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Stipendi, salari e anticipi: stop ai pagamenti in contanti

Da luglio entrano in vigore le nuove norme per contrastare il lavoro nero e le aree grigie. Il pagamento degli stipendi dovrà essere tracciabile. Restano esclusi i lavoratori domestici. Ecco tutte le novità

Arginare lo sfruttamento di manodopera in nero e le aree grigie. Far cessare la prassi degli straordinari fuori busta. Evitare abusi e comportamento fraudolenti. Consapevolizzare i lavoratori. Dal primo luglio 2018 scatta il divieto di pagare in contanti retribuzioni e stipendi e anche eventuali anticipi. Saranno ammessi solo pagamenti tracciabili, così come ha stabilito l’ultima legge di Bilancio, approvata nella scorsa legislatura. Restano fuori dal perimetro delle nuove norme  pochissime categorie di lavoratori, in primis colf, badanti e baby sitter.

Come e dove andranno pagati gli stipendi

L’Ispettorato nazionale del lavoro ha dato indicazioni per la declinazione in concreto del nuovo sistema. I versamenti dei salari – con le pochissime eccezioni indicate – potranno essere effettuati tramite posta o banca nelle sole modalità previste, elencate in una nota ad hoc dell’Ispettorato nazionale del lavoro:

– bonifico su conto corrente con codice Iban indicato dal lavoratore;

– pagamento in contanti direttamente in banca o alla posta, solo se il datore di lavoro ha aperto un conto concorrente di tesoreria con mandato di pagamento;

– tramite assegno bancario o circolare, consegnato direttamente al lavoratore o a un suo delegato (il coniuge, al convivente o altro familiare o affine del lavoratore, comunque con età sopra i sedici anni, solo nei casi di comprovato impedimento);

– altri strumenti per i pagamenti elettronici.

Chi è incluso e chi è escluso dai versamenti tracciati

Lo stop ai pagamenti in contanti riguarda tutti i rapporto di lavoro subordinato indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto. Dunque, scatta per:

– contratti a tempo pieno e part time;

– rapporti di lavoro a tempo indeterminato e determinato;

– contratti di apprendistato;

– tutte le altre forme di lavoro flessibile (contratto a chiamata, job sharing ecc.);

– soci lavoratori di cooperative con contratti subordinati;

– committenti di collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co).

Il divieto non è stato invece introdotto per i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni e per i lavori domestici.  Restano esclusi anche  i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale.

La firma non vale più come prova

La firma messa dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. Non basta cioè che il dipendente sottoscriva il cedolino, attestando di aver incassato il dovuto. Farà fede la traccia del pagamento, non altro.

Stipendi in contanti, queste le sanzioni

I datori di lavoro o committenti che non rispettano i nuovi obblighi sono punibili con una sanzione amministrativa da 1.000 euro a 5.000 euro. La violazione si compie sia quando non vengono usati mezzi di pagamento tracciabili per il pagamento delle retribuzioni, sia se i sistemi leciti sono utilizzati in maniera elusiva. Qualche esempio? Il principale fa un bonifico, poi lo annulla. Oppure paga con un assegno e si fa restituire in contanti, dal dipendente, una parte della somma. O, ancora, emette un assegno e subito dopo lo ritira. I controllori, dunque, verificheranno due cose: che il datore di lavoro abbia disposto correttamente il pagamento del salario e che il tutto sia andato a buon fine.

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