal 17 settembre con la terza stagione e conferma che non è una serie come tutte le altre. Quando ha debuttato, all’inizio del 2019, ha ottenuto da subito un grande successo, non solo tra il suo pubblico di riferimento – gli adolescenti, visto che è quello che si definisce un “teen-drama” – ma anche fra chi gli anni del liceo li aveva superati da un bel po’. Complice un cast azzeccatissimo, con Asa Butterfield, che magari ricorderai come il bambino dagli occhi blu di Hugo Cabret e Merlin, che interpreta il protagonista Otis, figlio di una psicoterapeuta specializzata in disturbi sessuali (nientemeno che Gillian Anderson, in versione splendidamente ossigenata) che decide di diventare lo psicologo della sua scuola aiutando i compagni a navigare le prime, difficoltose, esperienze sessuali.

Accanto a lui c’è Eric, l’inseparabile miglior amico gay interpretato dall’attore Ncuti Gatwa, ruandese naturalizzato britannico, il cui arco narrativo è il più interessante della storia, e la cattiva ragazza Maeve, che ha il volto di Emma Mickey. Intorno a loro c’è poi una schiera di ragazze e ragazzi alle prese con la scoperta dei loro corpi e dei loro gusti, tra casi di vaginismo, errata somministrazione di Viagra e difficoltà nella masturbazione (di cui lo stesso Otis soffre), tutte situazioni che la serie affronta con una delicata leggerezza.

Ma ci sono anche tematiche ben più serie, come l’aborto, l’omofobia, il bullismo, la disabilità, l’evolversi delle relazioni tra ragazzi cresciuti insieme, la continua battaglia con i genitori, per chi li ha. Sex Education, scritta Laurie Nunn e diretta da Kate Herron e Ben Taylor, è stata spesso lodata per il modo privo di retorica in cui parla di sesso e la terza stagione, come ha scritto lo stesso Butterfield su Twitter, promette di non abbandonare quella strada.

Di cosa parla la terza stagione…

L’attesa terza stagione non riprende laddove si era interrotta la seconda, con Otis che finalmente confessa i suoi sentimenti a Maeve ed Eric che inizia una relazione con il ragazzo che l’ha bullizzato per tutta la sua vita. La serie inizia dunque con un salto nel tempo, ha spiegato Butterfield al Guardian: «Otis è tornato a scuola ma ha cose diverse nel suo piatto. È cresciuto un po’ ed è diventato un po’ più impertinente. È stato divertente interpretare questa sua nuova fase. Non preoccupatevi, però, è ancora un ragazzo tragicamente imbarazzante».

Anche per Eric è tempo di cambiamenti, come spiega Gatwa: «In questa stagione, Eric torna molto di più alla sua cultura di origine e penso che quelle scene siano davvero speciali, visto che sul set c’erano quasi solo persone nere. È stato fantastico e potente portare in tv la cultura di Eric e della sua famiglia. Sono momenti profondi».

… e perché dovresti guardarla 

Anche gli altri personaggi sono cambiati rispetto a come li avevamo lasciati: l’apparentemente svampita Aimee, amica di Maeve, sta ancora cercando di scendere a patti con l’aggressione sessuale che ha subito sul bus, mentre Adam, ex bullo che capisce di essere omosessuale, è ancora in lotta con se stesso e la sua famiglia. Insomma, gli elementi per un’altra stagione che saprà farci ridere e piangere allo stesso tempo non mancano, anche se sei un adulto: poche serie hanno infatti la capacità di aprire una finestra su cosa significa essere giovani oggi come riesce a fare Sex Education. Anche grazie ad alcune accortezze in fatto di regia, costumi e ambientazioni che giocano sulla nostalgia culturale: i ragazzi vivono in Galles ma la loro scuola ricorda i film di John Hughes degli anni Ottanta (ricorderai The Breakfast Club e Bella in rosa), così come i loro vestiti, ma sono tutti immancabilmente forniti di smartphone. È una serie intergenerazionale che ti farà capire qualcosa di più sugli adolescenti, e magari ricordarti che certe paure e crisi di identità sono state uguali per tutti.

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