Meghan Markle in una foto del 2018 che lascerebbe pensare all'alopecia areata, la malattia di cui po

Meghan Markle in una foto del 2018 che lascerebbe pensare all'alopecia areata, la malattia di cui potrebbe soffrire e che sembra ricomparsa adesso

Alopecia, se colpisce le donne

L'alopecia areata è una malattia molto diffusa tra le donne, con gravità diversa. Ecco cos'è esattamente, come si può trattare, perché si può ripresentare e le associazioni a cui chiedere aiuto

Sembra che Meghan Markle stia perdendo di nuovo i capelli. Incalza il gossip: colpa dello stress, si dice da tempo. Nel suo caso sarebbe credibile. Sì, ma fino a un certo punto. Chi di noi non è stressato? Allo stress ormai si attribuisce la causa di tutti i malanni. Ma, se ci pensiamo, mica tutte le persone stressate perdono i capelli. Invece quasi tutte le persone stressate sviluppano vari disturbi perché sì, questo è vero, lo stress è come un interruttore che accende delle lampadine.

Cosa c’entra lo stress con i capelli

Le lampadine sono il nostro Dna, il codice genetico che ci portiamo dietro dalla nascita e ci hanno trasmesso, nel bene e nel male, le generazioni passate. Con un’altissima probabilità (non possiamo confermarlo al cento per cento perché non ci è dato parlare con il suo medico) anche Meghan soffre di alopecia areata. Potrebbe essere questa la sua lampadina, e lo stress l’interruttore che la accende a fasi alterne, come infatti è stato finora.

Cos’è l’alopecia areata

Ognuno ha il suo stress. Quello di Meghan ha un peso specifico con cui forse noi non faremmo volentieri a cambio. Di sicuro però molte persone condividono il dramma alla base di questa malattia, perché di malattia si tratta, come ci conferma il dottor Cosimo Fasulo, specialista in Tricologia e Scienze cosmetologiche. «L’alopecia areata è una patologia del sistema immunitario. A un certo punto, a causa di eventi stressanti, oppure una forte infiammazione o una febbre alta, si producono anticorpi che non riconoscono più una parte del corpo, in questo caso il follicolo pilifero, e lo aggrediscono. Così il capello, spesso anche i peli, cadono». Una battaglia tra noi e il nostro corpo, insomma, dove a cadere sul campo – insieme all’autostima – sono capelli e peli, retaggi ancestrali di cui forse un giorno faremo serenamente tutti a meno ma che intanto siamo contenti di tenerci. Intanto scopriamo che possono ricrescere quando si riesce a sbloccare questa reazione autoimmune. «Una delle terapie più efficaci consiste nel creare una sorta di distrazione del sistema immunitario: si applica sul cuoio capelluto un cerotto con una sostanza (l’acido squarico) che provoca una sensibilizzazione capace di attirare lì il sistema immunitario e confonderlo, in modo che a venire aggredita stavolta sia la sostanza stessa e non più il capello». Si possono usare poi antistaminici, immunosoppressori, creme e schiume, cortisonici, per via orale o intramuscolo. Molto dipende dal grado della malattia e da quanto è invasiva. E anche le cure possono essere più o meno invasive. «Si stanno sperimentando per esempio delle sostanze che agiscono sull’espressione genica del Dna, ma in caso di sospensione si è visto che danno delle recidive».

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Esistono terapie, non cure definitive

