Guanti: quanto ci proteggono

Servono oppure no? Anche l’Oms frena sull’utilità e anzi avverte: potrebbero aumentare i rischi di contagio, a meno che non si lavori in un centro medico o al supermercato. Per il resto, basta lavarsi bene le mani

L’Istituto Superiore di Sanità lo aveva chiarito, fin dallo scorso 16 marzo, ora anche l’Organizzazione mondiale della Sanità: i guanti non solo potrebbero non servire a proteggerci dai contagi, ma rischiano di aumentarli. Quando e chi dovrebbero indossarli, allora? Ha senso mettersi anche il gel sopra ai guanti? È sufficiente igienizzare le mani?

Servono o non servono

Servono, anzi non servono, o forse servono solo in certe occasioni e soltanto a qualcuno. Dopo le mascherine anche i guanti finiscono al centro delle polemiche e soprattutto della confusione sull’uso che se ne dovrebbe fare. Fino a poche settimane fa non si poteva entrare nei supermercati se non dopo aver indossato i guanti in dotazione (anche sopra a quelli portati da casa) e previa igienizzazione delle mani. Poi molti punti vendita hanno deciso di derogare, limitandosi all’obbligo di uso nel reparto ortofrutta, esattamente come si faceva prima dell’emergenza sanitaria. Eppure in molti studi medici, come da dentisti o fisioterapisti, durante il triage telefonico alla vigilia delle visite, viene richiesto di arrivare con i propri guanti e mascherina: «Arrivare con i guanti è un grosso errore. Casomai si dovrebbero fornire, nuovi, all’arrivo del paziente. Se invece si entra indossandoli già, magari dopo essere stati in autobus e aver toccato le superfici, si rischia di infettare ancora di più. Neppure igienizzare i guanti con il gel all’ingresso è una pratica corretta perché l’alcol danneggia i materiali di cui sono composti. In ospedale, per esempio, si devono cambiare ad ogni cambio di paziente. Per chi non lavora in ambiente sanitario è sufficiente lavarsi bene le mani o usare un gel» chiarisce Paolo D’Ancona, epidemiologo dell’Istituto Superiore di sanità.  

Dove e quando ha senso usarli

L’Organizzazione mondiale della Sanità in un documento appena reso pubblico non raccomanda l’uso di guanti, anzi lo sconsiglia perché darebbe un falso senso di sicurezza e protezione. Come riportato dall’ente «possono aumentare il rischio di infezione, dal momento che può portare alla auto-contaminazione o alla trasmissione ad altri quando si toccano le superfici contaminate e quindi il viso»: «L’Oms si è avvicinata alle nostre posizioni, così come ha fatto con le mascherine. I guanti servono solo quando, per qualsiasi motivo, non mi posso lavare le mani. Possono essere utili nei negozi e supermercati perché i clienti potrebbero non essersi igienizzati in modo accurato e potrebbero venire in contatto col virus (o contaminare) le superfici toccandole: per gli addetti è più semplice identificare chi non indossa i guanti invece che controllare che nessuno tocchi la merce» spiega l’epidemiologo D’Ancona, che però aggiunge: «L’efficacia delle misure di protezione dipende da come le si adottano».

Come indossarli e quando igienizzarsi

«Un’igienizzazione con poco liquido potrebbe non essere efficace. Se fatta bene, invece, è più che sufficiente e i guanti non servono. Se però li si indossa (o li si deve indossare per accedere nei negozi) bisogna ricordare che occorre igienizzare le mani prima di indossarli» spiega l’epidemiologo. L’Iss ricorda che non devono venire a contatto con bocca, naso e occhi, e devono essere cambiati (mai riutilizzati) quando sono sporchi. Massima attenzione anche quando si tolgono: «Bisognerebbe tirarli dalle dita e poi rovesciarli su se stessi. Oppure semplicemente lavarsi subito le mani» dice l’epidemiologo Paolo D’Ancona. Il sito dell’Iss spiega che occorre farlo per almeno 60 secondi.

A chi servono

Ma dove e per chi sono necessari, allora? «In alcuni contesti lavorativi, come per esempio personale addetto alla pulizia, alla ristorazione o al commercio di alimenti» spiega l’Iss, che li ritiene «indispensabili nel caso di assistenza ospedaliera o domiciliare a malati». «Il contesto è completamente differente: in ambito sanitario rappresentano una precauzione generale indipendentemente dal Covid-19 e servono per tutte le infezioni correlate all’assistenza» dice l’esperto.

Quali guanti scegliere?

Chiunque se n’è accorto: acquistare guanti monouso è diventato impossibile sia nei supermercati che nelle farmacie o nei negozi di bricolage, dove tradizionalmente erano in vendita. Anche online occorre attendere almeno una decina di giorni per la consegna. Ma quali ordinare? Sul mercato ne esistono fondamentalmente di tre tipi: in lattice, in nitrile o trasparenti, come quelli dell’ortofrutta, realizzati in polietilene. I primi sono in materiale biodegradabile, ottenuti dalla pianta della gomma, ma hanno il limite di essere allergizzanti per alcuni soggetti. Proprio come quelli in nitrile (materiale sintetico di origine plastica) sono perfettamente aderenti e non limitano la manualità. Quelli in polietilene, trasparenti e più larghi, sono invece più scomodi: «Dal punto di vista della protezione, però, non cambia nulla. Chiaramente i guanti fatti a sacchetto rendono più difficile maneggiare gli oggetti» spiega Paolo D’Ancona.

Come si smaltiscono?

Tutti e tre i tipi sono smaltiti nella raccolta indifferenziata. Unica eccezione i prodotti in nitrile che, essendo a base di polivinilcloruro, noto come Pvc) possono essere buttati con la plastica. Il grande uso di queste settimane (che si aggiunge a quello precedente in settori come quelli sanitario o alimentare) ha sollevato dunque un problema di tipo ambientale. Secondo alcuni esperti, i guanti andrebbero classificati come rifiuti tossici, con lo stesso codice di assorbenti, filtri dell’olio o indumenti contaminati da sostanze tossiche (15.02.02*). Resterebbe, però, il problema del trattamento, per una generale scarsità di impianti per questo tipo di rifiuti.

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