L’andropausa esiste ma è ancora tabù

Molti disturbi degli uomini sopra i 50 anni sono provocati dal calo del testosterone. Non si tratta di vecchiaia ma di andropausa, che si può prevenire e contrastare. Una nuova molecola appena scoperta, poi, può aprire la strada a un farmaco molto efficace

Noi donne abbiamo la menopausa, gli uomini l’andropausa. Nelle donne è legata alla diminuzione degli estrogeni e del progesterone, negli uomini al calo del testosterone. Gli ultimi studi dimostrano che questa diminuzione riguarda almeno un terzo dei maschi sopra i 50 anni, ma già dopo i 40 l’attività dei testicoli – da cui dipende la produzione di testosterone – diminuisce. Solo che parlare di andropausa – e parlarne agli uomini – oggi è ancora tabù. 

L’andropausa è legata al calo del testosterone

Lo conferma il professor Carlo Foresta, docente di Endocrinologia all’Università degli studi di Padova, che con la Fondazione Foresta onlus sta promuovendo la campagna Non mollare l’osso, dedicata proprio agli uomini e alla prevenzione dei disturbi legati a questa fase della vita, a partire dall’osteoporosi. «L’uomo non presta alcuna attenzione alla prevenzione, per questo più di frequente soffre di obesità, ipertensione e malattie metaboliche. Tant’è che muore in media cinque anni prima della donna. Dopo i 50 anni, un terzo dei maschi assiste al lento declino del testosterone ma tutti i problemi che derivano da questo, vengono genericamente etichettati come “vecchiaia” e, così, spesso, ignorati o trattati singolarmente, senza una visione d’insieme: osteoporosi, ipertensione, depressione, disturbi del sonno, diabete, riduzione del desiderio sessuale, problemi di erezione, cambiamento dell’umore, riduzione della massa muscolare». Disturbi che, invece, in moltissimi casi sono legati al calo del testosterone che si può prevenire e contrastare. Un pacchetto di problemi, insomma che, se gestito per tempo, potrebbe diventare meno pesante.

Al massimo gli uomini vanno dall’urologo (ma sono già malati)

Una pillola miracolosa non esiste, come non esiste per la menopausa però, se presi per tempo, questi sintomi si possono alleviare e molti anche prevenire. Anche gli uomini, per esempio, vanno incontro all’osteoporosi: «Ma su mille persone che si sottopongono alla densitometria ossea, l’esame per valutare la salute dell’osso, solo 50 sono maschi. È vero che l’osteoporosi colpisce di più il genere femminile ma gli uomini muoiono in misura maggiore per le fratture provocate dalla fragilità ossea». Insomma, anche i maschi dovrebbero occuparsi della salute delle proprie ossa, ma non solo. Dovrebbero cominciare a prendersi cura di sé a 360 gradi, soprattutto col passare degli anni. Il problema vero è che non vanno dall’andrologo, che rappresenta l’equivalente del ginecologo per noi donne. Oppure ci vanno quando iniziano ad avere problemi alla prostata, e in questo caso – comunque – lo specialista che li assiste diventa l’urologo. «In realtà, quando accusano i sintomi, in genere significa che la malattia è già in corso» spiega il professore. «Invece l’ipertrofia prostatica (cioè il problema principale e più “visibile” legato al passare degli anni) si potrebbe prevenire perché a sua volta è frutto di un’infiammazione più generale o altri problemi che si potrebbero prendere per tempo, quindi evitare. Basterebbe una visita andrologica con un esame del sangue specifico per capirlo».

Come si cura oggi l’andropausa

Esistono già dei rimedi efficaci per i sintomi legati al calo del testosterone, una sorta di terapia ormonale sostitutiva, come per noi donne. «È a base di vitamina D, che stimola il metabolismo, oppure di testosterone stesso, da prendere con iniezione intramuscolare o come gel da spalmare sulla pelle. Ci sono anche farmaci specifici che controllano direttamente le alterazioni del metabolismo, come l’iperglicemia o l’ipercolesterolemia» spiega il professor Foresta. Una scoperta appena realizzata da un gruppo di ricerca dell’Università di Padova coordinato proprio dal professore, però, potrebbe aprire una nuova frontiera nella prevenzione dell’andropausa, e portare a un farmaco mirato sul testosterone. «Abbiamo dimostrato che l’osteocalcina, una proteina prodotta dall’osso, è in grado di mantenere in attività e stimolare la produzione di testosterone e di vitamina D e di stimolare anche l’insulina, tutte sostanze che col passare degli anni diminuiscono. Questa proteina si lega ad un recettore specifico. Abbiamo isolato e sintetizzato un piccolo frammento di osteocalcina che interagisce e attiva i meccanismi di questo recettore. Il frammento (peptide) è risultato essere in grado di determinare gli stessi effetti dell’osteocalcina sull’osso, sulla secrezione di insulina, sulle cellule adipose e sulla produzione di testosterone». In pratica, un farmaco che, alzando i livelli di testosterone, avrebbe ricadute positive su tutto il resto, dall’osteoporosi all’obesità alle disfunzioni sessuali.

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