Covid, il raffreddore potrebbe “proteggerci”?

La chiamano "immunità crociata" e sembra confermata da due studi, pubblicati su due riviste internazionali

Siamo ancora in piena estate, ma già si pensa all’autunno, all’arrivo dell’influenza che potrebbe sommarsi a una eventuale seconda ondata di epidemia da coronavirus. Ma se la preoccupazione non manca, arrivano anche buone notizie: il raffreddore potrebbe proteggerci dal Sars-Cov2, causa della recente pandemia. A confermarlo sono due nuovi studi, pubblicati sulle riviste internazionali Science e Cell. Ecco perché.

Il raffreddore e l’immunità crociata

Gli esperti la definiscono “immunità crociata” : è un concetto non nuovo, che era ipotizzato da tempo, ma che ora trova nuove conferme. Una ricerca, condotta da La Jolla Institute for Immunology e pubblicata su Science, ha analizzato il sangue di coloro che non erano entrati in contatto con il Sars-Cov2 scoprendo che però avevano sviluppato le cosiddette cellule T, in grado di offrire una risposta immunitaria al nuovo coronavirus. I ricercatori, che se ne chiedevano il motivo, hanno poi scoperto che questi soggetti avevano in comune il fatto di aver avuto il raffreddore, causato da un virus del coronavirus. Sono quindi arrivati alla conclusione che chi è entrato in contatto con il virus responsabile del raffreddore potrebbe avere una maggiore protezione anche contro il Sars-Cov2. Questo spiegherebbe il motivo per cui alcune persone si sono ammalate di Covid in modo meno severo.

Le cellule T e il coronavirus

«Ci sono diversi studi che approfondiscono questo aspetto. L’ultima ricerca è molto interessante, perché approfondisce un aspetto del tutto nuovo nel comportamento dei coronavirus e contribuirebbe a spiegare il rallentamento nella diffusione del virus» premette il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore scientifico dell’Istituto Galeazzi di Milano. «Finora non era mai accaduto che l’esposizione a uno dei virus della famiglia dei coronavirus potesse dare una sorta di immunità nei confronti degli altri: normalmente le reazioni erano sempre state di tipo specifico, cioè poteva esserci copertura immunitaria a un virus solo si era stati esposti a quello specifico virus» spiega l’esperto.

Perché il virus ha rallentato

I risultati dello studio, già pubblicato in una prima revisione sulla rivista Cell a fine giugno, potrebbero spiegare anche il rallentamento nella corsa del virus. Le misure di protezione come mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani e il caldo hanno certamente contribuito a contenere l’epidemia e a frenarla, ma il virus continua a circolare: «I recenti dati sul sondaggio condotto per conto dell’Istituto Superiore di Sanità confermano che non è pensabile parlare di immunità di gregge. Il virus ha raggiunto il 2,5% della popolazione, con punte del 14% nella bergamasca e altre zone nelle quali invece ha contagiato solo lo 0,5% degli abitanti, mentre per l’immunità di gregge si devono raggiunge percentuali ben maggiori» spiega Pregliasco. Nel caso di malattie infettive come il morbillo, ad esempio, si parla di oltre il 90% della popolazione. «In ogni caso alcune persone hanno avuto forme molto lievi e la diffusione ha rallentato prima del previsto. I nuovi studi sembrano confermare che uno dei motivi possa essere proprio la protezione offerta dal raffreddore» aggiunge il virologo, che sottolinea però l’importanza della campagna vaccinale contro l’influenza in autunno.

Covid, raffreddore e influenza

A differenza del raffreddore, infatti, l’influenza potrebbe peggiorare la situazione. Da qui le raccomandazioni contenute nella Circolare ministeriale del 5 giugno ad estendere la vaccinazione antinfluenzale anche agli over 60 (attualmente è prevista gratuitamente per gli over 65) e ai bambini: «Una maggiore copertura antinfluenzale non solo aiuta a fermare la diffusione del virus, ma facilita anche la diagnosi da Covid-19. Se per il Sars-Cov2 non è ancora certo il ruolo dei bambini, sicuramente nel caso dell’influenza sappiamo che sono veicolo di trasmissione. La vaccinazione consente di ridurne la circolazione e di poter discriminare meglio i casi di influenza da quelli di Covid-19» conclude Fabrizio Pregliasco.

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