Primi raffreddori: cosa fare?

Distanziamento sociale, lavaggio delle mani, ingressi contingentati. Sono alcune delle regole applicate anche a scuola per proteggere i bambini dall’infezione da Covid-19. E funzionano, come era emerso dai primi dati. In Lombardia nella prima settimana di ripresa delle lezioni scolastiche, erano stati solo sei su mille i bambini risultati positivi. Ma i problemi sono dietro l’angolo, pronti a farsi concreti con i primi freddi autunnali, quando starnuti, tosse e mal di gola saranno all’ordine del giorno. Ed è già previsto il caos: genitori alle prese con la richiesta di esecuzione del tampone naso-faringeo nei casi sospetti, come indicato nell’ultimo Dpcm, pediatri in tilt per la compilazione di certificati medici, obbligatori per la riammissione a scuola dopo un’assenza superiore ai cinque giorni. «L’obiettivo ora è quello di migliorare la gestione degli aspetti organizzativi» sottolinea Giuseppe Mele, presidente della SIMPE, la Società Italiana di Medici Pediatri. «Confidiamo quindi sull’arrivo dei test rapidi, dal momento che non è possibile attendere 4-5 giorni se non di più per l’esecuzione del tampone. E sull’introduzione dei termo-scanner all’ingresso di tutte le scuole d’Italia per la misurazione giornaliera della febbre. Va poi concluso il censimento dei bambini con problemi cronici di salute, come gli asmatici, gli immunodepressi, i soggetti con particolari problemi come l’allergia ai disinfettanti, per organizzare al meglio la loro presenza in aula, oppure le lezioni a distanza». Un bell’aiuto arriverà anche dalla presenza in tutte le scuole del Covid manager, una figura nuova che avrà, per esempio, il compito di tenere in isolamento in un aula il bambino sintomatico in attesa dei genitori. Che quest’inverno dovranno comunque confrontarsi con dubbi e incertezze quando i figli si ammalano. Con l’aiuto degli esperti cerchiamo di fare di chiarezza.

Come distinguere i malanni di stagione dal Covid

Persino il Cdc, il Centro americano di controllo e prevenzione delle malattie, ha stilato una tabella per aiutare mamma e papà a districarsi tra i sintomi del raffreddore, dell’influenza e dell’infezione da coronavirus. Questo, non per l’autodiagnosi, attenzione, ma per essere il più espliciti possibile con il pediatra durante il triage telefonico. «Il disturbo più importante che caratterizza anche nei bambini l’infezione da Covid è la difficoltà a respirare» spiega il dottor Mele. «E, visto che è lo stesso sintomo dell’asma, se il bambino ne soffre è bene confrontarsi in anticipo col pediatra ed eventualmente modificare la terapia, in modo da allontanare una fonte di ansia». Un altro buon metro di misura è l’associazione dei sintomi: se sono presenti solo naso che cola e starnuti può essere raffreddore, mentre si può trattare di parainfluenza in caso di mal di pancia, vomito e diarrea. A far pensare al Covid può essere sicuramente la febbre quando sale oltre i 37,5. «Qui può essere il caso di richiedere il tampone oppure di tenere sotto controllo ancora per un paio di giorni il bambino» sottolinea l’esperto. «Certo, se in più si manifesta il mix di sintomi più caratteristico del Covid, cioè tosse secca, perdita del gusto e dell’olfatto e magari anche congiuntivite o disturbi gastrointestinali, va fatta subito la richiesta senza attendere oltre».

Come funzionano i test rapidi

Saranno decisamente meno traumatici per i bambini i nuovi test attesi a breve. Il primo test si esegue sulla saliva e in tre minuti consente di diagnosticare l’infezione. L’altro, con un prelievo effettuato con il tradizionale tampone naso-faringeo, in 12 minuti permette di scoprire sia la positività sia la presenza di anticorpi. Nel frattempo però per la diagnosi c’è solo il classico tampone. E i dubbi sono tanti. A partire dalla procedura che viene attivata quando il bambino non sta bene. «La richiesta di tampone alla ASL viene effettuata dal pediatra e dovrebbe essere eseguito entro 48 ore» dice Isabella Mori di CittadinanzaAttiva che alla scuola ha dedicato sul sito una sezione del dossier-Covid. «Nel frattempo, ma la regola è in evoluzione, la famiglia deve rimanere a casa in isolamento fiduciario, così come i compagni di classe e gli insegnanti. Se il tampone è negativo, è a discrezione del pediatra chiederne un secondo a distanza di qualche giorno». Esiste una difficoltà, però: il tempo di attesa per l’esecuzione del test, che può superare anche la settimana. «Per accelerare i tempi è possibile rivolgersi a un Centro privato accreditato, a patto che sia riconosciuto dalla Regione» aggiunge la dottoressa Mori. «Per saperlo, è bene verificare presso la propria ASL l’elenco dei Centri e tenerne una copia a portata di mano in caso di necessità. Sarà poi il laboratorio a condividere i risultati con la ASL». Va chiarito infine che per il tampone non ci sono limiti di età. Se il pediatra lo ritiene necessario, viene fatto anche ai bimbi molto piccoli.

A chi serve la vaccinazione antinfluenzale

Distinguere la normale influenza dal Covid-19 non è così semplice perché sono molto simili. Per questo, oggi si chiede che anche i piccoli vengano sottoposti alla vaccinazione antinfluenzale. Dall’altra parte due recenti studi su un totale 18 mila bambini, hanno messo in evidenza che è necessario vaccinarne 18-20 per averne uno senza influenza. «Bisogna confrontarsi con il proprio pediatra in modo da decidere sulla base dei fattori di rischio del bambino» sottolinea l’esperto. «Di certo, andrebbe fatta nel caso di bimbi con uno stato di salute vulnerabile oppure con malattie croniche. La vaccinazione servirebbe anche al personale scolastico e agli adulti della famiglia perché più persone attorno al bambino sono vaccinate e minori sono le possibilità di contagio».