Ragazzi bici illustrazione

Transizione ecologica e caro-bollette: che fare

La guerra, il rischio gase il caro-bollette rendono ancora più importante la transizione ecologica. Ovvero, l’obiettivo di utilizzare solo fonti rinnovabili entro il 2050. Ma già ora ciascuno di noi può contribuire a raggiungerlo. Con scelte che fanno bene anche al nostro portafoglio

Da anni sappiamo di dover contribuire ad abbassare le emissioni di CO2, che schizzano verso l’alto in una curva costante e preoccupante. Dopo estenuanti calcoli, discussioni e distinguo, da Bruxelles a Roma, sembrava che avessimo trovato la strada (e i soldi) per arrivare alla Terra promessa della sostenibilità ambientale, o almeno nelle sue vicinanze. Il ritorno dell’inflazione e la guerra in Ucraina adesso obbligano i governi e noi cittadini a rivedere i piani.

Di certo dobbiamo muoverci in fretta, ma prima di sbagliare (ancora) direzione facciamo un passo indietro per vedere come siamo entrati nell’era della “Transizione ecologica e della rivoluzione verde”. «Aver capito che l’emergenza climatica non tocca solo l’orso polare o luoghi esotici sferzati dai tifoni, ma la nostra salute, il nostro territorio e tanti settori produttivi ha messo in moto il cosiddetto Green New Deal: si tratta di una serie di riforme a livello europeo e italiano per eliminare entro il 2050 l’utilizzo di fonti fossili – gas, carbone e petrolio – a favore di soluzioni che non hanno effetti negativi sul clima e sono anche più economiche: le rinnovabili (vedi il piccolo vocabolario a pag. 33, ndr)» spiega Luca Iacoboni, responsabile delle politiche nazionali di decarbonizzazione per ECCO, il think tank italiano per il clima.

L’impresa era tutt’altro che facile in tempo di pace, figuriamoci ora. «Bisogna tendere sempre più verso le fonti rinnovabili, ma è un obiettivo non realizzabile dall’oggi al domani. Vento e sole sono intermittenti, quindi non possono fornirci in modo continuativo energia. E le batterie degli impianti fotovoltaici ora disponibili non permettono di accumulare energia per una lunga durata» dice Davide Tabarelli, fondatore di NE-Nomisma Energia e professore presso la facoltà di Ingegneria di Bologna. «Prendiamo atto della situazione attuale: in Italia la produzione di energia deriva per il 57% da centrali termoelettriche alimentate da combustibili fossili, in primo luogo il gas. E quasi la metà di questo gas lo importiamo dalla Russia: rinunciarci è quasi impossibile. D’altra parte, non possiamo pensare di dare soldi a oligarchi e autocrati e stare tranquilli».

La soluzione è aggrovigliata in una matassa di nodi geopolitici oltre che tecnico-scientifici. «Una volta gli europei erano i colonizzatori e dettavano le regole in termini di offerta e di prezzo, ora i rapporti di forza nel mondo sono cambiati» spiega Pietro Paganini, presidente del think tank Competere – Policies for Sustainable Development e docente alla Temple University di Philadelphia. «Per la sua energia l’Italia dipende molto dall’estero. Comprando fuori, sarebbe opportuno non affidarsi a uno o a pochi fornitori, ma diversificare molto con un occhio alla convenienza economica e un altro a quella geopolitica. Il problema non riguarda solo il gas. Pannelli solari e pale eoliche sono prodotte soprattutto in Cina: il rischio è di sganciarsi dalla dipendenza da Mosca per passare a quella da Pechino. C’è chi propone di realizzare una filiera interna di produzione di pannelli solari. Bene, ma anche qui occorre valutare i tempi e i costi. E riflettiamo sul fatto che nell’epoca della globalizzazione non possiamo pensare di produrre tutto in casa». Il mappamondo ci porta verso regimi oppressivi, anche se si va alla ricerca dell’uranio per le centrali nucleari: «Bisognerebbe rivolgersi al Kazakistan che è il primo produttore al mondo» precisa Iacoboni.

L’energia nucleare

E l’energia nucleare? Le nostre centrali sono chiuse dal 1990 e un referendum nel 2011 ne ha bocciato la riapertura, ma la si sente invocare spesso come soluzione. Iacoboni avverte: «Il nucleare porta con sé tanti problemi. Oltre allo smaltimento delle scorie radioattive, sia i tempi sia i costi di realizzazione delle centrali si dilatano sempre molto rispetto ai progetti originari». In caso di necessità, dato il conflitto in corso in Ucraina, il premier Mario Draghi ha anche ipotizzato un ritorno al carbone. «Bisognerebbe riattivare delle centrali, ma il problema vero è che sganciarci ora dal gas russo è un azzardo. Ci sarebbero quello estraibile con le trivelle dal nostro sottosuolo e quello trasportato liquido via nave da altri Paesi che va rigassificato, però non basterebbero: sono fonti non rinnovabili e hanno costi elevati. Molti spingono sull’idrogeno, però non potrà mai coprire tutto il fabbisogno» spiega Paganini. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha dichiarato che ci vorranno 24-30 mesi all’Italia per diventare indipendente dal gas russo. Intanto, occorre conciliare esigenze di cittadini e aziende, voci della scienza e della politica e conti pubblici.

