Donna e il tempo

Ecco perché non è vero che il tempo cura tutte le ferite (e cosa fare)

Ci sono esperienze traumatiche che il cervello fatica ad accettare: sono casi in cui il tempo non cura tutte le ferite ma, anzi, può rendere più difficile l'elaborazione (necessaria) del dolore

Non sempre i detti popolari hanno ragione. Per esempio, il tempo non cura tutte le ferite, nonostante nella nostra cultura si affermi il contrario. Sarebbe più corretto dire che il tempo può guarire alcune ferite e che a volte è davvero la migliore medicina (o medico, a seconda dei detti). Tuttavia, non sempre la distanza temporale è davvero il rimedio al dolore.

Quando funziona

Non è vero che il tempo cura tutte le ferite. Però, ci sono tipi di dolore su cui la distanza temporale è invece la migliore risorsa per risolvere la sofferenza. Il tempo, infatti, non ha il potere di far sparire il dolore, ma di certo può contribuire a lenire un certo tipo di sofferenza. Per esempio, il tempo può alleviare la sofferenza rispetto a una rottura sentimentale o perfino a un lutto. In questi casi, il tempo può trasformare le ferite in cicatrici. Queste non spariranno mai, ma potranno diventare meno visibili (in senso metaforico) e non faranno sempre male come al primo giorno.

Accettare le ferite

Nulla, nemmeno il tempo, può restituirci le persone che amiamo, questo è certo. Tuttavia, in questi casi ha senso affermare che il tempo cura tutte le ferite, cioè quando riguardano eventi della vita che vanno affrontati. Il segreto potrebbe essere nell’accettazione. Sei hai perso una persona cara, per esempio, è inutile pensare a quanto ti mancherà, perché questa è una certezza. Tuttavia, puoi imparare a convivere con la sua mancanza.

Accogli il cambiamento

Il tempo cura tutte le ferite quando la sofferenza è appunto legata alla capacità di accettare qualcosa di non modificabile. Ciò che è stato non può essere cambiato, bisogna solo accettare le cose per come stanno, il cambiamento della situazione. Fondamentale è evitare che la sofferenza per ciò che è successo e che non si può modificare non renda prigionieri.

Perché si dice così

La convinzione per cui il tempo cura tutte le ferite non è solo un detto popolare. In un certo senso, rimanda addirittura a un processo che è stato studiato in psicologia. Pensare che il tempo possa aiutare a guarire dal dolore significa anche credere che possa aiutarci ad allontanare le nostre emozioni e i nostri pensieri.

Ci sono ferite, quindi sofferenze, che sono molto difficili da riconoscere e, quindi, da affrontare. In questi casi, la mente umana prova a impacchettare il dolore e inviarlo nel luogo più remoto della nostra memoria. Così, anche il tempo può suggerire l’idea di una guarigione, che in realtà è tutt’altro che efficace.

Il tempo nasconde il dolore

Non è una vera guarigione, al contrario. Di fronte a certe ferite emotive, che affidiamo alla distanza temporale e mentale, il tempo non cura affatto. Si tratta, infatti di un meccanismo di difesa, chiamato rimozione. Consiste nell’allontanare pensieri e sentimento dalla coscienza. Secondo Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, è un modo per rendere inconsci i contenuti inaccettabili.

Quando non funziona

Oltre alla rimozione, anche credere che il tempo cura tutte le ferite è una sorta di meccanismo di difesa che, tuttavia, non è affatto efficace. Di fronte a certe ferite traumatiche, l’unica cosa che fa il tempo è permetterci di immergerci nella routine quotidiana, riportandoci alle occupazioni e le responsabilità della vita di tutti i giorni. In questo modo, il dolore viene messo da parte in qualche angolo della mente, ma questo non significa che passi.

Lo studio scientifico

A questo proposito, alcuni ricercatori della Harvard University hanno condotto uno studio particolarmente illuminante. Questi neuroscienziati hanno chiesto alle persone che avevano sofferto un trauma di ascoltare una descrizione di ciò che gli era accaduto, mentre analizzavano i loro cervelli.
In questo modo gli scienziati hanno scoperto che rivivendo le esperienze dolorose si attivavano alcune aree del cervello, in particolare l’amigdala (dove ha sede la paura) e, al contempo, si disattivava l’area di Broca, l’area cerebrale responsabile del linguaggio.

Quando è addirittura controproducente

Questa ricerca dimostra ulteriormente che quando le persone sperimentano un trauma, non dovrebbero “metterlo da parte” e aspettare che il tempo curi tutte le loro ferite. Se il trauma non viene trasformato in un’esperienza narrativa (che comporta affrontarlo, magari con l’aiuto di un terapista), questo tornerà ad essere vissuto come si trattasse di una situazione reale e, quindi, continuerà a causare dolore.

Il processo di guarigione

Ricapitolando, il tempo non cura tutte le ferite. In certi casi, la distanza dai fatti e un buon processo di accettazione e elaborazione (per esempio di un lutto o di una rottura sentimentale) sono sufficientemente efficaci per lenire prima, e superare poi il dolore. In altri casi, per ferite emotive di tipo traumatico, al tempo andrebbe aggiunto un supporto terapeutico per gestire il processo di guarigione (che passa dal cambiamento).

Quando si guarisce davvero?

A prescindere da quanto il tempo sia stata in grado di curare le ferite, come si capisce quando la guarigione è completa? La risposta è molto semplice. Una persona può considerarsi guarita quando può pensare o parlare a quello che le ha causato dolore, senza più soffrire. Questo non significa aver rimosso la sofferenza dal vissuto, tanto che in certi momenti si potranno comunque rivivere emozioni di tristezza. Tuttavia, quando questo non fa più male, significa che si è davvero guarite.

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