Quella con l’alopecia areata sembra insomma una battaglia giocata sull’astuzia, dove però uno dei due ci ha tenuto molto a farci capire che ha la bomba nucleare pronta per esplodere. Il fatto è che per questa patologia esistono terapie, ma non cure definitive, cioè si può risolvere temporaneamente ma non sparire del tutto, cioè per tutta la vita: «In molti casi la remissione dura anche 15 anni, poi però è molto probabile che un altro evento scatenante, come un nuovo stress o un’infiammazione, la scatenino ancora. O magari no» ci spiega il dottor Fasulo. «E questo accade perché, in quanto malattia del sistema immunitario, è scritta nel nostro patrimonio genetico. Di fronte a certi fattori può comparire o meno. Non è detto che ciò accada (in qualche modo si può anche essere “portatori sani”) e la gravità può variare molto». Vale la pena curarsi, questo è certo, però non diciamo a chi ne soffre: «Non stressarti. Riposati». Nel loro caso il riposo avrà altri vantaggi, di sicuro non quello di far guarire dalla malattia, come conferma il medico. «Nelle persone predisposte, ridurre lo stress può aiutare ma non basta. Anche perché spesso, se non è questo a far cadere i capelli, può essere un altro fattore». Cerchiamo di evitare, insomma, quell’effetto colpevolizzante per cui sembra la presunta “debolezza” della persona a provocare questo problema anche perché molto spesso è davvero un fardello già troppo pesante da portare.

La malattia colpisce con gravità molto diverse

Se la gravità, infatti, è sempre un mostro con cui dover fare i conti, in questo caso il mostro è ancora più aggressivo perché a soffrire non è il corpo ma il tuo Io profondo: perdere i capelli impatta sull’immagine, sull’estetica, su quello che gli altri vedono subito di te e che oggi conta più di quello che non vedono, almeno in prima battuta. «L’alopecia può colpire con intensità diverse: almeno il 4 per cento degli italiani ne soffre in forma leggera, cioè a piccole chiazze. È frequente negli uomini nella zona della barba, dove si nota poco ed è anche più semplice da curare. In questi casi resta circoscritta. Quando colpisce i capelli può essere più o meno inclemente: si parla di alopecia diffusa se interessa il 60-70 per cento del cuoio capelluto, totale se provoca la caduta di tutti i capelli». Non riusciamo nenache a immaginare il trauma, soprattutto per le donne. Se infatti di un uomo diciamo tranquillamente che è calvo, una donna facciamo fatica a definirla così. Più che altro pensiamo subito a un tumore, un lutto, un brutto momento. E neanche osiamo chiedergielo. E invece nell’uno, due per cento delle donne può trattarsi proprio di alopecia che, in una gradazione ancora più intensa, può aggredire tutto il corpo. Ed è allora che si chiama universalis. Un aggettivo quasi nobilitante che in realtà si abbatte come una scure sul vivere quotidiano: si perdono le sopracciglia, anche a fasi alterne, prima una e poi l’altra, perfino le ciglia e i peli. Una muraglia da scavalcare per chi ne soffre, ma soprattutto per le donne e i bambini (sì, vengono colpiti anche loro).

Portare la parrucca non è così scontato

Anche se parecchio diffusa (le cifre sono sottostimate ma si può parlare di un milione e mezzo di italiani, tra forme meno gravi e forme più gravi), se ne parla ancora poco perché considerato un problema solo estetico. Si presenta certamente così, ma le ricadute sulla vita di chi ne soffre sono pesanti. Vero, si potrebbe commentare, però c’è sempre la parrucca. Una buona soluzione, da pagarsi comunque di tasca propria (non ci sono ancora esenzioni per questa patologia) e con cui convivere – scopriamo man mano – non è così scontato, soprattutto nell’infanzia e in adolescenza. Lo testimoniano le associazioni in cui si raccolgono le persone che ne soffrono, tra adulti e bambini.

L’associazione Alopecia Areata & Friends opera da anni su tutto il territorio e insieme all’Ospedale Sant’Orsola Malpighi ha ideato e promuove la giornata nazionale ALOPECIA AREATA DAY in 10 ospedali italiani. Nel 2020 la data è il 18 settembre. Il 31 maggio si svolge il raduno nazionale a Venezia, il 4 ottobre a Roma e il 29 novembre a Napoli.

ASAA (Associazione Sostegno Alopecia Areata) è specializzata nell’assistenza alle famiglie.

Infine, da segnalare il gruppo su Facebook Alopecia & Co, nato da poco e in evoluzione.

Qui si possono trovare informazioni pratiche e sostegno psicologico, non tanto per stressarsi di meno ma per riuscire a convivere con lo stress che questa malattia provoca.

Il riferimento medico per la malattia è la Società Italiana di Tricologia.

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