Vaccini: i falsi miti da sfatare

Quanto c’è di vero in alcune delle più comuni credenze sui vaccini? Abbiamo chiesto il parere di un esperto

Poiché l’utilità e la sicurezza dei vaccini è un tema sempre più discusso, per orientarsi al meglio all’interno del grande flusso di informazioni in circolazione abbiamo chiesto al Professor Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano e virologo dell’Università degli Studi di Milano, alcuni chiarimenti sui falsi miti più comuni.

– Il miglioramento delle misure igieniche e sanitarie dei Paesi sviluppati rende i vaccini inutili

«No. Sicuramente il miglioramento delle condizioni igieniche ambientali, la nutrizione e le conoscenze riguardo alle modalità di trasmissione delle malattie e conseguentemente l’adozione di comportamenti preventivi adeguati ha ridotto e riduce il rischio di trasmissione delle malattie infettive, ma non totalmente.

Possono esserci molte occasioni di contatto con virus e batteri in modo incontrollabile, e in particolare per tutte le patologie a trasmissione respiratoria poco si può fare in termini di prevenzione».

– I vaccini contengono ingredienti pericolosi che possono causare complicazioni molto gravi, persino fatali

«No. Nel passato c’è stata una polemica sul thiomersal, prodotto a base di mercurio, che peraltro, senza alcuna evidenza di danno, è stato rimosso da anni da ogni composizione vaccinale. Oggi le tecniche produttive sono particolarmente raffinate e il prodotto è controllato e standardizzato con un contenuto limitato di antigene (ndr. un antigene è una qualsiasi sostanza estranea che, una volta introdotta nell’organismo, provoca la produzione di anticorpi e induce una risposta immunitaria). Nella vita normale in ogni momento siamo bombardati da molti antigeni in quantità ben superiore a quanto somministrato con i vaccini».

– È meglio essere immunizzati dall’infezione naturale piuttosto che dai vaccini

«L’immunizzazione naturale effettivamente ha una durata per la vita salvo che per alcuni agenti, però d’altro canto si corrono i rischi della patologia che spesso non sono adeguatamente percepiti. Ad esempio il morbillo causa nel 10% dei casi problematiche polmonari, in un caso ogni 1000 complicanze encefalitiche, e in un caso ogni 10.000 danni neurologici».

Il virus o il battere contenuto nel vaccino è “attenuato” (cioè vivo ma non aggressivo) o “inattivato” (ucciso): pertanto, nonostante sia in grado di attivare una risposta del sistema immunitario (che, in caso di nuovo contatto, potrà riconoscere e neutralizzare immediatamente il microbo), il vaccino consente di evitare che si manifestino i sintomi della malattia infettiva e le sue possibili conseguenze.

– I vaccini non proteggono al 100% i vaccinati

«È vero in alcuni casi, ma in caso di vaccinazione universale con un’alta adesione vi è una protezione determinata dalla cosiddetta immunità di gregge. In ogni caso per molte vaccinazioni è necessario procedere all’esecuzione periodica di richiami per mantenere nel tempo una sicura protezione, come ad esempio la vaccinazione antidiftotetanica ogni 10 anni».

L’immunità di gregge è basata sul principio per cui se un alto numero di persone è vaccinato contro una determinata malattia per un lungo arco di tempo, il virus non può trasmettersi e, nel caso in cui l’ospite sia esclusivamente l’uomo, arriva a scomparire.

Per esempio il vaiolo, prima del vaccino, nella sola Europa causava 700mila decessi ogni anno: grazie alla diffusa pratica della vaccinazione però, nel 1980 la malattia è stata dichiarata del tutto scomparsa.

– I vaccini polivalenti possono sopraffare il sistema immunitario dei bambini e causare malattie come la Sids

«No. Come già evidenziato, in ogni momento della vita il nostro sistema immunitario si confronta con tantissimi antigeni in quantità ben superiore a quanto assunto con i vaccini. Dai tre mesi l’organismo, come ben dimostrato da molti studi, è in grado di sviluppare una adeguata risposta immunitaria. Nessuna correlazione epidemiologica ad oggi dimostra una correlazione con la morte improvvisa del lattante, che è stata invece dimostrato essere connessa ad un incongruo consiglio del passato di far dormire i bimbi a pancia in giù».

– I vaccini causano l’autismo

«No. Una storia, tra tutte, può fungere da esempio di quanto detto: il “famoso” (ma sarebbe più corretto dire “famigerato”) studio apparso sulla rivista medica Lancet che avrebbe dimostrato la correlazione tra autismo e vaccino contro il morbillo.

Tale studio, condotto da un medico inglese, Andrew Wakefield nel 1998, rappresenta un falso riconosciuto dallo stesso autore. Wakefield aveva truccato i dati al fine di evidenziare come il calendario vaccinale (più ancora dello stesso vaccino, tra l’altro) potesse predisporre alcuni bambini verso il disturbo autistico. Sulla base di tale studio si era fatto promotore – con tutti i diritti correlati, anche da un punto di vista economico – di una campagna di vaccinazione da lui messa a punto. Lancet, riconosciuto l’errore, pubblicò per la prima volta nella sua prestigiosa storia una smentita con tanto di scuse, ma ormai il danno era compiuto. E la teoria, falsa, di Wakefield rimane tuttora un’arma in mano al fronte degli antivaccinatori che ignorano (o fingono di ignorare) la conclusione della storia.

Lo studio di Wakefield ha avuto comunque un merito, benché indiretto: da quel momento sono iniziate interminabili verifiche di tipo epidemiologico, mirate proprio a studiare la possibile correlazione tra vaccinazioni e disturbi di vario genere, dai disordini autoimmuni alle malattie tumorali. Ebbene nessuna di queste revisioni ha mai dimostrato un legame concreto tra la pratica della vaccinazione e un aumento del rischio di contrarre queste malattie».

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