Mamma bambini

L’assegno unico servirà a incentivare la natalità?

«Non si nasce più». Così i quotidiani hanno sintetizzato l’ultimo allarmante dato Istat, commentato persino dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «L’Italia si indebolisce: bisogna assumere ogni iniziativa per contrastare la denatalità». Nel 2019, dice il nostro Istituto di statistica, le nascite sono state 435.000 contro i 647.000 decessi. Uno “smottamento demografico” che non si vedeva dal 1918. Per cercare di correre ai ripari, il ministro della Famiglia Elena Bonetti ha annunciato una serie di provvedimenti, alcuni dei quali già inclusi nella Legge di Bilancio: dall’assegno unico tra i 100 e i 250 euro per ogni figlio fino a 18 anni (a partire dal 2021) al contributo da 1.500 a 3.000 euro per gli asili nido (già attivo da quest’anno). Un ulteriore passo per realizzare il discusso Family Act, sul quale la maggioranza si è spaccata più volte.

L’assegno unico è utile ma non fa chiarezza tra i bonus bebè precedenti

«L’assegno unico è una svolta positiva, perché punta a riorganizzare la miriade di interventi promossi in precedenza – come bonus bebè e detrazioni – raggruppandoli in un’unica contribuzione» dice Letizia Mencarini, demografa, autrice di Genitori cercasi. L’Italia nella trappola demografica (Egea). «Il “tetto” dei 18 anni dovrebbe essere esteso almeno fino ai 26, perché i figli costano anche quando finiscono le superiori e vanno all’università».

L’assegno unico aiuterà chi vuole fare il secondo figlio, non il primo

Assegno e contributo asilo basteranno a far risalire le nascite? Lo stesso ministro Bonetti, nell’annunciare lo stanziamento di 1 miliardo di euro, ha detto che no, la misura non è sufficiente: servirà un’ulteriore riforma dell’Irpef. «Penso che l’assegno unico aiuti di più chi ha già un figlio e sta pensando al secondo» dice la demografa Mencarini. «Chi vuole diventare genitore per la prima volta, ma ha difficoltà economiche, non avrà grandi benefici. Come quelle giovani coppie, che, pur impegnandosi tra più lavori precari, per affittare una casa necessitano delle garanzie dei genitori.

Difficilmente, senza una condizione lavorativa più stabile, 250 euro in più al mese li convinceranno a fare un figlio. Un altro problema sono i contributi per l’asilo, che non considerano le disparità geografiche». Secondo Cittadinanzattiva, la Campania ha infatti una copertura di asili nido pari al 6,7%, contro il 34,3% dell’Umbria.

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