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Assegno di divorzio: ecco come cambia

Approvate alla Camera nuove norme che modificano la legge attuale: stop all’assegno in caso di nuove nozze o convivenza, garantiti gli ex coniugi in caso di disabilità gravi

Con un voto bipartisan, sostenuto da tutte le forze politiche e senza alcun contrario (386 favorevoli, 19 astenuti), la Camera dei Deputati ha detto sì alla proposta di legge sull’assegno di divorzio, previsto dopo la sentenza di scioglimento del matrimonio (e diverso da quello di mantenimento che invece viene erogato dopo la separazione): tra le novità più importanti del testo c’è la temporaneità dell’assegno stesso, che sarà erogato su disposizione dei tribunali non più “a vita” ma in base a parametri precisi che tengono contro della durata delle nozze, dell’età del coniuge e della sua capacità reddituale e lavorativa, oltre del patrimonio: “È una legge giusta e al passo coi tempi: l’Italia di oggi non è più quella degli anni ’70. Occorreva superare un certo provincialismo affermando, come si fa all’estero, che il matrimonio è una scelta d’amore, non una risposta economica o una forma di mantenimento a vita, anche in caso di divorzio” spiega l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione Matrimonialisti Italiani (AMI).

In cosa consistono i nuovi parametri per l’erogazione dell’assegno divorzile?

Stop all’assegno per matrimoni mordi-e-fuggi

La proposta di legge ora dovrà ricevere il via libera definitivo del Senato, che è considerato scontato dal momento che alla Camera ha avuto il sostegno di tutte le forze politiche: “Dimostra che si tratta di una scelta equa sia dal punto di vista giudiziario che socioculturale” commenta l’avvocato matrimonialista. Il testo prevede alcune circostanze precise per l’erogazione dell’assegno all’ex coniuge: ad esempio, le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi dopo lo scioglimento del matrimonio, e l’età e lo stato di salute del soggetto richiedente. Cosa significa? “A mio avviso sono tre i punti più importanti: il primo riguarda i matrimoni brevi, i cosiddetti ‘mordi-e-fuggi’, che magari durano pochissimi anni o addirittura mesi: non è pensabile oggi che una donna (o un uomo) di 25 o 30 anni possa ricevere un assegno di divorzio per tutta la vita. La legge prevede che il giudice stabilisca un tempo massimo, magari di un anno ma valutabile caso per caso, entro cui il coniuge disoccupato sia tenuto a trovarsi un lavoro, che è anche fonte di dignità personale” spiega l’avvocato Gassani.

Il caso dei matrimoni lunghi

Diverse sono le condizioni nel caso di matrimoni di lunga durata: la nuove legge prevede la valutazione del contributo personale e economico dato da ciascun coniuge alla conduzione famigliare e alla formazione del patrimonio di ognuno o di quello comune. Altri parametri sono “il patrimonio e il reddito netto di entrambi” e “la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive, anche in considerazione della mancanza di un’adeguata formazione professionale o di esperienza lavorativa, quale conseguenza dell’adempimento dei doveri coniugali nel corso della vita matrimoniale”. Infine “l’impegno di cura di figli comuni minori, disabili o comunque non economicamente indipendenti”, come si legge nel documento.

“L’assegno divorzile rimane, dunque, come principio di diritti per il principio di solidarietà, ma con alcune limitazioni oggettive. È chiaro che nel caso di divorzio dopo matrimoni di lunga durata, ad esempio di 20 o più, è previsto un contributo compensativo e perequativo per il contributo che la ex moglie o l’ex marito ha dato in famiglia, non necessariamente sotto forma di uno stipendio” spiega il presidente dell’Associazione Matrimonialisti Italiani. Si evita, dunque, che ha una donna (la maggior parte delle destinatarie di assegni divorzili sono le ex mogli), magari a 50 o 60 anni si debba trovare nella condizione di trovarsi un’occupazione stabile in un’età non più giovanile, senza l’esperienza o la formazione professionale richiesta dai datori di lavoro, dopo aver rinunciato magari a un impiego per occuparsi della famiglia, dei figli e della casa.
“L’assegno è pensato per permette all’ex coniuge di vivere in modo dignitoso dopo una vita dedicata al matrimonio. Chiaramente occorrerà poi stabilire alcune condizioni precise per quantificare l’assegno, che tengano contro del luogo nel quale (a Milano, ad esempio, il costo della vita è differente rispetto ad altre zone d’Italia) e dell’ambiente nel quale si vive. Ricordiamo, però, che il principio del tenore di vita non esiste già più in seguito a un noto pronunciamento della Cassazione” spiega l’avvocato matrimonialista.

Nuove nozze o convivenza

Il terzo aspetto fondamentale riguarda la cancellazione dell’assegno nel caso in cui l’ex coniuge si risposi o conviva. La proposta di legge approvata dalla Camera stabilisce, infatti, che l’assegno non è dovuto, non solo in caso di nuovo matrimonio, ma anche in caso di unione civile con altra persona o di stabile convivenza di chi ne faccia richiesta, anche se la convivenza more uxorio (di fatto equiparata al matrimonio) non fosse ufficialmente registrata. “Questo principio varrà anche nel caso in cui l’ex coniuge torni single: non sarà più possibile tornare a chiedere l’assegno. Attenzione, però, a non confondere la convivenza post matrimonio con quella di un sempre maggior numero di coppie che preferisce non sposarsi: nel caso una relazione finisse, se non si è sposati, non è previsto alcun assegno di mantenimento. Questo è erogato soltanto dopo la separazione e per un breve periodo, in attesa della sentenza di divorzio, per provvedere al mantenimento appunto del coniuge in caso di difficoltà economiche. Ma dall’introduzione del divorzio breve l’assegno di mantenimento riguarda ormai un periodo molto limitato, perché già dopo sei mesi dalla separazione, in caso di consensuale, si arriva a sentenza di divorzio” chiarisce l’avvocato Gassani.

Mantenimento dei figli e coniugi disabili

“Per i figli non cambia assolutamente nulla: a loro, anche dopo la fine di un matrimonio, è previsto che siano garantite le stesse possibilità che avevano in precedenza. Il loro tenore di vita non deve cambiare, salvo situazioni particolari, solo perché i genitori divorziano” spiega l’esperto.
Un caso a parte è rappresentato dal coniuge con disabilità, per il quale è stabilito che l’assegno divorzile sia mantenuto, in ragione del principio di solidarietà.

Gli altri paesi europei

“Con questo testo l’Italia esce dal provincialismo in cui si trovava e si adegua a quanto già avviene in paesi come il Regno Unito, la Germania o la Francia. Qui addirittura con un testo di tre righe è stato cancellato definitivamente l’assegno di divorzio, in base al principio che il matrimonio è una scelta d’amore e non di interesse: nel momento in cui questo viene meno, gli ex coniugi diventano due perfetti estranei, l’uno indipendente nei confronti dell’altro, non è previsto che si accampino diritti” dice Gassani.

“Ciò che invece ancora manca in Italia sono i patti prematrimoniali, non consentiti nel nostro paese e che invece regolamentano proprio le condizioni in caso di divorzio. Accordi di questo tipo possono prevedere, ad esempio, l’erogazione di un assegno anche più consistente rispetto a quanto deciso dal giudice, ma concordato precedentemente. Una misura del genere potrebbe anche incentivare i matrimoni in Italia, che invece è il penultimo paese per numero di nozze in relazione agli abitanti. Questo anche perché in molti sono spaventati proprio dalle conseguenze economiche in caso di divorzio” conclude l’avvocato Gian Ettore Gassani.

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