Sanificazione negli ambienti di lavoro: come si fa

Uffici e aziende devono garantire un ambiente salubre in vista della riapertura. Intanto cresce il business delle imprese di pulizia che offrono preventivi al ribasso. Ecco come dev'essere la sanificazione, che prodotti vanno usati e come distinguere un intervento a regola d’arte

In vista della fase 2, la ripresa delle attività produttive rimaste chiuse, imprese, aziende e locali pubblici si stanno attrezzando per la sanificazione. Oltre alla pulizia quotidiana è necessario procedere a una vera e propria bonifica periodica, indispensabile in vista della riapertura. Stanno già sanificando gli ospedali ma anche gli uffici sempre rimasti attivi, devono naturalmente  farlo le imprese in cui si sono registrati casi di dipendenti positivi al Covid-19 ma anche le aziende e gli uffici a tutt’oggi chiusi e che tra poco devono riaprire.

Le aziende si impegnano a sanificare

Già il Dpcm del 1 marzo scorso esortava per la prima volta a sanificare gli ambienti di lavoro. Il 14 marzo scorso inoltre, sindacati e imprese hanno firmato con il Governo un protocollo a tutela dalla salute dei lavoratori negli ambienti di lavoro non sanitari. Non si tratta di una legge ma di un accordo, quindi si traduce in un impegno da parte dei datori di lavoro. Nell’intesa è specificato che l’azienda “assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica di locali, ambienti, postazioni di lavoro e aree comuni e di svago”.

Anche computer, mouse e tastiere vanno sanificati

Va garantita la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti in uffici e reparti produttivi. Occorre inoltre igienizzare eventuali spogliatoi, locali mensa e persino le tastiere dei distributori di snack. Dunque tocca ai datori di lavoro provvedere a proprie spese alla sanificazione rivolgendosi ad imprese di pulizia specializzate, pur potendo usufruire degli incentivi ministeriali.

La sanificazione in caso di positività

Nel caso di presenza di una persona positiva al Covid-19 in azienda o in un ufficio il protocollo impone di attenersi alle disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del ministero della Salute. Le stanze e le superfici devono essere prima pulite con acqua e detergenti comuni, dopo ripassate con candeggina, oppure alcool sulle superfici che si danneggiano con candeggina. Il locale dev’essere ventilato durante l’uso delle sostanze chimiche. Il personale deve sempre utilizzare mascherine, guanti e camice monouso (i famosi dispositivi di protezione individuale). Poi vanno pulite con molta attenzione le superfici che si toccano di più: muri, porte, finestre, servizi igienici. Eventuali tende, asciugamani e altri tessuti (per esempio se si tratta di un centro medico o centro benessere) devono essere lavati a 90 gradi con il detersivo. Le stoffe che si danneggiano a temperature alte, si possono lavare in acqua più fredda ma aggiungendo candeggina o prodotti a base di candeggina. Infine, il luogo di lavoro in cui si è verificata la positività deve restare chiuso per 24 ore. In seguito, tutte le persone presenti in azienda devono lavare le mani frequentemente con acqua e sapone e servirsi dei detergenti messi a loro disposizione.

Come si svolge la sanificazione?

«Dopo una pulizia accurata si procede con l’applicazione mediante l’utilizzo di panni monouso e atomizzatori dell’aria dei disinfettanti che sono ipoclorito di sodio (0,1-0,5% – l’amuchina per intenderci), etanolo (62-71%, l’alcol) o perossido di idrogeno (0,5%, l’acqua ossigenata) in concentrazione variabile a seconda della superficie da trattare» spiega Lorenzo Mattioli, presidente di Anip Confindustria, l’associazione di categoria delle imprese di pulizia. È lo stesso ministero della Salute nella circolare n. 5443 a spiegare nel dettaglio agli addetti come procedere. Tutte le operazioni di pulizia devono essere condotte da personale che indossa dispositivi di protezione individuale, da smaltire dopo l’uso.

Le sostanze davvero efficaci contro Covid-19

Le sostanze che abbattono il Covid-19 negli ambienti chiusi e negli spazi pubblici, come le strade, sono solo queste: disinfettante, alcool, acqua ossigenata. Le superfici vanno nebulizzate ma anche strofinate a mano. Ogni ambiente tuttavia va sanificato in base all’uso che se ne farà. «Mentre, ad esempio, una sala operatoria necessita di sterilità e massima disinfezione, per una camera di degenza potrebbe essere sufficiente una sanificazione delle superfici» prosegue Mattioli. «Le superfici orizzontali e verticali su cui è più necessaria la sanificazione sono i metalli, la plastica, gli infissi, le maniglie, le porte, il vetro, la carta e il cartone, i pavimenti e le pareti. Molto pericolosi sono gli ambienti chiusi, con poco ricambio di aria, come per esempio gli ascensori e i locali di piccole dimensioni».

