Coronavirus: cos’è la sanificazione e dove si fa

Quella dell'elicottero che disinfetta è una bufala, ma tra le disposizioni del governo è prevista la sanificazione dei luoghi di lavoro. I Comuni si stanno attrezzando per farla anche nelle strade

Tra le misure messe in campo per debellare il coronavirus sono previsti interventi di disinfestazione nei luoghi di lavoro, con particolare attenzione agli ospedali. Ma anche gli uffici, dove è ancora presente personale al lavoro o dove si siano registrati casi di positività, devono sanificare.

La sanificazione delle strade

Non è prevista d’obbligo, ma in alcuni comuni si sta procedendo alla sanificazione anche in strada. Se è una bufala la notizia della disinfezione dagli elicotteri, a Codogno, uno dei primi focolai del coronavirus, si è già provveduto alla disinfezione delle strade, come avvenuto in Cina o in Corea del Sud. Città come Napoli, Palermo, Foggia, Padova, Vercelli, Lodi, Enna ma anche piccoli centri si stanno adeguando. Gli esperti ritengono che la disinfestazione ambientale sia utile a prescindere dal COVID-19, come nel caso delle grandi metropoli dove può aiutare a risolvere altre problematiche (rifiuti, topi, ecc.).

Cos’è la sanificazione?

Con il decreto del 4 marzo 2020 si riprende quanto già indicato dal ministero della Salute (2 febbraio 2020) in tema di sanificazione. Sono previsti, dunque, interventi per disinfettare tutti i luoghi pubblici e quelli frequentati da più persone, come i posti di lavoro. Ma cos’è una sanificazione? «In un ambiente domestico, dunque a casa, significa mantenere le buone pratiche di pulizia e un livello di igiene che si dovrebbe avere normalmente. Negli ambienti aperti al pubblico, invece, il discorso è diverso e dipende dal tipo di luogo: le norme, le modalità e i prodotti dipendono dalle singole attività. Ad esempio, sono differenti se si parla di ristoranti (ma ora sono chiusi) o di ospedali e mezzi pubblici» spiega Pierluigi Lopalco, professore di Igiene all’Università di Pisa.

In quali casi va fatta la sanificazione?

«Le aziende sono invitate a sanificare» spiega Elena Colombo, dirigente Responsabile UOS Milano Sud – Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro presso l’Ufficio di Igiene di Milano. Secondo gli esperti una disinfestazione degli ambienti è utile e opportuna ovunque, a prescindere dal COVID-19. Nel caso del coronavirus, però, è fondamentale che sia fatta con prodotti dalle proprietà virucide. Questo vale per gli ambienti ospedalieri, sui mezzi pubblici, nei negozi (prima che chiudessero), ma anche negli uffici. Il decreto non prevede un obbligo esplicito, anche se è chiaro che «la disinfestazione diventa imprescindibile negli ambienti nei quali si sono verificati casi di positività» spiega il virologo Giovanni Rezza, dell’Istituto Superiore della Sanità.

Occorre una certificazione?

«Non esiste certificazione comprovante la sanificazione: è sufficiente la ricevuta di effettuazione della stessa» chiarisce ancora la dottoressa Colombo. I singoli comuni, però, hanno deciso di regolamentare autonomamente la sanificazione: a Napoli, ad esempio, un’ordinanza aveva imposto ai titolari di negozi (finché erano aperti) di esporre una «idonea attestazione dell’avvenuto intervento di disinfezione oppure una certificazione della ditta incaricata». Di fronte a un possibile aggravio di costi per i commercianti in un momento come questo – sostengono gli igienisti – ci si sta concentrando su misure di comprovata efficacia, come il rispetto dell’isolamento sociale e delle norme di igiene.

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Dove va disinfettato?

Secondo il vademecum messo a punto dall’Ufficio di Igiene di Milano, è il datore di lavoro che «deve valutare ed erogare le misure preventive necessarie», che variano a seconda degli specifici contesti lavorativi. Il coronavirus ha una sopravvivenza variabile: se “protetto” dalle goccioline di saliva o muco può resistere più a lungo rispetto a quando si trova su una superficie sterile. Secondo uno studio tedesco la carica infettiva dei virus che appartengono alla famiglia dei coronavirus può perdurare fino a 9 giorni, in condizioni ambientali di alta umidità e bassa temperatura, come ricordato dal decreto del ministero della Salute del 22 febbraio 2020. Ma mediamente non si va oltre qualche ora. La frequenza della sanificazione, in ogni caso, non è indicata in modo esplicito, perché dipende dal tipo di luogo.

Cosa disinfettare in casa e in ufficio?

Il ministero della Salute ricorda che «Vanno pulite con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente, quali superfici di muri, porte e finestre, superfici dei servizi igienici e sanitari. La biancheria da letto, le tende e altri materiali di tessuto devono essere sottoposti a un ciclo di lavaggio con acqua calda a 90°C e detergente. Qualora non sia possibile il lavaggio a 90°C per le caratteristiche del tessuto, addizionare il ciclo di lavaggio con candeggina o prodotti a base di ipoclorito di sodio». Nei luoghi pubblici va prestata particolare attenzione a maniglie delle porte, scrivanie, telefoni, superfici a portata di mano e bagni, dove è più probabile che ci si trovi a tossire o starnutire lasciando secrezioni, con le quali possono venire in contatto altri colleghi nell’arco di poco tempo.

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Vanno disinfettati anche gli uffici chiusi?

Con la chiusura di molti uffici pubblici e l’attività dello smart working per tanti lavoratori, ha senso sanificare i luoghi di lavoro vuoti? «Sanificare è sempre utile, anche se si trattasse di un’azione una tantum in un ufficio vuoto. Chiaramente diventa fondamentale se ci sono lavoratori ancora in servizio» spiega Lopalco.

Come disinfettare?

Il ministero della Salute raccomanda di disinfettare con i prodotti comunemente in uso in ambienti sanitari come ipoclorito di sodio, etanolo o perossido di idrogeno, «per un tempo di contatto adeguato». Stanze, uffici pubblici, mezzi di trasporto, scuole e altri ambienti non sanitari «potenzialmente contaminati da SARS-CoV-2 devono essere sottoposti a completa pulizia con acqua e detergenti comuni prima di essere nuovamente utilizzati. Per la decontaminazione, si raccomanda l’uso di ipoclorito di sodio 0,1% dopo la pulizia. Per le superfici che possono essere danneggiate dall’ipoclorito di sodio, utilizzare etanolo al 70% dopo pulizia con un detergente neutro».

Nebulizzare o strofinare?

Se negli ospedali si procede con una disinfezione molto accurata, negli altri ambienti il tipo di intervento può cambiare: «Sono le stesse imprese di pulizia a conoscere nel dettaglio le modalità di sanificazione, a seconda del tipo di ambiente» chiarisce il professor Lopalco, che aggiunge: «Chiaramente se si parla di superifici dove possono mettere le mani più persone, è bene strofinare invece che limitarsi alla sola nebulizzazione» spiega Lopalco.

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Lavare sempre le mani!

Oltre a esortare a seguire le corrette regole di igiene, in primo luogo il lavaggio delle mani nelle aziende rimaste aperte e con personale in servizio, «in tutti i locali aperti al pubblico devono essere messe a disposizione degli addetti, utenti e visitatori, soluzioni disinfettanti per l’igiene delle mani» come chiarisce l’Ufficio di Igiene di Milano, anche se al momento luoghi di questo genere aperti al pubblico sono limitatissimi.

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