Dai sempre speranza, storie dietro un tumore

I pazienti sono molto di più di corpi da curare. Virgilio Sacchini, chirurgo di senologia a New York, in un libro scritto col cuore, racconta gli incontri coi malati che hanno cambiato la sua vita

La fiducia cieca di Justine, tossicodipendente con il solo obiettivo di guarire in fretta per dare a suo figlio una vita migliore della sua, gli sguardi dolci e riconoscenti di Francesco in cui sembrava potersi leggere una preghiera: “Continuate, fate sempre qualcosa contro questa malattia. Non lasciateci soli a soffrire”.
E poi ancora la rabbia di Giulio, la fierezza di Shane e di suo marito, la fragilità di Shari…
Nel libro Dai sempre speranza – I pazienti che hanno cambiato la mia vita, i malati di cancro hanno un nome, e una storia, non sono solo corpi da curare. E hanno lasciato una scia di calore e ricordi nel cuore del dottor Virgilio Sacchini, chirurgo del reparto di senologia al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, il centro “anticancro” più importante al mondo. Per questo, spinto dall’amico giornalista Sergio Perego e affidandosi alla sua penna, Sacchini ha deciso di raccontare gli incontri che gli hanno lasciato un segno e che non ha più dimenticato.

“Ci ho pensato un po’”, rivela Sacchini. “Non volevo che potesse sembrare un modo per esibirmi. Volevo invece che ciò che avrei raccontato diventasse la testimonianza di un rapporto, quello tra medico e paziente, più complesso e profondo di quanto a volte possa apparire”.
Ecco così che nelle 168 pagine, scritte con il cuore e senza l’osticità della lingua medica, sgorgano “incontri che hanno cambiato anche il mio modo di pensare, che hanno lasciato tracce importanti, che, spesso, sono diventati amicizie”.

Chiosano il libro un capitolo sulla sanità di Obama e Michelle e una riflessione su come la malattia “spauracchio” del cancro nei media venga spesso definita come sconfitta. Così non è, purtroppo. “Quante volte, per stanchezza o preoccupazioni personali, possiamo, con le parole o con un involontario gesto di insofferenza, aver ferito un paziente, averlo scoraggiato nella sua determinazione” scrive Sacchini. “Ogni risposta del medico, anche alla domanda più banale, può assumere, per chi si affida completamente a lui, una grande importanza. Per questo ritengo inaccettabile il modo in cui, spesso, la battaglia contro il cancro viene raccontata. Come se fosse una guerra già vinta. Sappiamo che non è così e i dati più recenti lo confermano”. Per questo la ricerca è una parola così preziosa e da nutrire, non con i tagli dei governi. “I ricercatori devono alzare la voce” è l’appello accorato di Sacchini. “La nostra è una battaglia per la vita. Non dimentichiamolo mai”.

Riproduzione riservata