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Pensione in anticipo: sbloccati i contratti di espansione

Una circolare del ministero del Lavoro sblocca la possibilità di applicare i nuovi “contratti di espansione”, una delle opzioni (per pochissimi, non per tutti) che dovrebbero consentire di andare in pensione prima della scadenza naturale e con un paracadute economico appetibile. Si tratta del sistema introdotto dal decreto Crescita per sostituire i “contratti di solidarietà espansivi”, creati nel 2015 per cercare di promuove il ricambio generazionale nelle imprese in via di modernizzazione.

Prevede una serie di opportunità per le grandi aziende (quelle con almeno mille dipendenti) coinvolte in processi di sviluppo tecnologico, digitalizzazione, riorganizzazione. E agevola i lavoratori a fine carriera, aprendo le porte all’ingresso di nuove professionalità. Gli obbiettivi dichiarati sono la spinta alla crescita interna e l’impulso alla competitività esterna, nazionale e internazionale. Dal fronte sindacale però arrivano perplessità e previsioni pessimistiche.

Contratto di espansione: che cosa è, come funziona

Il contratto di espansione, detto in sintesi, consente alle grandi imprese di assumere nuove professionalità con contratti a tempo indeterminato, formare e riqualificare le risorse interne (ricorrendo anche a trattamenti di cassa integrazione), giovarsi di un ricambio generazionale attraverso lo scivolo per i dipendenti prossimi alla pensione (al massimo a cinque anni di distanza dalla scadenza “naturale”), accordare la riduzione d’orario a chi non ha i requisiti per lasciare in anticipo l’impiego.

L’adesione degli interessati deve essere volontaria e rientrare negli accordi sottoscritti con il ministero del Lavoro e con le associazioni sindacali di riferimento. I meccanismi non sono strutturali. Saranno applicabili, in forma sperimentale, solo per quest’anno e per il 2020 (salvo proroghe e/o ulteriori aggiustamenti). Lo Stato mette sul piatto 20,1 milioni di euro per il 2019, 43,7 milioni di euro per il 2020 e 6,8 milioni di euro per l’anno 2021 (per le “code” delle situazioni maturate nel biennio precedente).

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Dal fronte sindacale critiche e pessimismo

“Questa nuova formula – commenta Corrado Ezio Barachetti, responsabile nazionale del settore Mercato del lavoro della Cgil – rischia di essere la brutta copia del modello precedente, il contratto di solidarietà espansivo, voluto per incentivare la staffetta generazionale. Il ‘vecchio’ sistema è stato un flop, non è mai decollato. Ha avuto una applicazione assai limitata. Il mio timore è che da ora in avanti andrà ancora peggio. Le opportunità si ridurranno e di parecchio, perché è stato introdotto il requisito dei mille dipendenti, parametro che sembra fatto su misura per Alitalia e per altre situazioni particolari. Ma così, fissando il tetto del numero minimo di lavoratori, si tagliano fuori le piccole e le medie imprese e si riduce enormemente la platea dei potenziali beneficiari. Certo – ammette il dirigente sindacale – per dare una valutazione fondata bisogna aspettare di vedere che cosa succederà concretamente nei prossimi mesi. Viste le premesse, e le limitazioni, non sono per niente ottimista”.

Pensione in anticipo e scivoli

Per quanto riguarda il pensionamento anticipato, la questione che sta a cuore ai lavoratori, lo scivolo di 5 anni può essere applicato ai dipendenti che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia (e che abbiano maturato il requisito minimo contributivo) o alla pensione anticipata, nell’ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso scritto dei singoli aderenti. In questi casi, a fronte della messa a riposo in anticipo, l’azienda paga agli ex dipendenti un’indennità mensile (che può comprendere anche la Naspi, se spetta) commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato. Se il primo diritto è quello per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili (con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro).

Attenzione alle incompatibilità e alle garanzie

Lo scivolo offerto dai contratti di espansione non è sfruttabile per arrivare a traguardi già agevolati sul fronte delle condizioni di base richieste come l’Opzione donna o Quota 100. Eventuali riforme pensionistiche, è la garanzia che viene data, “non potranno in alcun modo modificare i requisiti per conseguire il diritto all’accesso alla quiescenza certificato al momento dell’adesione alla procedura di prepensionamento”. Chi avvia la pratica, per così dire, la porterà a conclusione indipendentemente da eventuali modifiche legislative.

Dal tempo pieno al part time

I lavoratori che non hanno i requisiti per il congedo anticipato, perché troppo lontani dalla pensione “naturale”, possono essere coinvolti nel contratto di espansione nella parte che prevede piani di formazione e riqualificazione. Hanno diritto al part time e alla copertura della differenza salariale, garantita dal ricorso agli ammortizzatori sociali (cioè la cassa integrazione straordinaria o i fondi di solidarietà), fruibili fino a un massimo di 18 mesi anche in modo non continuativo. Il taglio di ore di lavoro non può superare il 30 per cento del monte ore complessivo aziendale. Ogni lavoratore coinvolto però, può avere una riduzione dell’orario fino al 100 per cento (purché l’insieme dei beneficiari resti sotto il tetto globale).

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Il tetto minimo di mille dipendenti

Per quanto riguarda il criterio occupazionale (la soglia dei mille dipendenti, come detto), la circolare specifica che esso fa riferimento
ai “lavoratori occupati mediamente nel semestre precedente la data di presentazione della domanda”. Inoltre il ministero del Lavoro precisa anche che il numero di persone in organico si riferisce alla singola impresa e non ai gruppi di imprese o ai raggruppamenti temporanei.

Che cosa prevede il contratto di espansione

Il contratto di espansione deve prevedere un Piano di riconversione dell’azienda, cui spetta l’onere di attivare la procedura di consultazione sindacale e di calcolare gli oneri a carico dello Stato. Nel progetto vanno indicati: il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione; la programmazione temporale delle assunzioni; l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante; la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati; il numero dei lavoratori che possono accedere allo scivolo di 5 anni per la pensione; la previsione del recupero occupazionale; l’offerta formativa e di riqualificazione. Per ciascuna di queste voci sono concesse agevolazioni aziendali.

Approfondimenti e informazioni

Il testo integrale della circolare si trova nell’home page del ministero del Lavoro (www.lavoro.gov.it).

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