Catherine Deneuve, Chiara Mastroianni

La mamma è sempre la mamma

  • 12 05 2012

In onore della Festa della Mamma (13 maggio) un affresco dell'evoluzione del ruolo materno in psicologia: dal Novecento ad oggi

La madre-chioccia, ovvero una precisa funzione psicosociale

La mamma è sempre la mamma, ma negli ultimi 60 anni, dal punto di vista psicologico la funzione simbolica della mamma nel legame con i figli è cambiata molto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, è come se il ruolo materno si fosse ‘amplificato’, a causa delle mutate esigenze affettive in seguito all’assenza dei padri, caduti in guerra o feriti. Il boom economico post-bellico inoltre ha visto i padri assentarsi dal focolare domestico per ricoprire posizioni di lavoro in fabbrica o ufficio.
Questi importanti eventi sociali hanno determinato un cambiamento della funzione materna, configurandola sempre più come madre-chioccia.A partire dagli anni ’40 le madri hanno dovuto proteggere non solo i figli ma anche i mariti – dice lo psicoanalista Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna alcuni padri scomparivano dalla scena familiare e le situazioni delle famiglie si complicavano sempre più: in molte occasioni, quindi, le madri dovevano supplire alla funzione paterna. In seguito il boom economico, migliorando la condizione economoca dell’Italia, ha illuso molte donne-mamme di potersi prendere un momento di riposo dallo stress legato al sacrificio della gestione familiare“. Se da un lato l’impegno psicosociale delle madri nei confronti dei figli (e mariti) era aumentato, dall’altro lato ciò ha contribuito all’illusione nelle donne di potere dare visibilità alla propria femminilità e di incrementare i propri diritti grazie alle femminismo.

Mamme oggi: la fatica di essere madri, compagne, amiche, amanti...

Qual è la funzione psicologica della madre di oggi? Lo chiediamo allo psicoanalista Roberto Pani, che dal suo osservatorio privilegiato di oltre 30 anni di ascolto di donne e madri di tutte le età, può fornirci un affresco dell’evoluzione del ruolo materno rispetto a pochi decenni fa.
“Oggi mi sembra che, nonostante alcuni diritti socialmente acquisiti, le mamme siano più ‘affaticate’ (in senso sociale) rispetto al passato – sostiene l’esperto. – Lavorano e nello stesso tempo sono mamme. Nulla di sbagliato, naturalmente: del resto ciò avviene in tutti i Paesi Occidentali. Spesso però la fatica di gestire due o più ruoli diversi (=femminilità, maternità, professionalità, amore del partner), non è stata effettivamente ancora percepita nè dalla società nè dalle donne stesse. Perchè questo mancato riconoscimento? Per via dei diversi doveri verso tutti coloro di cui le donne si occupano: cioè figli, mariti, collaboratori, colleghi. Fa parte del tradizionale ruolo inscritto nel DNA socio-antropologico delle donne che fa rima con cura e dedizione verso gli altri, ma sempre di ‘doveri’ si tratta, nel senso che sono vissuti ‘come doveri’, e quindi faticosi.

Essere madre e amica: giusto o sbagliato?

Dal punto di vista psicologico, le madri è come se dovessero accontentare tutti, mettendo spesso in secondo piano se stesse, anche senza accorgersene. Nobile, certo, ma non sempre facile per un donna, che in conseguenza di tale atteggiamento ‘troppo materno’ (le virgolette sono d’obbligo), può dimenticare i suoi veri desideri.
“Il tentativo di essere perfezioniste nei rapporti con i figli, per funzionare al meglio in tutti gli aspetti della relazione madre figlio, ha indotto alcune mamme ad assumere atteggiamenti errati – prosegue lo psicoanalista Pani – come per esempio diventare amiche dei figli (soprattutto figlie), allo scopo di sopportare le tante fatiche che il ruolo di madre comporta, non sempre metabolizzate al livello inconscio, e racchiudere in una sola persona due funzioni vitali, quello di madre e quello di amica. Niente di più sbagliato (!), perché la madre-amica confonde le idee a tutti: sia figli che genitori (compreso l’altro genitore, il padre) e promulga una filosofia di vita secondo la quale onnipotentemente tutto sarebbe possibile.
I figli devono invece contare su modelli sicuri e che siano rispettosi delle proprie esperienze autonome, ovvero ciò che li aiuta a crescere”.

