Quando il fidanzatino si piazza a casa nostra

Sempre più genitori si trovano a convivere con i partner dei figli. Una formula (“imposta” anche dal Covid) che sfida ruoli, regole e abitudini familiari. Come raccontano qui un padre e una madre

Non dite che per voi sarà diverso perché vi ci dovete trovare. Ora non riuscite a immaginarvi sul divano mentre di là dal muro vostro figlio (o figlia) è chiuso nella sua stanza con la fidanzata-fidanzato. Eppure succederà. Succederà addirittura che passerà con voi qualche weekend, poi una vacanza e poi magari vivrete insieme per un certo periodo di tempo perché sarà più comodo per tutti, perché la distanza è tanta, perché meglio saperli a casa che chissà dove, perché così almeno li teniamo d’occhio, perché così lo/la conosciamo.

Il lockdown ha spinto le convivenze

Ospitare il partner dei figli adolescenti per parecchie famiglie a un certo punto diventa normale e con il Covid molte ci si sono viste “costrette”. «La pandemia ha fatto scavalcare dei passaggi a tutti lasciando che problemi puramente pratici (come gli spostamenti, le distanze, gli orari), si prendessero la responsabilità di rivoluzionare le nostre vite. E così noi genitori, per non vietare le visite, ci siamo ritrovati a dividere la casa con una coppia di fatto e loro a vivere il primo amore come una convivenza tra adulti». Bruno, ora che il lockdown stretto ha allentato la morsa, racconta dei mesi passati gomito a gomito con il fidanzato di sua figlia Anna, che adesso ha quasi 20 anni. Ne aveva 18 quando ha iniziato a vedere Matteo, un amore vissuto per lo più fuori casa. Finché il lockdown del 2020, mentre congelava la sfera sociale e relazionale, chiudeva in una bolla gli amori, dettandone le condizioni: o non vedersi più o andare l’uno a casa dell’altro. E così è stato. «Di fronte all’alternativa di impedire ai ragazzi di vedersi, abbiamo scelto il male minore, così lui si è fermato da noi. L’intimità del condividere gli spazi, il bagno, il frigorifero, le discussioni, è stata forse la cosa più difficile, più pesante del lasciarli dormire insieme. Quello era già successo quando lei certe serate, a furia di messaggini, spostava sempre più in là l’orario del rientro, di due ore in due ore, finché diventava mezzanotte e scriveva che si fermava a dormire da lui. Quella tappa, insomma, l’avevamo già vissuta, quindi immaginarli chiusi nella stanza non è stato un grande salto. Anche perché poi abbiamo capito che lo stesso imbarazzo che provavamo noi, lo provavano anche loro».

Le fantasie sessuali sui figli sono un problema nostro

I nostri fantasmi sono capaci di trasfigurare la realtà, ma è un problema nostro. «Le fantasie sessuali sui propri figli ci servono per tenerli agganciati a noi. Sono legate a quel momento in cui il bambino da piccolo diceva che voleva sposare la mamma e la bambina il papà. Ma ricordiamoci che la più grande dimostrazione d’amore è accettare che i figli si possano separare da noi senza fargliela pagare, anche inconsapevolmente». A scomodare l’inconscio è lo psichiatra e psicoterapeuta Federico Tonioni, che all’ospedale Gemelli di Roma è responsabile dell’ambulatorio per psicopatologia da web. Lì vede tanti ragazzi a cui il lockdown ha chiuso a chiave i sogni e il cuore, polarizzando la loro rabbia nella playstation. «Ben vengano l’amore e l’innamoramento: ai ragazzi che hanno problemi nelle relazioni io chiedo sempre se si sono mai innamorati. Dobbiamo sperarlo perché dietro a questo spazio che si concedono ci sono tante risorse e strumenti che possono giocarsi nella vita: la capacità di accettare un rifiuto, di nutrire l’autostima, di negoziare. Se ci troviamo a rimuginare sul divano mentre loro sono nell’altra stanza, domandiamoci piuttosto se siamo noi che ci sentiamo abbandonati e senza amore, e se stiamo chiedendo a nostro figlio/figlia il prezzo di un partner che magari si addormenta davanti alla tv».

