Su RaiPlay gli scrittori parlano della paura

Nell'ultimo anno, la paura è entrata nella vita di tutti stravolgendone i ritmi, i rituali e le abitudini. Per comprenderla e, forse, scongiurarla, cinque scrittori ne parlano in un ciclo di incontri a partire dal 31 marzo su RaiPlay

Nell’ultimo anno, la paura è entrata prepotentemente nella vita di tutti stravolgendone i ritmi, i rituali e le abitudini, specie quelle sociali. Eppure la paura non ha soltanto una valenza negativa e, se fronteggiata, può diventare un ottimo strumento per conoscersi e raggiungere la consapevolezza, spiega la Dott.ssa Cristiana Salvi, psicologa e psicoterapeuta funzionale: «La paura è un’emozione primaria che ci spinge alla sopravvivenza e ci mette in guardia dai pericoli. Può paralizzarci oppure spingerci a uscire dalla comfort zone e stimolarci a crescere. C’è chi ha timore del futuro, chi del buio, chi ha la fobia di volare e chi ha paura d’amare. Anche i più coraggiosi hanno paura e ognuno le attribuisce significati differenti a seconda del proprio vissuto”.

“Sulla paura”, un ciclo di letture su RaiPlay

Quello della paura è un tema ancestrale e vasto che cinque famosi scrittori esploreranno in “Sulla paura”, un ciclo di letture curato da Francesco Siciliano e Francesca d’Aloja, dal 31 marzo in anteprima esclusiva su Raiplay.
Nella cornice di Villa Medici, nell’ambito del Roma Europa Festival, Edoardo Albinati, Michela Murgia, Melania Mazzucco, Alessandro Piperno e Sandro Veronesi, si alterneranno sul palcoscenico per raccontare in che modo questa emozione possa orientare la bussola dei sentimenti e regolare i rapporti interpersonali.

Di quante paure si parla

Le paure di cui si parlerà saranno svariate: la paura di scrivere e quella di non scrivere, la paura come motore delle azioni dell’uomo, la paura come ostacolo alle relazioni umane, la paura come meccanismo virtuoso e positivo. E ancora la paura delle diversità, del giudizio altrui e di non essere all’altezza. E poi la paura del primo bacio, di star male, di perdere qualcuno, di ferire le persone amate, come racconta Sandro Veronesi: «Non mi ha mai fatto paura quello che fa paura al cinema, quello che mi fa paura, da sempre, è che sia io il male, che sia io a portare il male nella vita degli altri. Si è detto che la paura gira intorno a qualcuno che fa male, più o meno è sempre così. Bene, la mia paura, fin da quando ero piccolo, è di essere io a fare del male».

Ognuno di loro ragionerà in modo unico e originale sul termine Paura e coinvolgerà il pubblico in un gioco di identificazione, mettendosi in gioco personalmente. Lo spettatore, al tempo stesso, proverà a conoscere le paure e le riflessioni intorno alle angosce delle cinque personalità della letteratura italiana.

Paure private e paure collettive

Per quanto l’uomo da sempre conosca la parola “paura” e chiunque ne sperimenti il potere e la forza fin da bambino, in questo preciso momento storico diventa un argomento quanto mai attuale. «Ho cominciato a riflettere sul fatto che esistono due tipi di paure: le prime le posso chiamare delle paure biografiche, paure private. Sono legate a eventi, episodi, circostanze della nostra vita di cui abbiamo memoria oppure no, che però si sedimentano dentro di noi e lì restano agitando, determinando o influenzando i nostri comportamenti» commenta Melania Mazzucco. «Poi ci sono le paure collettive, le paure sociali, le paure culturali che sono quelle che condividiamo con la nostra specie. Insieme a tutti gli altri individui di quel momento, noi le affrontiamo, le superiamo oppure ne restiamo vittime. L’inventario delle nostre paure è un po’ la cronologia della nostra vita, della nostra storia. Sicuramente lo è stato per me».

Ovviamente, la più grande di tutte le paure è quella di morire ma ce ne sono tante altre che si declinano in ogni aspetto della vita umana e ciascuno le filtra attraverso la lente della propria storia e sensibilità, osserva l’autrice: «La paura della morte è paura originaria, primigenia, assoluta che non può neppure essere pensata perché la morte è il nostro fine ed è quasi inimmaginabile pensare ad essa, che cos’è per noi, per ciascuno di noi. È qualcosa che naturalmente condividiamo con tutte le specie animali, e per certi versi anche vegetali. I filosofi sono convinti che solo noi, però, come specie umana, sappiamo di dover morire anche prima di fare l’esperienza della morte. Essi pensano, perlopiù quasi tutti, che soltanto l’uomo ha questa prerogativa, mentre gli animali hanno timore della morte specifica nell’imminenza del pericolo» conclude la Mazzucco.

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