Madri mediterranee iperprotettive

Ma se oggi siamo tutti un po’ mammoni ben oltre i 40 anni, dipende dalle madri? Difficile rispondere senza offendere nessuno, soprattutto in Italia, dove la cultura è per tradizionali motivi socioculturali ‘mammocentrica’.
E se fosse proprio il modello educativo mediterraneo a originare quella dipendenza nei figli che non vogliono crescere? Domande tendenziose, si obietterà, ma che è lecito porsi…

“L’iper-protettività delle madri di impostazione mediterraneo-latina è diventata negli ultimi anni un modo ossessivo-compulsivo di controllare la loro ‘angoscia’ di vivere, gestendo marito, figli e società, pur mantenendo il lavoro che nel frattempo è diventato sempre più necessario per contribuire alle spese della famiglia. Le donne si sentono sole soprattutto come madri.

Sindrome del nido vuoto...o pieno?

Il risultato di questa iper-protettività materna sembra essere  diventato una grande illusione reciproca. I figli hanno incorporato  inconsciamente il messaggio di poter/dover dipendere dalle madri con reciproca provvisoria e illusoria soddisfazione. Le  madri dal loro canto si illudono inconsciamente di poter controllare  perpetuamente i propri figli – prosegue l’esperto. Il risultato del  modello educativo italiano consiste nel fatto che i figli, anche per  ragioni economiche, non escono di casa presto.
Si verifica quindi quella che in psichiatria si chiama la sindrome del nido pieno che prende il posto della sindrome del nido vuoto (quando i figli uscivano di casa troppo precocemente), che invece si manifesta sempre meno.

Madri anglosassoni versus mediterranee

Quali sono gli effetti di un atteggiamento materno troppo protettivo?
L’iper-protettività genera intrusione, ma soprattutto dipendenza assoluta e non soltanto relativa a quel momento, come se un soggetto protettivo si instaurasse dentro di te e non ti lasciasse libero di sbagliare per apprendere la strada giusta a tue spese. – sostiene il Professore Pani – Questo soggetto protettivo diventa un giudice e tu vivi per lui e non per te stesso.
Le madri anglosassoni al contrario hanno per tradizione storico-culturale un modello educativo che porta maggiormente a favorire l’indipendenza e l’autonomia dei figli. Ci riescono sempre? Spesso sì, ma nello stesso tempo possono eccedere nell’intento di ‘lasciare liberi’ i figli di crescere, rischiando di lasciarli troppo soli. Si pensi ai figli anglosassoni che a 16 anni vanno al College senza fare più ritorno a casa. La loro autonomia e indipendenza può risultare forzata e non naturale: quindi può succedere che siano carenti di fiducia e di affetto. I figli vivono come se le madri li avessero un po’ abbandonati, pur sapendo che è stato a fin di bene. Il risultato del modello educativo anglosassone è che può aumentare la diffidenza nei giovani, a man a mano che constatano che la società è sempre egoista, senza interpretare le dovute relativizzazioni.

Insomma, l’ideale sarebbe un modello educativo materno a metà tra quello mediterraneo e quello anglosassone.

Autonomia versus Indipendenza

Dal punto di vista psicologico, la madre mediterranea ha mantenuto, esasperandola, la sua funzione tradizionale, derivante anche dalla povertà di un tempo che richiedeva maggiore aiuto e occupazione già prima delle Due Guerre, soprattutto nel Sud Italia, governato dal Regno Borbonico, che aveva l’obiettivo di proteggere a oltranza.

Da un lato questo “modello nutritivo prolungato” rende sufficientemente forte il bambino (si pensi alla funzione fisiologica dell’allattamento), dall’altro lo ha illuso e quindi reso più debole rispetto ad un mondo che si evolve. Il modello anglosassone, dall’altra parte, si basa sul fatto che i bambini devono diventare indipendenti al più presto. “Indipendenti, ma non autonomi psicologicamente, e questo è il punto debole a mio avviso” – chiarisce il Prof. Pani. “L’indipendenza economica (o in altri aspetti della vita) non basta: occorre crescere interiormente e questo si chiama autonomia interiore, flessibilità nell’affrontare la vita. Si vive per sé o per gli altri che ci stanno a guardare come giudici insaziabili?

Che cos'è la mistica della maternità?

È necessario diventare madri oggi? Oppure le donne si sentono in colpa se non obbediscono al principio di base che deriva dal passato, vale a dire ciò che mette in crisi l’identità psicologica. In un mondo dove ormai sembra consolidato il matrimonio tra gay è obbligatorio partorire i figli da parte della mamme, quali sono le mamme è soltanto un fatto biologico o psicologico. Mi rendo conto che quello che dico mette in crisi l’identità femminile, ma perchè non domandarselo? La natura deve sopravvivere e pertanto deve rinnovarsi attraverso le nuove generazioni. Ma sembra che il mondo cresca comunque, e forse bisogna accettare che siano altri che si facciano avanti e che noi Occidentali potremmo essere meno protagonisti. Mi riferisco ovviamente a chi non desidera procreare, non certo a quelle donne che lo desiderano ardentemente che fanno bene a insitere perchè ciò avvenga.

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