Un nuovo tipo di famiglia

Di sicuro un’esperienza come la convivenza more uxorio di un figlio mette alla prova la coppia. «Su questa decisione bisogna essere lineati. Uno non può forzare l’altro o fare finta di andare d’accordo perché la prima volta che troviamo il bagno occupato più del dovuto o le scarpe in giro per casa, le finte regole saltano». Il dottor Tonioni ci spiega che per affrontare un cambiamento del genere, per quanto venga spontaneo, bisogna essere corazzati: «È come se la famiglia si allargasse perché ti ritrovi a fare il genitore anche dell’altro, ma non lo sei». E Bruno conferma: «Sei una specie di amico, quando però vieni tirato in ballo nelle loro discussioni, i ruoli si confondono: chi sei? Il papà di lei o l’amico di lui o il papà di entrambi? Insomma, non sai da che parte stare». E mentre quasi ti senti a disagio con il tuo, di figlio, l’altro ti viene da viziarlo o addirittura da allearti con lui/ lei. Con il rischio di far sentire tuo figlio meno figlio. «I genitori – anche tappandosi il naso – devono sapere che stanno sperimentando un modello mai visto. Per loro questa è una nuova avventura». La psicoterapeuta Umberta Telfener, che ha appena scritto Primi amori. Uno, nessuno, centomila (Il Mulino), prova a dare consigli. «L’importante è capire che si tratta di una sperimentazione, quindi non vedere i ragazzi già sposati, non affezionarsi troppo e soprattutto non diventare amici dei “suoceri”: dopo, tornare indietro sarebbe difficile».

L’intimità oggi è immediata

Oggi già a 15 anni i ragazzi frequentano le rispettive abitazioni, anche dormendoci una tantum. «Prima» dice l’esperta «si cercava la persona “giusta”, ora ci si sceglie in base a ciò che accade e si cercano dopo i punti di contatto. L’intimità adesso è tanta, subito, e le prime esperienze sono organizzate dal sesso libero, dal bisogno di compagnia e di riconoscimento, dall’urgenza di un appoggio». Non è detto che bruciare le tappe sia deleterio. «La verginità non è più un valore ma un peso, da scrollarsi il prima possibile. E se per noi adulti il primo rapporto avveniva qualche anno dopo il risveglio sessuale, per i ragazzi che dormono subito insieme risveglio e debutto sessuale coincidono: tutto insomma è molto più precoce» dice l’esperta. Ma questa intimità totale fa paura più ai genitori che ai figli. «Federico e la ragazza si sono lasciati dopo tre mesi di questo esperimento perché lui diceva che si sentiva sposato» racconta Martina, mamma di Federico, che aveva 20 anni quando la sua ragazza è stata ospitata, data la distanza in km tra i due. «Io me li immaginavo disperati e invece adesso si sentono da amici e penso che si vedano a volte come una coppia. Insomma, che facciano sesso».

I ragazzi non si sentono impegnati

Per i ragazzi sesso e amore possono stare separati, anzi: la coppia è considerata faticosa e un esperimento come questa convivenza non apre per forza la strada a un futuro insieme. «Molti mi raccontano che hanno amici/amiche con cui ogni tanto hanno rapporti, senza essere impegnati» dice la psicologa. «Molte volte ho la sensazione che per loro “fare sesso” (perché non dicono “fare l’amore”) sia come lavarsi i denti». Anna e Matteo però stanno ancora insieme, anche passata la convivenza stretta del Covid. Hanno resistito, insomma. «La paura più grande» dice papà Bruno «è come lei un giorno possa accettare un abbandono. Intanto, l’anno prossimo andrà all’estero, così saranno un’altra volta le circostanze esterne a decidere per noi».

Com’è quindi il primo amore, oggi?

Insomma, il primo amore oggi ha il senso di una volta o è un mito tramontato? La psicoterapeuta Umberta Telfener se lo chiede nel suo nuovo libro, partendo dai primi amori nella letteratura e nelle ultime serie tv fino alle storie di ragazzi che ha incontrato l’anno scorso. La risposta alla domanda? Il primo amore come tempesta oggi non esiste più perché nella realtà i ragazzi cercano amori “calmi”, salvo poi annoiarsi. Ma soprattutto restano delusi perché mettono sullo stesso piano amore e intimità, per cui già la prima sera ripongono tutte le loro aspettative dall’incontro sessuale. Ed è qui l’errore – sostiene l’autrice – perché l’estraneità e la mancanza di relazione non potranno che rendere questo incontro al massimo soddisfacente, certo non magico.

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