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5 domande green da farsi prima di acquistare dei vestiti nuovi

Chi produce i capi che compriamo? Come vengono prodotti? Ecco 5 domande green da farsi prima di acquistare dei vestiti nuovi, per essere più consapevoli e spendere meglio

Sostenibilità significa futuro. Ormai lo sappiamo. Come lo sa anche il fashion system. Ma a volte non basta. E le domande green da farsi prima di acquistare dei vestiti nuovi non sono mai abbastanza.

I canali di informazione creano spesso un overload di notizie che confonde, anziché chiarire. Diventa quindi fondamentale porsi i quesiti giusti e avere delle fonti attendibili. Per essere sempre al passo con le tendenze e rimanere amici del nostro pianeta.

Da dove viene?

Essere green significa innanzitutto preoccuparsi della sostenibilità delle scelte che facciamo quotidianamente. E non si può essere sostenibili senza compiere delle scelte eticamente consapevoli.

La tracciabilità è un elemento fondamentale per comprendere l’etica di un brand. Chiedersi quindi da dove arriva e che viaggio ha fatto il capo che stringiamo tra le mani è moralmente doveroso. Ma non solo. Rientra anche nelle domande green da farsi prima di acquistare dei vestiti nuovi.

Tracciare significa infatti garantire l’origine delle materie prime, la trasformazione in prodotti finiti e la movimentazione di questi ultimi.

Una supply-chain tracciabile è sinonimo di affidabilità della filiera e di sicurezza. Per il consumatore che acquista e per l’ambiente che ci circonda.

Essere green inoltre significa essere sostenibile non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello sociale.

I processi di delocalizzazione aziendale a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi, e le catastrofi che si sono verificate, sono indicativi del fatto che esistono posti nel mondo in cui i diritti delle persone valgono meno che in altri.

Controllare da dove arriva un capo, e prediligere luoghi di origine più vigilati, equivale anche a porre l’attenzione, per quanto possibile, sui diritti che i lavoratori di tutto il mondo dovrebbero avere.

Slow fashion o fast fashion?

Il fast fashion ha rivoluzionato il modo di vestire, ma anche quello di produrre. E i ritmi che la produzione sostiene sono inversamente proporzionali a quelli che il pianeta può sul lungo periodo subire.

Lontani dal voler demonizzare un intero sistema imprenditoriale, da miliardi di euro, diventa però opportuno porsi alcuni quesiti.

Nonostante i prezzi appetibili e un indiscutibile appeal dello stile, diventa fondamentale chiedersi quale attitudine della moda prediligere: il fast fashion o lo slow fashion?

Nato in contrapposizione al fast fashion, il concetto di slow fashion promuove un modello di produzione sostenibile, all’insegna del rispetto delle persone, dell’ambiente e degli animali. Ma non solo.

Si pone l’obiettivo di creare, oltre ai profitti, anche valore. Attraverso l’uso di materiali eco-sostenibili e la rivalutazione dell’artigianato locale. Alimentando un sistema che va meno veloce, ma che arriva più lontano.

Quali materie prime sono state utilizzate?

Parlando di fashion, non possiamo non parlare di tessuti. E, tra le domande green da farsi prima di acquistare dei vestiti nuovi, non possiamo non porci il problema delle materie prime che sono state utilizzate per confezionare
l’oggetto dei nostri desideri.

Uno shopping green e consapevole si traduce molto spesso anche in uno shopping di qualità. Prediligere i tessuti naturali ed evitare quelli sintetici ha infatti due vantaggi innegabili.

Innanzitutto fibre come il cotone biologico o la canapa sono più durevoli nel tempo. And last but not least, prediligere l’acquisto di prodotti così confezionati consente di alimentare la cosiddetta circular economy.

Giunto alla fine della sua esistenza infatti, il capo che abbiamo tanto amato può risorgere a una nuova vita. I materiali che lo costituiscono possono infatti essere reintrodotti nel ciclo economico. E creare una sorta di circolo virtuoso, in cui niente si distrugge ma tutto si trasforma.

Quasi come a dimostrare che “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano“.

È certificato?

Tra le domande green da farsi, e da fare, prima di acquistare dei vestiti nuovi, interrogarsi sulla certificazione ha sicuramente la sua importanza.

Nonostante infatti molte imprese si autoproclamino eco-friendly, prestare attenzione alle certificazioni è l’unico modo per sapere davvero cosa si sta indossando. E per capire se si tratta realmente di un brand ecosostenibile o solo di un caso di greenwashing.

L’abbigliamento certificato è quello di cui si è verificata la sostenibilità ambientale e sociale del processo produttivo. Esistono diverse tipologie di certificazione e diversi enti, locali ed internazionali, che le rilasciano.

La Global organic textile standard (Gots) ad esempio definisce i criteri sociali e ambientali in base ai quali la produzione tessile deve avvenire. E verifica i requisiti sulla biodegradabilità e sulla tossicità delle sostanze utilizzate, dalla raccolta all’etichettatura del prodotto.

Ne ho davvero bisogno?

Quando la strada dal produttore al consumatore si fa troppo ricca di ostacoli, tra le domande green da porsi prima di acquistare dei vestiti nuovi, urge chiedersi: ne ho davvero bisogno?

L’impulso ad acquistare capi nuovi, soprattutto per le fashion victim è infatti forte e tutt’altro che consapevole. Se aggiungiamo il prezzo competitivo, quasi irresistibile. Ma è consigliabile non cedere, perché acquistare meno significa acquistare meglio.

E acquistare in maniera consapevole significa entrare a far parte di un mondo in cui la responsabilità ha un valore, e un prezzo. Quello da pagare anche per evitare di uscire da un negozio, dopo l’ennesimo acquisto fatto d’impulso, e sentirsi presi in giro.

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