Arriva il maxi scivolo per la pensione: come funziona

Varato con il Decreto crescita, permette ai dipendenti delle grandi aziende in crisi di lasciare il lavoro con 5 anni di anticipo. Ma a chi conviene veramente?

Si potrà andare in pensione con 5 anni di anticipo grazie a uno “scivolo” pagato dal datore di lavoro, fino al raggiungimento dei requisiti minimi. È una delle novità del Decreto crescita, convertito in legge a fine giugno. L’obiettivo è quello di favorire l’uscita dei lavoratori più anziani in cambio dell’assunzione di giovani e riguarda solo le aziende con più di 1.000 dipendenti che stanno vivendo un processo di riorganizzazione o di rinnovamento tecnologico.

A differenza delle altre misure in materia di pensioni, come Quota 100, lo scivolo non potrà però essere richiesto dai dipendenti, sarà il datore di lavoro a proporlo. Il dipendente deciderà se accettare o meno. «Lo scivolo sarà in vigore in via sperimentale per il biennio 2019-2020 e rientrerà in un accordo, il cosiddetto “contratto di espansione, che le imprese stipuleranno con il ministero del Lavoro e i sindacati. Sarà il ministero a valutare le richieste e a stanziare i fondi» spiega Ezio Cigna, responsabile previdenza pubblica della Cgil.

Si passa dall’indennità di disoccupazione

A utilizzare questa misura saranno i dipendenti a cui mancano non più di 5 anni alla pensione e rientrano in uno dei due casi che citiamo nel riquadro qui a destra. «Se un lavoratore accetta lo scivolo, dopo la risoluzione del contratto scatta la Naspi, cioè l’indennità di disoccupazione, per un massimo di 2 anni: durante questo periodo l’Inps accredita i contributi per la pensione» spiega Cigna. Poi interviene il datore di lavoro che versa all’ex dipendente una somma mensile pari alla pensione maturata al momento dell’uscita dall’azienda.

Chi punta alla pensione di vecchiaia è svantaggiato

«Il datore di lavoro deve pagare tutti i contributi mancanti solo a coloro che usano lo scivolo per raggiungere la pensione anticipata, cioè per arrivare a 42 anni e 10 mesi di versamenti all’Inps (41 e 10 mesi per le donne)» spiega l’esperto. E tutti gli altri? «Una volta conclusa la Naspi non avranno diritto ai contributi ulteriori. Ovviamente, questo influirà in modo negativo sull’importo dell’assegno. Una disparità che rischia di penalizzare soprattutto le donne: sono loro che nella maggior parte dei casi escono dal lavoro con la pensione di vecchiaia».

I requisiti necessari

62 anni di età + 20 anni di contributi per chi sta aspettando la pensione di vecchiaia (che scatta a 67 anni).  37 anni + 10 mesi di contributi (36 anni + 10 mesi per le donne) per chi vuole raggiungere la pensione anticipata.

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