Rifiuti compostabili compostaggio domestico

Biodegradabile e compostabile: qual è la differenza?

Spesso biodegradabile e compostabile vengono usati come sinonimi... ma siamo sicuri abbiano lo stesso significato? Esiste una normativa in merito? E come si fa a distinguere i prodotti biodegradabili dai prodotti compostabili al momento dell'acquisto o quando si deve fare la raccolta differenziata? Scopritelo insieme a noi.

Qual è l’oggetto compostabile che più frequentemente avete sotto mano? Non sapete rispondere? Vi diamo un piccolo suggerimento: se oggi siete andati a fare la spesa e avete chiesto al negoziante una busta monouso, per portare con voi il cibo, questa sarà quasi sicuramente compostabile. Infatti, a parte qualche shopper fuori norma che ancora circola (illgalmente) la normativa italiana, in vigore dal 2012, prevede che gli esercizi di vendita possano commercializzare per l’asporto di merci solo shopper riutilizzabili o monouso biodegradabili e compostabili.

Ma cosa significa che un materiale è biodegradabile e compostabile e in cosa si differenziano questi termini? Sono parole oramai entrate nel linguaggio comune, per le quali vi è ancora tanta confusione in quanto troppo spesso utilizzate come sinonimi o in tandem ma che in realtà racchiudono in sé due concetti specifici. Capire la differenza è un passo fondamentale per accrescere la propria consapevolezza ambientale: è quindi arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza.

Significato di biodegradabile

Un materiale si definisce biodegradabile quando, sottoposto all’attività enzimatica di microorganismi, riesce ad essere degradato in sostanze più semplici. In altre parole, una volta terminato il processo di biodegradazione le sostanze organiche di cui era composto il materiale di partenza si trasformano in acqua, anidride carbonica e metano.

A ben vedere quasi tutti i materiali si degradano, ciò che fa la differenza è la tempistica di questo processo, che dipende essenzialmente dalle caratteristiche del materiale stesso, ma anche dall’ambiente di biodegradazione (temperatura, ossigeno, umidità).

È scontato che tanto più un oggetto impiega per biodegradarsi tanto è maggiore il suo impatto ambientale. Anche la temutissima plastica si degrada, il problema è il tempo che impiega per portare a compimento il processo.  Ad esempio, un sacchetto di plastica, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, resta – se disperso nell’ambiente – almeno 15 anni. Un arco temporale lunghissimo. Ma non solo. La plastica in natura può man mano decomporsi, diventare microplastica e finire all’interno della catena alimentare. Questo spiega perché l’Italia e l’Europa stiano limitando l’uso di prodotti monouso in plastica.

Significato di compostabile

Qui andiamo in una definizione tecnica che però ci aiuta a capire meglio cosa acquistiamo (e come smaltire correttamente i rifiuti). Si dice compostabile un materiale organico che non solo è biodegradabile, ma che attraverso un processo, che avviene in condizioni controllate, di decomposizione biologica si trasforma in compost, una sorta di terricio che, essendo molto ricco di sostanze organiche può essere utilizzato come fertilizzante naturale.

Questo processo di trasformazione è detto compostaggio, può essere praticato sia livello domestico che industriale, e consiste nella disintegrazione e biodegradazione aerobica (cioè in presenza di ossigeno) di rifiuti organici (ad esempio quelli gettati nella pattumiera dell’umido, segatura, trucioli di legno, ecc). 

Dalla definizione a questo punto è chiaro che tutti i prodotti compostabili sono anche biodegradabili, ma non è sempre vero il contrario perché la compostabilità richiede qualcosa in più. Di cosa si tratta? Su questo ci risponde una normativa.

Gli standard della compostabilità in Europa

Per essere definito compostabile il materiale deve rispettare gli standard sanciti nella norma EN 13432 del 2002 che vanno ben oltre la biodegradabilità. Per questo motivo, la normativa europea EN 13432 ha messo dei limiti.

Per potersi definire compostabile un prodotto deve decomporsi del 90% in 6 mesi, a contatto con materiali organici per un periodo di 3 mesi, la massa del materiale deve essere costituita almeno per il 90% da frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm, assicurare bassi livelli di metalli pesanti, valori di pH entro i limiti stabiliti e assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio.  Solo una volta che siano stati verificati con esito positivo questi parametri, si può parlare di materiale compostabile.

Naturalmente si tratta di verifiche che sono effettuate da appositi enti certificatori i quali dopo aver effettuato gli opportuni test consentiranno o meno di apporre sul prodotto il marchio che assicuri la compostabilità del materiale.

Come riconoscere i prodotti compostabili

Saper leggere le certificazioni ci aiuta a fare una corretta raccolta differenziata. Bisogna semplicemente fare attenzione a quanto riportato sulle etichette di ogni singolo prodotto: se, ad esempio, su un sacchetto leggiamo la dichiarazione di compostabilità, sarà utilizzabile per la raccolta dell’umido (con gli scarti di cibo) e potremo conferire tutto nell’organico.

Portati agli impianti di compostaggio, tali buste potranno tornare alla natura sotto forma di compost e nutrire così il terreno. Ugualmente ove ci servano piatti e bicchieri monouso, magari per una festa. Sapere che esistono certificati compostabili ci permetterà di buttarli insieme agli avanzi di cibo del nostro party.

Spiegata la differenza ora vi mettiamo alla prova: avete mai fatto caso alle certificazioni su tali prodotti? Aspettiamo le vostre risposte.

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