Cir, i Btp esentasse per i piccoli risparmiatori

La prossima legge di bilancio potrebbe contenere una novità che, secondo il Governo aiuterebbe a compensare la catastrofica fuga degli investitori dai nostri Buoni del Tesoro. Sono Btp esentasse pensati per i piccoli risparmiatori

I mercati e le istuzioni economiche finanziarie bocciano il Def annunciato dal Governo e sale la preoccupazione per il debito italiano. Se la manovrà resterà invariata, piazzare i titoli di Stato sarà sempre più difficile, e per riuscirci bisognerà alzare il rendimento.

Ecco allora che spuntano i Cir, cioè i Conti individuali di risparmio. Si tratta degli strumenti esentasse che il Governo sta mettendo a punto per convogliare il risparmio dei cittadini verso i titoli di Stato, in maniera da aumentare la percentuale di debito pubblico in mani non straniere e per finanziare il settore delle infrastrutture, dalle grandi opere agli interventi di manutenzione.

Probabilmente, ma ancora è tutta da vedere, saranno inseriti nella manovra di bilancio in lavorazione. Per renderli appetibili, anche ai piccoli risparmiatori e alle famiglie, saranno previsti alcuni vantaggi fiscali. I rendimenti, ad esempio, non saranno tassati. E si potrà dedurre dalle tasse il 23 per cento del capitale investito. Sul mercato, sempre stando a indiscrezioni di stampa, dovrebbero comparire dal primo gennaio dell’anno prossimo.

Che cosa sono i Cir. E quanto si investe

L’oggetto dell’investimento in Cir sono i «titoli di Stato e similari emessi, al fine del consolidamento, miglioramento e sviluppo delle infrastrutture» con «vincolo di acquisto all’emissione e possesso fino a scadenza».

Le cifre richieste sono abbordabili. Si prevede che ogni persona possa destinare ai Conti individuali Bpt, Bot e simili fino a un valore massimo di 3 mila all’anno – una soglia che potrebbe essere gradualmente alzata – e di non più di 90 mila euro complessivo. Il tetto del corrispettivo globale di emissioni di titoli esentasse sarà di 15 miliardi annui.

Cir: vantaggi e incentivi

A far presa sui risparmiatori potrebbero essere anche altri vantaggi, sempre da confermare e tradurre in concreto: la possibilità di alimentare i Cir con i bonus erogati dal datore di lavoro (che potrebbe a sua volta dedurre l’intero ammontare maggiorato del 40 per cento) e di conferirvi il Tfr (con lo stesso trattamento fiscale agevolato dei fondi pensione), la facoltà di intestarli a un minore e la non applicazione delle imposte di donazione o successioni (sempre che le somme impegnate si lascino investire per almeno 18 mesi). La cessione prima della scadenza farà perdere i benefici.

Costi di gestione ridotti al minimo

Chi sottoscriverà i Conti individuali di risparmio – stando a quanto è stato anticipato – dovrà pagare unicamente i costi di amministrazione, gestione e consulenza, per i quali è previsto un tetto massimo dello 0,15 per cento del valore dell’investimento. All’ingresso, lo Stato garantirà anche un credito d’imposta del 3,5 per cento (0,5 per cento per le somme vincolate all’acquisto di titoli per 12 mesi). E i Cir, ulteriore incentivo all’acquisto, non potranno essere pignorati o sequestrati.

Chi proporrà i Conti individuali di risparmio

I Conti individuali di risparmio potranno essere offerti ai risparmiatori da tutti gli intermediari finanziari, cioè da tutte le banche e da tutte le società autorizzate, oltre che da Consob e Bankitalia. Per godere dei benefici, andranno mantenuti in portafoglio fino alla scadenza naturale. Le formule – almeno nelle previsioni – saranno quattro: Cir ordinario, Junior Cir, Cir lavoro dipendente e Cir Tfr.

Le perplessità dell’Unione nazionale consumatori

Giuseppe Mermati, responsabile del settore credito dell’Unione nazionale consumatori, è più che perplesso. “Ogni giorno – dice – si sente una cosa nuova. Il giudizio sui Conti resta sospeso, finché condizioni e clausole non saranno scritte nero su bianco su documenti ufficiali. Se i Cir fossero così semplici ed efficaci, come raccontano le indiscrezioni giornalistiche, viene da chiedersi perché non esistano da tempo. Li avrebbero già adottati, da anni. Invece non è così”. E c’è una perplessità, su tutte: “I risparmiatori attratti dai vantaggi, posto che davvero ci saranno, potrebbero essere indotti a vendere altri titoli di Stato per acquistare questi nuovi strumenti. Quali ricadute ci sarebbero sul debito pubblico?”.

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