Il successo all’improvviso di Francesco Gabbani

Una lunga gavetta e poi, finalmente, il successo tanto cercato: il vincitore di Sanremo ci racconta la sua lunga carriera e i progetti futuri. 

Un anno fa vinceva tra le Nuove Proposte con Amen, diventata immediatamente tormentone. Quest’anno porta a casa il primo premio tra i big con il brano più allegro del Festival di Sanremo, almeno nella melodia, e la riflessione nascosta nel balletto. Ha vinto la scimmia nuda, ha vinto l’uomo, spogliato dalle sue sovrastrutture. Francesco Gabbani, classe ‘84, cantautore di Carrara, non si aspettava questa vittoria che è anche un record (è infatti la prima volta nella storia del Festival che la vittoria delle due categorie è consecutiva). Lo si è capito quando ha chiesto scusa, sul palco, a Fiorella Mannoia, appena fatto il suo nome.

Lo ha detto subito dopo «Sono incredulo. Arrivo da un anno pieno di soddisfazioni, spero di riuscire a gestirlo. Mi auguro di poter continuare a fare musica, come ho sempre cercato di fare». Sorride, ovviamente, con quel sorriso che è diventato il suo marchio di fabbrica e che ha conquistato il pubblico di Sanremo. Vincitore anche del premio TIMmusic, come riconoscimento per il brano più ascoltato sull’app dedicata allo streaming, è stato premiato dal televoto. Nel suo futuro lo aspettano un album che non ha ancora finito di scrivere e sarà prodotto da Luca Chiaravalli, un tour, da giugno. E la partecipazione, che gli spetta di diritto, all’Eurovision Song Contest che si terrà a Kiev, in Ucraina, a maggio.

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Tanti anni di gavetta e all’improvviso il successo. Che effetto fa oggi?
«La soddisfazione più grossa è il poter pensare di vivere, di potermi guadagnare da vivere, facendo quello che mi piace. Il limite tra il far diventare la tua passione un lavoro è sottile. Mi sento un privilegiato».

Il primo contratto discografico lo hai firmato a 18 anni. Quanto hai aspettato il successo?
«Quando in adolescenza ho deciso di intraprendere la strada della musica, come realizzazione di vita, tendevo all’idea di fare successo non tanto per il successo in sé, ma perché per me significava poter vivere di musica. Il fatto di essere ora qui, all’inizio del successo, mi fa vivere tutto in maniera molto più serena. E sono contento. Se fosse successo a ventidue anni sarebbe stato diverso».

 Occidentali’s Karma è ufficilalmente un altro tormentone, come già lo fu Amen. Hai una ricetta magica?
«Il brano non è stato scritto a tavolino, per presentarmi al Festival. Quello che scrivo avviene da un’espressività spontanea. Certo, ha tutti i requisiti del tormentone, ma quello fa parte del mio esprimermi musicalmente, la mia mission è quella di proporre una profonda leggerezza. Mi piace pensare di far musica per divertirmi e divertire. Se poi, oltre a questo, c’è la possibilità di proporre spunti per riflettere in maniera più profonda, ben venga. È quello che cerco di fare, è anche il mio modo di vivere. Sono un istintivo».

La scimmia ha vinto con te. Quando hai pensato di portarla sul palco?
«La scimmia è nata dall’idea di avere un elemento sdrammatizzante e ironico su un brano molto serio, al di là della sua facciata divertente e come citazione didascalica, visto che la nomino nel brano».

Eppure oline ci sono già le polemiche per la vittoria di un brano “leggero”. Il testo non lo è. Ce lo commenti?
«Occidentali’s Karma è un guazzabuglio di parole su un ritmo, è divertimento fresco che, se vuoi, fa ballare. Ma il testo, se uno ha voglia di ragionarci, parla in maniera sarcastica del modo di vivere di noi occidentali che cerchiamo serenità interiore guardando al mondo orientale, tra zen e filosofia buddista: facciamo pilates e yoga, ma siamo goffi in quelle culture. Le canzoni per me nascono da spunti istintivi, è lei è nata così, durante questo 2016 che per me è stato molto up come emozioni. È nata da una frase, da una piccola melodia che il mestiere ti porta poi a smussare e ottimizzare o da solo o con persone con cui ho affinità. Con Occidentali’s karma è andata così e l’ho scritta con Fabio Ilacqua che è mio coautore già di Amen, Luca chiaravalli e mio fratello Filippo».

Lavora con te?
«È il mio batterista, non perché sia mio fratello ma perché credo molto nel suo talento. Mi piace molto poter condividere con lui quello che mi sta succedendo».

Prima “Amen” oggi il karma, sei religioso?
«No. Lo scopo è un po’ provocatorio, in realtà mi piace argomentare. Ho una formazione cristiana, ho fatto catechismo, poi, diventato adulto, ho preferito allontanarmi dalla religione. Rimane un argomento che mi affascina molto. Volenti o nolenti siamo tutti alla ricerca del perché siamo qua. Seguire una religione o filosofia che ti dà canoni di comportamento e un po’ di pace mi affascina molto. Ma l’unica religione che seguo è quella della musica».

Musica che nella tua vita è arrivata subito.
«Sono cresciuto in mezzo agli strumenti. Mio papà era un musicista, aveva e ha tuttora un negozio di strumenti musicali. Era il mio parco giochi. Da lui ho ricevuto l’input iniziale, ma non mi ha mai forzato, mi ha fatto vivere la musica in maniera spontanea e di questo lo ringrazio. Mi sono appassionato in modo naturale, con i suoi suggerimenti, che non ho mai vissuto come imposizioni».

Quanti anni avevi quando hai scritto la tua prima canzone?
«Dodici. Parlava di voler cambiare la mia vita. Anche se in realtà non era vero che la volevo cambiare. Eppure avevo già capito che nelle canzoni potevo esprimere un disagio, potevo dire quello che sentivo».

Ci sarà quello che senti nel tuo nuovo album?
«Il nuovo album sarà sulla lunghezza d’onda di Occidentali’s Karma. Divertente e coinvolgente come sound ma sì, con testi che facciano riflettere. Parlerà della mia ricerca del senso, ne sono tormentato. Non esce subito perché ho lavorato alla colonna sonora di Poveri ma ricchi, il nuovo film di Fausto Brizzi. Uscirà in primavera, non dopo maggio. E poi il tour».

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