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Parkinson, i sintomi precoci della malattia in un nuovo studio

Un nuovo studio sulla malattia di Parkinson potrebbe aiutare a scoprire alcuni sintomi precoci, prima dei classici disturbi motori. Abbiamo incontrato uno dei massimi esperti al mondo che sottolinea la validità dello studio sulla patologia ma allo stesso tempo l'impossibilità, oggi, di identificare chi è a rischio di svilupparla

Un nuovo studio sulla malattia di Parkinson pubblicato sulla rivista The Lancet Neurology potrebbe aiutare a individuare i segnali precoci della malattia, prima che si sviluppino i tipici sintomi motori.

Parkinson: la seconda malattia neurodegenerativa al mondo

Da anni gli scienziati stanno cercando di identificare i segni anticipatori di questa patologia, la più diffusa malattia neurodegenerativa dopo l’Alzheimer con oltre 10 milioni di pazienti nel mondo e un progressivo aumento dei nuovi casi nel corso degli ultimi decenni. In Italia colpisce circa 400mila persone: numeri sottostimati, che potrebbero in realtà arrivare a 600mila con i casi non riconosciuti come Parkinson. Contrariamente a quanto si pensa, non è soltanto una malattia della senilità: la malattia può insorgere in alcuni casi anche intorno ai 50 anni o prima, colpendo persone ancora in età lavorativa e in una fase molto attiva della loro vita.

I sintomi della malattia di Parkinson: non solo tremore

La malattia viene diagnosticata quando compaiono i sintomi motori tipici, ma a quel punto la neurodegenerazione è già progredita. Spiega il Professor Ioannis Isaias, ordinario di Neurologia a Würzburg in Baviera, docente alla New York University e direttore del Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’ASST Gaetano Pini-CTO, riferimento nazionale per i pazienti. «Per avere una diagnosi clinica di Parkinson occorre che siano presenti alcuni sintomi: il rallentamento motorio e, in aggiunta, la rigidità muscolare, il tremore o l’instabilità posturale. Questi sintomi sono legati alla carenza di dopamina, un neurotrasmettitore prodotto da un gruppo di cellule del cervello, la substantia nigra. I sintomi compaiono quando circa il 50% dei neuroni dopaminergici sono già stati danneggiati dalla patologia. Diventa quindi difficile intervenire con terapie tempestive e precoci che possano modificare il decorso della malattia».

I possibili sintomi della malattia di Parkinson che precedono i problemi motori

Ci sono altri sintomi, però, che si presentano anche prima dei disturbi motori, e possono essere la spia di uno sviluppo futuro della malattia: «Si è visto che un disturbo del sonno REM, in cui la persona ha movimenti violenti e vocalizzazioni, può anticipare la malattia di alcuni anni. Anche la riduzione dell’olfatto (iposmia) e disturbi gastrointestinali come la stipsi sono possibili segni di rischio prodromici della malattia di Parkinson» prosegue il Professor Isaias

L’ipotesi su cui lavora la ricerca: i sintomi legati al sonno e agli odori 

La malattia è causata dalla carenza di dopamina, dovuta alla morte delle cellule nel cervello che la producono. «È stata una ricercatrice italiana, la professoressa Maria Grazia Spillantini, a scoprire il ruolo dell’alfa-sinucleina come componente principale dei corpi di Lewy, caratteristici depositi proteici presenti all’interno dei neuroni della substantia nigra delle persone con morbo di Parkinson. Dalla loro scoperta è iniziata la linea di ricerca che ha come obiettivo descrivere il legame tra questa proteina e la malattia di Parkinson. Lo studio americano pubblicato su Lancet si inserisce in questa linea di ricerca ma va oltre, ricercando depositi di alpha-sinucleina nelle persone con i sintomi prodromici del Parkinson, come il disturbo del sonno REM e l’iposmia». Quando, cioè, la malattia non è ancora stata diagnosticata e si è in presenza di sintomi non così specifici: la sfida è quindi capire se le persone con questo particolare disturbo del sonno e che sentono male gli odori sviluppino poi la malattia.

Lo studio dell’Università della Pennsylvania

««Lo studio è importante perché eseguito su un campione molto numeroso e con una metodica innovativa di analisi dell’alpha-sinucleina. I ricercatori hanno riscontrato che nell’85% di persone che presentavano disturbo del sonno REM o iposmia era presente questa proteina nel liquor, un fluido che ricopre e protegge il sistema nervoso centrale. Oltre a questo esame, i partecipanti allo studio sono stati sottoposti ad una scintigrafia cerebrale, che ha rivelato basse concentrazioni di dopamina in questi soggetti. I risultati suggeriscono quindi che chi dorme male o non riconosce bene gli odori e ha un’alta concentrazione di alfa-sinucleina nel liquor, produce meno dopamina, ed è di conseguenza più a rischio di sviluppare la malattia di Parkinson. Su queste persone sono possibili strategie neuroprotettive, anche se gli studi in corso sono ancora preliminari. Per esempio, oggi sappiamo che alcuni farmaci antidiabetici possono ritardare la comparsa della malattia di Parkinson di 6-7 anni, ma non esistono farmaci certi che possano modificare la progressione della malattia».