L’ecologia fa risparmiare

A proposito di conti, dobbiamo mettere mano anche ai nostri. E qui, quasi a sorpresa in questo quadro sfidante, se adottiamo l’approccio giusto scopriamo due buone notizie. La prima è che ecologia ed economia sul fronte energetico sono un’accoppiata vincente: si può cioè fare del bene all’ambiente e allo stesso tempo al nostro portafoglio. La seconda è che quelli che sosteniamo come costi, pensiamo ai pannelli solari, sono un investimento che ci proietta verso un futuro davvero sostenibile A rendere ancora più appetibile l’energia verde hanno contribuito anche incentivi e bonus messi in campo dal governo. Anche se il passaggio dalle buone intenzioni alla loro concretizzazione spesso non avviene con disinvoltura. «La mia esperienza è emblematica» racconta Paganini. «Un anno fa ho ordinato pannelli solari performanti, che mi sono arrivati solo ad agosto. Ho trovato le batterie per l’accumulo a ottobre e i pannelli sono in funzione da novembre. Ma non sono ancora riuscito a fare la pratica per il rimborso, perché lo Stato ha cambiato due volte la legislazione ed è stato previsto l’obbligo dell’intervento dei certificatori che, però, si devono assicurare. Insomma, non ne sono ancora venuto a capo».

Il caro-bollette

A complicarci la vita, oltre all’instancabile burocrazia, c’è un altro fattore B: le bollette. «Luce e gas sono servizi essenziali che da qualche mese stiamo pagando come beni di lusso» dice Paolo Cazzaniga, esperto di tariffe ed elettricità per l’associazione Altroconsumo. «Si stima che spesa annuale di una famiglia di 3-4 persone per l’energia elettrica sia mediamente di 970 euro, mentre per il gas con il riscaldamento autonomo si pagano circa 1.900 euro». Eppure è possibile riportarsi a cifre più ragionevoli e, al tempo stesso, inquinare meno. «Con una serie di azioni quotidiane, per esempio utilizzare gli elettrodomestici a pieno carico con programmi eco, impostare il climatizzatore a una temperatura non oltre i 6 gradi di differenza rispetto all’esterno, usare lampadine Led, stare meno a lungo sotto la doccia. Sono comportamenti dettati, sì, dal buon senso ma la cui efficacia è provata anche da test».

I gruppi di acquisto di energia

Le opzioni vantaggiose non finiscono qui: si può anche aderire a gruppi di acquisto di energia. «Abbiamo lanciato online la settima edizione di abbassalabolletta.it» aggiunge Cazzaniga di Altroconsumo. «Ci si unisce per promuovere un’asta che spinga i fornitori a fare un’offerta competitiva (le iniziative di questo tipo sono sul sito dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente: www.arera.it, ndr). L’adesione al gruppo d’acquisto è gratuita e senza impegni o vincoli».

Auto elettriche e mobilità sostenibile

Benvenute quindi le opportunità domestiche, ma anche quando usciamo di casa dobbiamo cambiare abitudini. Salire tutti sull’auto elettrica? «Abbiamo 35 milioni di auto circolanti, quelle elettriche sono solo 120.000 perché costano ancora troppo e mancano le colonnine di ricarica» dice Tabarelli. Serve un approccio più ampio. «Per la mobilità sostenibile è fondamentale il passaggio al motore elettrico, ma non si tratta di sostituire tutte le auto a benzina o diesel con quelle elettriche, bensì di ridurre l’uso dell’auto» aggiunge Iacoboni. «Per riuscirci bisogna migliorare il trasporto pubblico, realizzare infrastrutture come le piste ciclabili e potenziare i servizi di sharing, come le auto in condivisione». Secondo un antico aforisma, il sacrificio paga. Diciamo che per ora paghiamo, e parecchio, noi. Ma impegnandoci anche nel nostro piccolo, giorno dopo giorno, nella sfida verde possiamo guadagnarci tutti.

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Pronti al cambiamento

Secondo una ricerca svolta a dicembre dall’istituto di sondaggistica YouGov
per il think tank ECCO in 6 Paesi europei tra cui l’Italia, la transizione ecologica è percepita come un’opportunità di cambiamento e di crescita economica.
• La maggior parte degli italiani è favorevole a una modifica radicale delle proprie abitudini, e in maniera anche più spiccata rispetto agli altri Paesi europei.
• I 18-29enni risultano meno speranzosi ma più pronti al cambiamento
delle generazioni mature.
• Buona parte dell’opinione pubblica richiede un maggiore impegno delle istituzioni per affrontare i cambiamenti climatici e considera le azioni condotte finora insufficienti se non fallimentari.

Occhio alla bolletta

Le bollette non vanno solo pagate, vanno studiate. Lo consiglia Paolo Cazzaniga di Altroconsumo: «Nella seconda pagina della bolletta ci sono i dati su quanto consumiamo. Dobbiamo sapere se il prezzo che sborsiamo per la materia prima è a tasso fisso o variabile e, un po’ come avviene per i mutui, valutare le conseguenze. Una volta stabilito il mio profilo di consumatore, posso sfruttare il mercato libero. Per capire quali siano le offerte adatte a noi, possiamo usare i comparatori di prezzi come quello dell’Authority (ilportaleofferte.it/portaleOfferte). Così, di fronte alle proposte con cui i call center ci tempestano avremo un’alternativa al buttare giù il telefono: le esaminaremo con la consapevolezza di cosa ci serva davvero».

Transizione ecologica: 4 parole per capire

Fonti non rinnovabili

Sono i combustibili fossili: carbone, petrolio e gas. non sono inesauribili
e il loro utilizzo è la principale causa di emissione di gas serra.

Fonti rinnovabili

Sono risorse naturali inesauribili, come sole e vento. Producono vari
tipi di energia verde: eolica, solare, idroelettrica, geotermica.

Idrogeno

Può contribuire alla transizione ecologica. ma solo quello ricavato da fonti rinnovabili è sostenibile al 100%.

Gas naturale e biogas

Il gas naturale è un combustibile fossile. Il biogas è una fonte rinnovabile: deriva dalla degradazione delle biomasse, come i residui agricoli o la frazione organica dei rifiuti.

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