Si mangia tanto, troppo e magari di continuo per reazione ad uno stress o a degli eventi vissuti come frustranti.

A differenza del bulimico, il "mangiatore seriale" non è spinto da un attacco che lo induce compulsivamente a svuotare il frigorifero di notte, ma da un'abitudine che lo porta a cercare un equilibrio emotivo. Mangiando, lui o lei, compensa un'emozione stressante. Non lo fa nemmeno per mancanza di autocontrollo. Ne parliamo con lo psicoterapeuta.

Un'abitudine che nasce da lontano

All'origine dell'iperalimentazione emotiva, spesso c'è una forma educativa che spingeva i genitori ad associare il cibo ad una ricompensa per i successi o al contrario frustrazioni infantili. «Il bimbo andava bene a scuola? Era premiato con un dolce; mostrava tristezza? Gli si regalava caramelle; aveva consumato troppe energie con lo sport? Ecco che lo aspettava una bella pizza prima di cena» - conferma lo psicoterapeuta Pani - «Sono tutti esempi che fanno capire come questi comportamenti di compensare le proprie emozioni con il cibo vengono via via appresi nell'infanzia e riproposti nell'età adulta, senza accorgersene naturalmente».

Mangiare quando si è tristi

Così gli ex bambini "rinforzati" continuamente dal cibo, è molto probabile che da adulti sentiranno il bisogno di compensare i propri stress emotivi mangiando tanto, magari fuori pasto o continuamente. «Statisticamente, è maggiore il ricorso emotivo ai cibi dolci (il 75% dei "mangiatori emotivi") rispetto a quelli salati» - continua l'esperto - «un buon 25% compensa tristezza, ansia o nervosismo cibandosi di cibi molto speziati o saporiti. Mangiare zuccheri e grassi rilascia nel nostro cervello gli ormoni del benessere che fungono da calmanti, ovviamente transitori».

Il grasso come difesa e autopunizione

Mangiando tanto naturalmente si ingrassa, ma quello che è degno di nota che il sovrappeso di chi mangia per compensazione non dipende da cause mediche. In questi casi, la coltre di grasso che riveste il corpo riveste un duplice significato psicologico:

1) un sistema per difendersi, perché il grasso in eccesso forma una barriera difensiva che lo protegge dall'esterno;

2) un mezzo per punirsi: l'iperalimentazione suscita fantasie distruttive (“mangiare fino a scoppiare”) e l’obesità che ne consegue è correlata ad un alto rischio di sviluppare patologie correlate al sovrappeso.

«Inoltre, il grasso in eccesso toglie la forma del corpo che diminuisce il senso di responsabilità verso la vita: protetti dal tessuto adiposo, non si espongono al rischio di essere protagonisti delle proprie scelte di vita» - ribadisce lo psicologo Pani.

Si mangia tanto perché troppo stanchi

Ma la tristezza, la frustrazione o il nervosismo non sono gli unici motivi per i quali si tende ad iperalimentarsi: il cibo diventa una compensazione emotiva anche quando si arriva a sera troppo affamati o troppo stanchi. «La stanchezza e la fame, quando sono eccessive, inducono il corpo in uno stato di vulnerabilità che innesca i meccanismi compensatori tipici dell'iperalimentazione psicogena» - spiega lo psicoterapeuta - «ecco che il cibo assume un significato maggiore dal semplice "alimento" che risponde ad un bisogno organico di sopravvivenza, ma calma e rassicura».

L'obeso psicogeno vive il mondo con la bocca

Da un punto di vista psicoanalitico, chi mangia per compensazione emotiva è rimasto alla cosiddetta fase orale dello sviluppo psicosessuale (la fase più precoce), e presenta modalità di relazione con il mondo esterno di tipo richiedente e predatorio, caratterizzate dalla ricerca di gratificazione immediata e dalla gestione non matura dell’aggressività che è rivolta alternativamente contro se stessi, contro il cibo (fatto a pezzi e divorato) e a volte contro gli altri (spesso solo nella fantasia oppure adottando un comportamento passivo-aggressivo, che danneggia gli altri senza che vi sia un manifesto comportamento aggressivo).

Psiche: il cibo come compensazione emotiva

Emozioni come tristezza e nervosismo, ma in alcuni casi anche euforia spingono ad iperalimentarsi fino ad ingrassare. Ne parliamo con lo psicologo

Mangiare per compensazione psicologica è un disturbo del comportamento alimentare che, se spinto all’eccesso, può portare ad ad iperalimentarsi e quindi all’obesità psicogena, quella forma di sovrappeso non causata da motivi endocrini o genetici bensì psichici.

Pur essendo abbastanza frequente, l’emotional eating (l’espressione inglese che indica il disturbo), è meno conosciuto dell’anoressia e della bulimia nervose, ed è poco diagnosticato. «Si mangia tanto fino a scoppiare, come se si volesse riempire un vuoto emotivo che non dà pace» – spiega il Prof. Roberto Pani, docente di psicologia clinica presso l’Università di Bologna – «A differenza degli altri disturbi alimentari, l‘iperalimentazione non è una vera e propria compulsione, ma è un’abitudine che paragona il cibo ad una forma di “soppressione” di emozioni (quali che siano). Nei vari manuali psichiatrici, inoltre, questo comportamento non è classificato come patologia, se non in associazione ad altri disturbi psicologici che portano a mangiare troppo per reazione a stress o ad eventi vissuti come pesanti».

 

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