Se è vero che gli occhi sono lo specchio dell'anima, un battito di ciglia può essere determinante al primo incontro con qualcuno. Fidarsi o no? Sembra che la scelta sia proprio una questione di sguardi. O meglio di pupille, dilatate o contratte. Sembra infatti che a fare la differenza siano le dimensioni, che possono decidere il destino di un approccio a prima vista. E la scienza suggerisce che se nello sguardo dell'altro intercettiamo due pozzi neri siamo più disposti a interagire, mentre vederci due spilli esercita un effetto opposto. E' la conclusione a cui approda una ricerca sperimentale condotta dal Dipartimento di psicologia dell'università di Milano- Bicocca in collaborazione con l'università di Leiden in Olanda.
 
Nello studio, pubblicato su Cognition and Emotion e firmato da Marco Brambilla e Marco Biella con la collega olandese Mariska Kret, si è indagato sull'effetto pupilla arruolando 50 studenti, ai quali è stato chiesto di svolgere un compito in laboratorio. Nello specifico, i partecipanti sono stati invitati a visualizzare sullo schermo di un computer 96 volti sconosciuti con diversi livelli di dilatazione pupillare. Dal momento che le variazioni nella dilatazione delle pupille sono perlopiù automatiche e inconsce, spiegano gli esperti, spesso si è portati a ritenere che
possano indicare caratteristiche più profonde delle persone con cui interagiamo e che non siano solo la risposta a diverse intensità luminose.
 
Da qui la volontà dei ricercatori di verificare se il diametro pupillare sia in grado di influenzare risposte comportamentali diverse. In particolare, se le persone con un'elevata dilatazione pupillare siano percepite come attraenti, calorose e amichevoli. E, al contrario, se le persone con le pupille contratte siano percepite fredde, poco attraenti e inaffidabili.
In un primo momento i partecipanti, con l'ausilio di un joystick, dovevano avvicinare a sé i volti con le pupille contratte e allontanare da sé i volti con le pupille dilatate. In una seconda variante del compito le istruzioni sono state invertite. Ogni volta che il partecipante muoveva il joystick verso di sé, l'immagine sullo schermo si ingrandiva, dandogli l'impressione che il volto si avvicinasse. Al contrario, quando il joystick veniva spinto, l'immagine si rimpiccioliva e il volto sembrava allontanarsi.
I risultati hanno mostrato che il desiderio di interagire con le persone presentate sullo schermo era fortemente influenzato dal livello di dilatazione pupillare. I partecipanti alla ricerca erano infatti meno disposti ad avvicinare a sé – movimento indicativo del desiderio di interagire – volti con pupille contratte. Al contrario, erano maggiormente disposti a interagire con le persone le cui pupille erano dilatate. La ricerca ha così dimostrato come impercettibili caratteristiche facciali delle persone con le quali ci si approccia siano in grado di influenzare le risposte comportamentali.
Per gli esperti ciò è ancora più sorprendente se si considera che al momento "non vi è alcuna evidenza scientifica" che mostra effettivamente una differenza in termini di carattere, personalità e intenzioni in funzione della dilatazione delle pupille. Nonostante questo, le persone attivano automaticamente la rappresentazione stereotipica secondo cui gli individui con le pupille contratte sono pericolosi e, di conseguenza, mettono in atto azioni al fine di distanziarsi il più possibile da loro. "I risultati ottenuti – conclude Brambilla – oltre ad avere implicazioni circa i fattori in grado di promuovere o meno relazioni interpersonali, offrono importanti elementi di riflessione per il mondo del marketing e della pubblicità che spesso impiega immagini di volti nelle diverse campagne".