Anche gli impianti di aria condizionata vanno sanificati

Sono importantissimi la qualità ed il trattamento dell’aria che viene immessa negli ambienti. «Occorre una vera e propria bonifica delle condotte aerauliche (impianti di ventilazione, areazione e condizionamento)» dice l’Anip. «Il primo passo da fare è valutare l’impianto ed effettuare tamponi per conoscere la presenza di cariche batteriche/virologiche presenti. Il secondo passo è quello di sanificare le UTA (unità trattamento aria) e tutte le condotte partendo da una video ispezione con robot e telecamera che ne attesta anche le condizioni interne per poi intervenire fisicamente con gli aspiratori e la sanificazione generale dell’impianto. Questo intervento andrebbe fatto spesso per mantenere l’aria che respiriamo sempre con una bassa carica batteriologica».

Il business della sanificazione

Nell’ultimo mese l’esigenza dei datori di lavoro di adeguarsi alle raccomandazioni ministeriali ha fatto schizzare alle stelle le richieste nei confronti delle imprese di pulizia. Un esempio: «Siamo passati da un solo intervento al giorno a cinquanta, con un costo medio che si aggira sui 500 euro per i piccoli uffici (ad esempio 75 mq), ma che varia in base alla tipologia e alla dimensione dei locali. Più grandi sono, più l’azienda risparmia» spiega Donato Celano, addetto di una grande impresa di pulizie milanese.

Com’è evidente la concorrenza tra le imprese si gioca soprattutto sul fronte dei prezzi. Per gli addetti ai lavori la sanificazione si è rivelato un grosso affare insomma. Un business ghiotto, in cui talvolta cerca di inserirsi anche personale non qualificato. «Bisogna diffidare delle imprese che propongono sanificazioni diverse dalle direttive ministeriali (ad esempio con l’uso dell’azoto, che a parità di costo, non è efficace), allettando i clienti con un costo più basso. Sono trattamenti in alcuni casi più economici, ma inefficaci» precisa.

Come capire se un’impresa sanifica secondo le regole

Non tutti i trattamenti sono uguali, dunque. Anzitutto è bene chiedere all’impresa di pulizie se si attiene al protocollo del 14 marzo scorso e alla Circolare n. 5443. «Dunque accertarsi di quali prodotti siano utilizzati (che devono essere disinfettante, alcol e acqua ossigenata) e con quale metodologia (bisogna strofinare e non solo nebulizzare, poi ventilare e procedere allo smaltimento corretto di guanti, madcherine e strofinacci)» prosegue l’impresa di pulizie. Diffidare insomma da chi si improvvisa, anche se ci propone un prezzo stracciato: «Da quando la sanificazione degli ambienti è diventata un business fiorente molte aziende che prima si occupavano di altro si sono riconvertite, e ora svolgono pulizie pur non avendone le competenze, appaltando i lavori ad artigiani e tuttofare» evidenzia Celano.

L’attestato di sanificazione

Le sanificazioni dovrebbero essere ripetute con una periodicità variabile. Maggiore è il rischio infettivo, maggiore sarà la frequenza con cui si deve operare. Le superfici toccate di frequente vanno pulite subito, come vediamo alle casse dei supermercati. La pulizia ordinaria e la sanificazione ordinaria vanno programmate in base al tipo di ambiente e di utenza, ad esempio alla presenza di casi positivi che possono aver contaminato l’ambiente o meno. Le imprese di pulizia spesso rilasciano un certificato al termine dell’intervento. Si tratta di un dettagliato rapporto sul lavoro svolto. Non è previsto dalla legge, ma nella prassi è utile a dimostrare di aver effettuato un intervento a regola d’arte, per esempio nei confronti dei sindacati dei lavoratori. Oltre ad essere garanzia di serietà serve per conservare una traccia dell’intervento in caso di controllo o monitoraggio.

Il bonus per imprese e professionisti

Tutte le aziende, ma anche studi professionali, negozi di estetiste e parrucchieri, centri benessere, in base al decreto Cura Italia (Decreto legge 18/2020), possono usufruire di un credito di imposta in riferimento alle spese sostenute nel 2020 per effettuare la sanificazione degli ambienti di lavoro anti coronavirus. Il bonus è pari al 50% delle spese effettuate, con un limite massimo di 20.000 euro per ciascun richiedente. Entro i prossimi giorni si attende il decreto attuativo in proposito.

Intanto, il recente decreto Liquidità (Decreto legge 23/2020) ha ampliato l’agevolazione fiscale estendendola all’acquisto di dispositivi di protezione individuale necessari a proteggere i lavoratori. L’agevolazione vale per procurarsi mascherine chirurgiche, mascherine Ffp2 ed Ffp3, guanti, tute, ma anche calzari, occhiali e visiere di protezione. L’Agenzia delle Entrate in una recente circolare (n.9/E) ha chiarito che nel trattamento agevolato rientrano anche barriere e pannelli protettivi per tenere distanti i dipendenti, detergenti per le mani e disinfettanti.

Un fondo ad hoc per gli uffici pubblici

Per quanto riguarda gli enti pubblici, il decreto Cura Italia ha istituito un fondo per la sanificazione degli ambienti di Province, Città metropolitane e Comuni da 70 milioni di euro. Gli uffici pubblici dovranno restare chiusi per almeno 24 ore se si verifichi un caso positivo al Covid-19 per sanificare e ventilare i locali.

Come saranno le vacanze al mare 2020

VEDI ANCHE

Come saranno le vacanze al mare 2020

Coronavirus: ci si può ammalare due volte?

VEDI ANCHE

Coronavirus: ci si può ammalare due volte?

Riproduzione riservata