

L’ultima legge, nonché la prima, risaliva al 2017, quando era stata approvata una norma contro il cyberbullismo. Ora è arrivata una nuova proposta di legge, che mira a dare una “stretta” contro i bulli in generale e che coinvolge da vicino anche le famiglie. Il testo unisce tre ipotesi, che mirano tutte alla prevenzione di reati ed episodi e alla rieducazione di chi ne è protagonista. Per esempio, è previsto un “percorso rieducativo” con tanto di “riparazione” nei confronti delle vittime, ma soprattutto si mira a un maggior coinvolgimento anche dei genitori di chi compie atti di bullismo, insieme alle scuole.
Bullismo: le famiglie delle vittime si sentono sole
«Sicuramente le nuove norme rafforzano gli strumenti rieducativi a sostegno dei minorenni e delle famiglie coinvolte. Ancora troppo spesso, infatti, capita che le vittime di bullismo e le loro famiglie si sentano sole. Spesso l’unica soluzione percepita è quella di cambiare scuola. Si tratta in realtà di una sconfitta per tutti», chiarisce l’avvocato Marisa Marraffino, specializzata in reati informatici e minori, legale di Terres Des Hommes, impegnata con diverse iniziative nel mondo della prevenzione e dell’educazione dei giovani, con particolare riguardo proprio al bullismo e cyberbullismo.
I genitori: cosa cambia nella proposta di legge contro il bullismo
Nel testo si parla di un coinvolgimento maggiore e diretto anche delle famiglie dei bulli, come delle scuole. Ma molto spesso gli autori di soprusi nei confronti di coetanei o minori provengono da famiglie che sono già “disagiate”. Come si interviene? «Questo è un aspetto delicato e infatti fa parte del problema. Gli adulti di riferimento hanno un ruolo determinante nella comprensione di quello che è accaduto. Troppo spesso sono i genitori stessi a minimizzare, a parlare di scherzi. Senza considerare poi che il bullismo e il cyberbullismo denotano quasi sempre una carenza educativa» prosegue Maraffino, che però precisa: «Non dobbiamo colpevolizzare i genitori, ma spesso è necessario un supporto che faccia prendere coscienza anche a loro degli errori commessi e di come possono riparare ai danni causati dai loro figli».
Tribunale pr i minori: cosa accade nei casi più gravi
Nei casi più gravi, comunque, si prevede che entri in gioco il Tribunale per i minori che può «Disporre, previo ascolto del minorenne e dei genitori, lo svolgimento di un progetto di intervento educativo con finalità rieducativa e riparativa» sotto la direzione e il controllo dei servizi sociali. In caso, poi, si valutassero ancora criticità da parte della famiglia, si potrebbe procedere con l’affidamento del minore ai servizi sociali o a una comunità di recupero. «Significa che nei casi più gravi ci possono essere conseguenze anche sulla capacità genitoriale, quindi è importante che i genitori vengano coinvolti nel progetto di intervento educativo. Si può partire anche dall’informazione. Spiegare ai genitori cosa possono e in molti casi devono o dovevano fare per svolgere correttamente il proprio ruolo educativo è la base di partenza – suggerisce il legale – Ci siamo accorti che spesso i genitori non conoscono i confini, anche legali, dei propri doveri. Confondono autori e vittime dei reati oppure tendono ad autoassolversi. Invece, anche se è più faticoso, occorre essere molto umili, ascoltare e cercare di capire dove si è sbagliato per poter aiutare davvero i propri figli».
Possibili multe alle famiglie dei colpevoli di bullismo
Non è la prima volta che si cerca di intervenire anche a livello familiare. Anche il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, di recente aveva invocato i lavori socialmente utili per chi si rende protagonista di atti di bullismo, mentre in passato si erano ipotizzate multe. Com’è la situazione al momento? «Nei casi più gravi, quando il procedimento non si conclude positivamente, il Tribunale può anche disporre l’affidamento del minorenne ai servizi sociali o disporne il collocamento in comunità. In questo caso è previsto un corrispettivo economico, perché tutte le spese sono a carico dei genitori o degli esercenti la tutela. Se non le pagano potrà essere attivata la procedura ordinaria di recupero crediti», risponde Marraffino.
Più progetti educativi a scuola
«Le nuove norme danno la possibilità al dirigente scolastico, ma anche alle famiglie delle vittime, di avvisare nei casi più gravi il Procuratore del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie (l’ex Tribunale per i Minorenni). Da qui potrà partire un progetto educativo controllato dai servizi sociali territorialmente competenti», spiega Marraffino. In concreto, «Gli autori di bullismo o cyberbullismo potrebbero svolgere anche attività di volontariato, oltre a partecipare a progetti specifici volti a far capire loro la gravità dei fatti commessi», prosegue la legale, che tiene corsi nelle scuole e ha partecipato alle audizioni delle Commissioni riunite di Giustizia e Affari sociali della camera dei deputati sulla prevenzione e il contrasto al bullismo.
Ristori alle vittime: come?
Nel testo di legge presentato adesso si parla di “ristoro” alla vittima, ma come può avvenire? «Va chiarito che il ristoro della vittima non è soltanto economico, ma dipende dal caso concreto. Spesso è importante anche chiedere scusa e questo succede da tempo in Tribunale – spiega l’avvocato – Il dolore causato dal bullismo può durare per anni, però. Si tratta a volte di mediazioni complesse che necessitano spesso dell’aiuto di psicologi specializzati». «Caso per caso si valuterà, quindi, la forma di ristoro che possa alleviare i danni causati. Il bullismo coinvolge tutti, non è un rapporto a due tra autore e vittima. È il gruppo che ha sbagliato: dagli amici che non si sono dissociati, agli insegnanti che non hanno capito, fino ai dirigenti, ai genitori, ai familiari. Per questa ragione la legge tenta di coinvolgere tutti con percorsi di sensibilizzazione, di conoscenza del fenomeno fino a interventi più diretti e incisivi».
Non servono nuovi reati ma rieducare, anche i genitori
La legge, dunque, mira a incrementare gli interventi e i percorsi di prevenzione e riabilitazione degli autori di episodi di bullismo, sostenendo maggiormente anche le vittime. Ma senza l’introduzione di nuovi reati: «È corretto non introdurre nuovi reati, che già ci sono, ma incidere sul fronte educativo e riparativo. Il volontariato effettuato dai minorenni, ad esempio, può aiutare molto a maturare l’empatia. Succede già nei procedimenti di messa alla prova minorili in cui gli autori dei reati vengono coinvolti in attività socialmente utili. Possono aiutare a fare i compiti, a fare sport, entrano in contatto con realtà più sfortunate e finalmente si rendono conto della sofferenza che possono aver causato con le loro condotte. Ne escono rafforzati e più maturi. Molti continuano a fare volontariato anche finita la messa alla prova. Per ripartire da adulti migliori l’unica strada è investire sulla propria formazione. La regola vale anche per i genitori», conclude l’avvocato Marisa Marraffino.
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