App digitali, efficienza energetica, ricerca farmaceutica, meccatronica. Sono i settori su cui puntare per scommettere sui lavori del futuro. L’emergenza Covid ha sconvolto il mondo e l’economia. E mentre la politica cerca la ricetta anti-crisi fra Stati generali e piano Colao, si comincia a fare i conti con la cruda realtà dei numeri: 274.000 posti persi ad aprile, ultimo dato disponibile dell’Istat, e il record di 746.000 inattivi, cioè coloro che non lavorano ma neppure cercano. Come se ne esce? E su quali studi indirizzare i giovani?
Il trend irreversibile del digitale
Prima una buona notizia, non così scontata: studiare serve. Secondo il consorzio AlmaLaurea, oggi il 73% dei laureati trova lavoro a un anno dal titolo; nel 2014 era solo il 66%. L’area “scientifica”, il campo “ingegneria” e il settore “medicina e professioni sanitarie” sono una garanzia: oltre il 90% dei laureati ha un posto stabile a 5 anni dagli studi, mentre in fondo alla classifica si trovano biologia-geologia, intorno al 79%, e l’area letteraria al 75%. E sarà così anche nei prossimi anni.
Che cosa cambia dopo il Covid?
«Più che creare nuovi lavori, la pandemia ha accelerato processi in atto» ragiona Gianluca Palazzo, direttore commerciale di QuoJobis, società di selezione delle risorse umane. Alcuni effetti sono momentanei, destinati a esaurirsi. «Adesso riceviamo centinaia di richieste di addetti alle pulizie e alla sanificazione dei locali, ma certo non scommetterei su un boom per il futuro» continua l’esperto. «Invece altri trend sono irreversibili: uffici più vuoti e sempre più smart working, riunioni su Zoom al posto delle trasferte, tanto e-commerce, più investimenti delle imprese per comunicare sui social. In una parola: è tutta una corsa al digitale» aggiunge Palazzo. Tradotto in figure professionali: data analyst, sviluppatori di app, esperti di digital marketing, social media ed e-commerce, Seo expert sono e resteranno a lungo in cima alle richieste. Il futuro è roseo per laureati in Informatica o Ingegneria informatica.
Il boom del pharma
Un altro fiore all’occhiello della nostra economia, che durante la crisi non si è mai fermato e che investe milioni ogni anno in ricerca, è il pharma. Secondo Farmindustria, appena il 3% del personale è stato messo in cassa integrazione e tanti big del settore hanno addirittura assunto. C’è sempre spazio per laureati in Biologia, Chimica o Farmacia, ma secondo un’inchiesta del Sole 24 Ore si sta affermando anche una figura nuova: il cosiddetto “agile coach”, una sorta di facilitatore. Per esempio, tra l’iper tecnico data scientist e il reparto commerciale, che deve vendere e spiegare i nuovi prodotti farmaceutici all’esterno, ci vuole qualcuno che sappia far “parlare” i 2 mondi. E qui, spesso i profili migliori sono quelli che arrivano dai corsi di Scienze sociali.
Il boom della sostenibilità
Terzo filone da tenere d’occhio è quello legato ad ambiente e sostenibilità. Adesso il governo sovvenziona con un ecobonus al 110% le ristrutturazioni edilizie green. Staremo più in casa e avremo bisogno di abitazioni performanti, che consumino poco per il caldo d’inverno e il fresco d’estate. Mentre nelle imprese ci sono mille norme da rispettare, per rendere sostenibile e sterilizzato non solo l’ufficio, ma tutto il ciclo produttivo. Giurista ambientale, ingegnere energetico, installatore di reti elettriche rinnovabili sono alcune delle professioni del futuro, secondo il rapporto della fondazione Symbola e Unioncamere.
Il settore meccatronica e la logistica
Il digitale è il punto di svolta dei nostri tempi, ma non significa che crei professioni solo “virtuali”: obbliga anche i lavori tradizionali a cambiare pelle. La verità del nostro tessuto produttivo è che 1,8 milioni di persone sono impiegate nella meccanica. «Se chiedete a un adolescente che cosa pensa di una vita da tornitore, risponderà fatica e poco guadagno. E questo è un errore, frutto anche di una narrazione sbagliata degli adulti e della scuola» dice Paolo Passoni, specialties team manager in Italia della multinazionale Randstad. «Oggi un operaio specializzato non è più solo meccanico, ma meccatronico. Conosce software specifici, impartisce ordini alle macchine da un tablet e magari coordina reparti produttivi a chilometri di distanza l’uno dall’altro, collegati in remoto. Una figura che guadagna sopra i 2.000 euro al mese e per cui può bastare un buon diploma o una triennale. Ma tante aziende faticano a trovare i giovani giusti».
Lo stesso vale nel commercio. Quando compriamo online non c’è solo la app da cui scegliamo i prodotti: attorno alle città si moltiplicano i centri logistici, che non sono semplici magazzini ma veri reparti di smistamento merce robotizzati e moderni. Non a caso, secondo Linkedin, il responsabile logistico è sul podio delle figure professionali che anche durante il Covid non hanno mai smesso di ricevere richieste. Ma non chiamatelo più magazziniere: oggi è “logistics manager”.