Riconoscere il disagio

LA COMUNICAZIONE HA BISOGNO DI FIDUCIA

Riconoscere il disagio in un bambino o un adolescente può essere una questione complessa. È facile che fra i più piccoli senso di colpa, imbarazzi e vergogna, insieme alla sensazione di essere sbagliati, prendano il sopravvento con il rischio che si interrompa la fluidità della comunicazione con i genitori e ad essa si sostituisca la tendenza a trincerarsi nel segreto. Il non detto dei piccoli può nascondere grandi verità, spesso non viste: quando rimangono sotto pelle esse creano il vuoto di uno strappo doloroso sempre più grande, che apre una frattura nello star bene dei ragazzi, sia per quanto riguarda il rapporto con se stessi, nonché nei confronti delle dinamiche familiari e di relazione con il mondo. La dott.ssa Barbara Repossini, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa ([email protected]) ci ha aiutato a riflettere sugli strumenti necessari da sviluppare al fine di valutare con onestà i segnali di disagio in un bambino, in modo da poter migliorare la comunicazione fra genitori e figli.

Segnali di disagio? Osserva i comportamenti di tuo figlio

I consigli dell'esperta

 

Quanto osservi tuo figlio? Nonostante siamo soliti attribuire grande importanza alle parole, l’aspetto non verbale occupa circa il 90% della comunicazione. È importante prestare attenzione ai piccoli o grandi segnali espressi fra le righe. Trascorrere tempo insieme di qualità è fondamentale per l’instaurarsi di un dialogo in grado di costruire fiducia, consapevolezza, intimità. Il primo passo? Ascolta in modo attivo. Sii presente. Sostituisci le domande fatte per istinto di controllo alla curiosità che è voglia di condivisione, capacità di dare vita a un territorio da percorrere insieme, per aiutare un figlio a trovare le risorse e la sicurezza per spiccare da solo il grande volo.

Adolescenza, età della ribellione

IL CONCETTO DI SFIDA

L’arco di tempo occupato dall’adolescenza si è modificato nel corso degli ultimi anni. Come spiega l’esperta: «Oggi l’inizio dell’adolescenza si è abbassato da 15 a 11-12 anni. I tanti cambiamenti corporei la rendono un’età difficile: spesso si tratta di trasformazioni non ben tollerate, perché compaiono brufoli e chili in più, senza contare gli aspetti legati alla vergogna e all’imbarazzo». È essenziale considerare dare vita a un dialogo capace di toccare anche le zone d’ombra. Barbara Repossini sottolinea: «Dare un peso al proprio corpo è importante. La difficoltà è legata all’aspetto della crescita sia a livello visivo, che psicologico. Alcuni adolescenti fanno più fatica di altri, dunque il disagio può manifestarsi con atteggiamenti importanti di devianza. La sfida è normale tra genitori e figli, di qui il non accettare un no, raccontare qualche piccola bugia, così come sperimentare prime esperienze come sigaretta o sesso: si tratta di esperienze tipiche dell’età. Attenzione, però, quando i segnali si ripetono per un tempo prolungato».

Attenzione ai segnali

OSSERVA, ASCOLTA

Trascorrere tempo con i propri figli, osservando il loro comportamento senza modalità inquisitorie, bensì con l’autentica voglia di comprendere e condividere a lungo termine darà i suoi frutti. Quali sono i segnali che denunciano un disagio? «Attenzione ai disturbi del sonno e dell’alimentazione, ma non solo. Si dovrebbe prestare più attenzione agli episodi di autolesionismo: ferirsi, per esempio con tagli sulle braccia, è più frequente di quanto non si pensi eppure spesso è poco notato, perché si tende a dare maggior peso ai risultati scolastici o le compagnie che un figlio frequenta» risponde l’esperta, che aggiunge: «Gli amici costituiscono un dato importante da tenere in considerazione, ma cerchiamo di andare oltre». Non sono gli altri, bensì il proprio figlio la persona che deve essere al centro del nostro interesse.

Non più bambini

LA FATICA DI CRESCERE

«Quando la dispensa si svuota velocemente o, al contrario, si nota un dimagrimento repentino è bene fermarsi a parlare. Ricordiamoci che oggi il bullismo avviene anche via internet e smartphone: solo un genitore può conoscere un figlio al punto da accorgersi  dei piccoli segnali in grado di raccontare un malessere profondo». Lo strumento da sviluppare? «Prima che la situazione degeneri e la sofferenza appaia in superficie è bene non dimenticare mai il dialogo. I genitori tendono ad arrabbiarsi ma è importante affrontare questo periodo consapevoli che la sfida fa parte di questa fase» ricorda Barbara Repossini, che spiega: «Mai fare il paragone con quello che si era prima. Gli adolescenti sono diversi dai bambini che erano, tuttavia i genitori fanno fatica a stare con questa nuova trasformazione».

Migliorare il dialogo con i figli

IMPARARE A CONFRONTARSI

A ogni età esistono segnali in grado di raccontare il disagio di un bambino di fronte all’impatto con la vita. «Il calo del rendimento, così come la tendenza a chiudersi in camera, non parlare più, difficoltà relazionali o il non voler andare a scuola vengono spesso confusi con aspetti legati alla crescita». Come capire quando il problema è più grave? «Sta al genitore chiedere e verificare. Il punto è farlo senza essere controllori, bensì dare fiducia attivando un dialogo sincero e onesto». L’esperta avverte: «Attenzione, in casi eccezionali, quando ci si trova di fronte a segnali particolarmente, può essere preferibile guardare un cellulare di nascosto che arrivare a situazioni ancora più gravi, come essere ricattate per una foto, fatto che purtroppo sta accadendo a molte giovanissime. Tener sotto controllo significa rispettare privacy ma avere un’attenzione elevata, soprattutto nel mondo contemporaneo». La differenza la fa la reazione: trasformare la rabbia in un’occasione di confronto significa aiutare la crescita di un figlio. «Attenzione quando diciamo a un bambino che ci sta deludendo» conclude Barbara Repossini: «È un’emozione forte perché genera inadeguatezza. Il vero dialogo accade quando un figlio si sente libero di esprimere la verità di ciò che pensa».

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