I limiti dello studio

«Sarebbe impraticabile il prelievo del liquor – spiega il professor Isaias – alla ricerca della proteina degradata a tutti coloro che manifestano sintomi prodromici. Insomma, oggi non siamo ancora in grado di identificare con certezza chi è a rischio, nonostante questo articolo confermi l’importanza di studiare sintomi prodromici come il disturbo del sonno REM e l’iposmia. Dobbiamo poi ancora capire se e quali persone con questi sintomi si ammaleranno davvero in futuro».

Le possibili cause della malattia: genetica e inquinamento 

Ciò che si sa finora è che l’alfa-sinucleina è legata alla malattia ma manca ancora una diretta relazione di causalità. Spiega il professor Isaias: «Le cause del Parkinson non sono ancora note. Sappiamo che c’è un legame tra la malattia e l’accumulo di alfa-sinucleina, ma il motivo non è completamente chiaro: possono contribuire una predisposizione genetica ma anche fattori tossici ambientali. Sono ancora in fase di studio i possibili meccanismi con cui l’accumulo di alpha-synucleina determini le alterazioni funzionali delle cellule che producono dopamina». La grande variabilità tra pazienti è stata anche dimostrata da questo studio: pazienti con mutazioni geniche diverse (LRRK2 e GBA) avevano una diversa concentrazione di alpha-sinucleina pur presentando segni clinici motori e prodromici simili. In particolare, lo studio americano ha trovato una forte correlazione tra la presenza della proteina degradata nel liquor e mutazioni del gene GBA».

Possibile un vaccino?

Si lavora da tempo anche a un vaccino ma la ricerca è ancora lontana dall’arrivarci, come dice l’esperto: «Sono in studio diversi vaccini che hanno come bersaglio l’alpha-sinucleina con risultati incoraggianti ma ancora preliminari. I primi studi non hanno dimostrato un immediato beneficio di questi vaccini sui sintomi motori della malattia di Parkinson, suggerendo forse la necessità di un intervento precoce e l’importanza di identificare persone a rischio di sviluppare la malattia».

La terapia

La ricerca si sta concentrando anche sulla terapia genica e sulle cellule staminali, con il trapianto di cellule mesencefaliche fetali, o di cellule staminali adulte mesenchimali (prelevate dal paziente stesso), ma per il momento sono ancora sperimentali. «Oggi non esiste ancora una cura, ma abbiamo a disposizione diversi farmaci per migliorare significativamente i sintomi della malattia» spiega il Professor Isaias, «sono anche disponibili terapie di neuromodulazione, come la stimolazione cerebrale profonda, e molto importante è anche la dieta e l’attività fisica: l’ideale è un esercizio fisico quotidiano di tipo aerobico, la danza, pilates, e comunque tutte le attività che aiutino il paziente nel coordinamento motorio per mantenere sempre la qualità di vita migliore possibile».

Le associazioni che aiutano

La malattia di Parkinson impatta su tutta la famiglia della persona che ne soffre. Per questo è importante cercare aiuto non solo nella scienza, ma anche nelle associazioni che aggiornano sulle novità della ricerca, creano aggregazione e organizzano attività motorie, ricreative, vacanze per pazienti e caregiver. Ecco le più significative:

Aip: con 30 anni di attività e 13 sezioni distribuite in tutta Italia, è una delle prime associazioni di pazienti (www.parkinson.it)

Fondazione Limpe: punto di riferimento per informarsi e aggiornarsi, organizza convegni, lavora al registro dei pazienti, sostiene la ricerca e raccoglie 19 associazioni dislocate in quasi tutte le regioni. Le associazioni sono attive soprattutto negli sportelli psicologici e nella proposta di aggregazione, attività sportive e ricreative.

Tra le meno scontate, segnaliamo Moov-it Onlus (www.moov-it.it) per la proposta dell’arrampicata e della danza, Bradirapidi Parky Touch Rugby (www.parkytouchrugby.com) per il rugby, Associazione Parkinson Pavese (www.parkinsonpavia.it) per il teatro, Associazione Parkinson Puglia (www.parkinsonpuglia.com) per il Tai Chi Chuan, Associazione Parkinson Rovigo e Amici Onlus (www.parkinsonrovigo.it) per la mindfulness e il tango, ParkinZone (www.parkinzone.org) per i lavoratori di voce, danza e arteterapia.

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