prosciutto e parmigiano sotto accusa

Nessuna accusa per prosciutto e parmigiano

L'Oms smentisce la notizia che è circolata in questi giorni e che anche noi abbiamo ripreso: nessuna lista nera per i prodotti made in Italy e nessuna etichetta né tassazione speciale. Il documento rilasciato dall'agenzia dell'ONU è semplicemente un monito generale a promuovere uno stile di vita e un'alimentazione più sani

*Aggiornamento del 20 luglio: questo articolo è stato modificato a seguito della smentita ufficiale dell’Organizzazione mondiale della sanità della notizia di martedì 17 luglio (fonte Ansa)

Ci siamo cascati anche noi di Donna Moderna. Si è infatti rivelata falsa la notizia, diffusa inizialmente da Il Sole 24 Ore e da noi ripresa con questo articolo, che alcuni dei prodotti tipici della dieta mediterranea (olio, pizza, prosciutto di Parma e Parmigiano Reggiano fra gli altri) fossero finiti sulla lista “nera” dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’agenzia dell’Onu che si occupa di salute. Nessuna etichettatura speciale né alcuna tassazione in vista per i prodotti tipici del made in Italy. Chiediamo perciò scusa a chi ci legge per non aver verificato correttamente la provenienza della notizia, che nelle ultime ore è stata ripresa da un gran numero di giornali italiani e da molti esponenti della politica e delle istituzioni.

Come ricostruisce Il Post, il documento alla base dell’articolo del Sole (non citato dal Sole stesso come fonte) sarebbe il rapporto Time to Deliver, pubblicato online lo scorso giugno, dove però non si fa mai esplicitamente cenno ai prodotti italiani né a eventuali sanzioni “contro” di essi. Il documento è infatti un più generale monito ai governi nazionali affinché si impegnino nella promozione di un’alimentazione e uno stile di vita salutari. Tra le indicazioni dell’Oms, si invitano i governi a collaborare coi produttori di «bevande non alcoliche e cibo» per «l’etichettatura e la regolamentazione della commercializzazione» di quegli stessi prodotti, quindi si suggerisce di «limitare la commercializzazione di prodotti non salutari ai bambini».

La battaglia dell’Oms per promuovere uno stile di vita e un’alimentazione salutari

Come scrive il Post, nel documento si accenna alla possibilità di migliorare le indicazioni sulle etichette per indicare la quantità di sale nei prodotti, ma non si menzionano mai prodotti specifici di sorta. La nutrizionista Diana Scatozza, che avevamo interpellato sulla questione, si era detta contraria alle «campagne di criminalizzazione di alcuni alimenti» ma per nulla sorpresa che sale e zuccheri fossero tra le preoccupazioni dell’Oms. L’Oms è da anni impegnata in campagne di sensibilizzazione contro gli alimenti ricchi di grassi saturi, sale, zuccheri e contro l’alcool e il fumo, al fine di ridurne il consumo e prevenire le malattie non trasmissibili, da quelle cardiovascolari a quelle metaboliche.

«Negli ultimi anni si è assistito a un aumento nel consumo di sale e zuccheri semplici, responsabili rispettivamente di malattie cardiovascolari e diabete. Ma ritengo che gli interventi da seguire siano altri. Due anni fa, per esempio, il ministero della Salute aveva condotto una campagna molto intelligente contro l’eccessivo consumo di sale, insieme ai panificatori. A differenza del Parmigiano o del prosciutto, infatti, è il pane ad essere consumato quotidianamente e, insieme a cracker e grissini, contiene una elevata quantità di sale. Lo stesso vale per li alimenti che contengono molti zuccheri semplici» spiega l’esperta.

Come migliorare l’alimentazione?

«Occorrerebbe ridurre il consumo di pane e prodotti da forno, così come ciò che si mangia con gli aperitivi, che ha una quantità enorme di sale, o ancora diminuire drasticamente l’uso di salsa di soia, che è entrata nell’uso comune ed è un vero concentrato di sodio, oltre a contenere glutammati di sodio. Io lo vedo anche con le mie pazienti: la tendenza a mangiare giapponese sta aumentando e con essa il consumo di sushi (anche 2 o 3 volte alla settimana), spesso letteralmente inondato da salsa di soia» dice la dottoressa Scatozza. «Il consiglio, dunque, è a non demonizzare certi alimenti, ma piuttosto certi condimenti» consiglia l’esperta.

La giusta dose di sale

E a proposito di Parmigiano e Grana Padano: «Si tratta di cibi sani, naturalmente se consumati nelle giuste dosi. Il parmigiano apporta calcio e vitamine, è facilmente digeribile e non ha lattosio, quindi è adatto anche a chi è intollerante. Non è certo un cubotto di questo formaggio a causare un eccessivo apporto di sale. Bisogna prestare attenzione alle abitudini alimentari: al ristorante, per esempio, la prima cosa che spesso si fa è salare le pietanze, mentre non ce ne sarebbe bisogno. Anche a casa sarebbe meglio imparare a cucinare con meno sale e più spezie. Quelli della dieta mediterranea sono alimenti nobili e utili, non vanno eliminati né colpevolizzati, mentre andrebbero considerati altri cibi di uso comune» spiega Diana Scatozza.

E la pizza?

Un’altra nota dolente riguarda la pizza. Già in passato è stata ritenuta un cibo poco “sano” e troppo calorico, ma anche in questo caso occorre distinguere: «Sulla pizza si apre un mondo: bisogna vedere se è fatta in casa o comprata fuori e, in questo caso, dove. Occorre poi distinguere quale tipo di pizza (margherita o 4 formaggi, con mozzarella o senza?) e con che frequenza la si mangia (un conto è mangiarla una volta alla settimana, un altro è tutti i giorni)».

Piatti e sughi pronti

«Un altro esempio sono i piatti e i sughi pronti. Complice la vita frenetica, sono ormai una minoranza coloro che si preparano un piatto di pasta tradizionale, condito con un semplice sugo di pomodoro, mentre cresce il numero di persone che ricorre ai piatti già pronti, magari surgelati, o ai sughi pronti, nei quali la quantità di zuccheri o sale è elevatissima. Occorrerebbe ripartire dal ritorno ad abitudini alimentari più sane» conclude l’esperta.

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