Il mondo in una stanza

  • 03 04 2020

Maria Rosa Visentin è un'insegnante che vive a San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Anche lei come noi sta cercando di fissare in un diario quello che succede in questi giorni. Un diario fatto di attimi preziosi: abbracciare il figlio in una complicità ritrovata; tirare fuori dai cassetti le foto e gli album di famiglia. Riordinare la casa e mettere ogni cosa al suo posto diventa un rito necessario per ritrovare la forza di ripartire. Appena possibile, con più energia

Resto a casa, ho capito. Non uscirò, se non per fare la spesa. Con questa nuova consapevolezza mi stendo sul divano e rifletto, quanti giorni durerà questa storia? Stare da sola non mi spaventa, ho mille cose da fare, leggere, guardare film, serie televisive, esercitare la memoria con la settimana enigmistica, eppure la prima sensazione che provo è smarrimento. Mi mancano le consuetudini del lavoro, dell’uscire a fare una passeggiata con un’amica, del fare la spesa con calma. Ora sarà tutto diverso, dovrò fare i conti con questa nuova realtà. Starnutisco e in fretta alzo il gomito, questa piega raccoglierà le probabili goccioline infette, e guardo mio figlio seduto sul divano accanto a me.

La mia fantasia vola e immagino scenari apocalittici, una corsa contro il tempo in ospedale, la terapia intensiva, le mascherine verdi intorno a me, la mancanza d’aria, la gola che chiede ossigeno, l’affanno, i polmoni sfiniti. Guardo mio figlio con occhi spaventati, lui si alza e mi chiede Che c’è? Mi alzo anch’io e lo abbraccio, poso le braccia intorno al suo petto e appoggio il viso contro la sua schiena. Bacio con forza lo spazio tra le sue scapole e gli sussurro “Ti voglio bene”. Le nostre routine quotidiane sono fatte di una ritrovata complicità. Dopo le video-lezioni dell’università ci accomodiamo sul divano a gambe incrociate e giochiamo a carte. Scherziamo con battute spiritose, ridiamo, ci guardiamo negli occhi, pensiamo gli stessi pensieri. Cesare Pavese diceva “Si ricordano gli attimi, non i giorni.” Noi cosa ricorderemo di queste settimane infinite della quarantena forzata da corona virus?

Sto preparando un album di attimi da tenere con me, quando tutto sarà finito. Perché tutto finirà, ne sono sicura e con l’ottimismo che mi contraddistingue, penso che la nostra vita cambierà in meglio. Tutte le restrizioni di questi giorni ci hanno permesso di intendere che i nostri modelli di vita subiranno dei cambiamenti. Tutto il tempo che abbiamo avuto a disposizione ha regalato, in noi, il desiderio di fare cose nuove e la possibilità di pensare. Dal pensiero sono nate idee, progetti, sogni, e ci siamo resi conto che noi esseri umani, siamo anche questo! Ossessionati da un consumismo folle, affannati da una corsa costante contro il tempo, ora siamo confinati nelle nostre case, il nido del quale non avevamo più coscienza, a fare i conti con un tempo dilatato a nostra completa disposizione. Noi alla ricerca di spazi infiniti, noi dalla valigia sempre pronta per viaggi mordi e fuggi, noi sempre in movimento, ora dobbiamo fare i conti con il mondo in una stanza; noi senza tempo, ora abbiamo questo tesoro meraviglioso a disposizione.

Ricorderò il sapore di tutto questo. Ho guardato il cielo, al mattino, spostando la tenda, ho incrociato lo sguardo del vicino, che non conoscevo e ho scambiato un sorriso. Ho guardato la terra arata, pronta a ricevere i semi delle piante, ho visto le gemme, sui rami degli alberi, pronte a schiudersi. Non c’erano i rumori costanti delle auto ma udivo i canti degli uccelli che si rincorrevano nel cielo terso. L’aria lavata, mondata, priva di quello smog che ci toglie il respiro. Ora l’inquinamento ha ceduto il passo ad un nemico ancora più subdolo, nascosto, letale per centinaia di persone, purtroppo. Mi dedico alle faccende di casa con rinnovato vigore, mi aspettano tende, armadi, cassetti. Sembra che questa nuova vita ordini una casa più pulita, un ordine più rigoroso, e dentro questi gesti ci sono i riti di una ritrovata energia, quella che ci servirà per affrontare tutto questo. È un atto che sa di antico, prepararci, predisporci ad una nuova vita.

E nel fare questo, riordinare, ho trovato cose dimenticate, un diario del liceo con poesie appassionate, una conchiglia raccolta da mio figlio sulla spiaggia, la sabbia nera di un’isola esotica, raccolta in una bottiglietta. Ho ritrovato vecchie foto dei miei genitori. Le ho accarezzate sfiorando i contorni dei loro visi, sperando di sentire sui polpastrelli la morbidezza della loro pelle. Ho annusato l’odore di una vecchia vestaglia di mio marito e ho steso sul letto il mio abito da sposa. Ho contato i bottoni sulla schiena, rivestiti di raso di seta, e ho arieggiato la crinolina della sottogonna. Quanti ricordi! Ho trascorso un intero pomeriggio in compagnia del mio album del matrimonio e ho fatto il conto di quante persone ho perso in questi anni. Tante, troppe. E ho pensato alle persone che se ne sono andate in questi giorni, ho visto le immagini, in televisione, dei camion militari che portavano le bare e mi si è stretto il cuore. Il pensiero di queste anime volate via senza il conforto dei propri cari, senza il saluto di un rito funebre, mi ha addolorato. Dentro i ricordi ho trovato anche tutto il bene che ho ricevuto e che ho dato, ho trovato biglietti d’auguri di una vita intera e le foto di viaggi con persone che, negli anni, sono diventate la mia famiglia. Mi dedico alla cucina con fiducia, che è inversamente proporzionale a quella che provano i miei cari, quando mi vedono ai fornelli. Con il tempo e i giusti supporti tecnologici (il tablet collegato a Giallo Zafferano) anche una persona negata, come me, può sorprendere! Preparo i materiali per le lezioni dei miei bambini a scuola e imparo nuovi modi di interagire con loro, a me sconosciuti. Apprezzo tutte le possibilità che mi offre la tecnologia, gliene sono grata. Cerco di immedesimarmi nello spirito delle famiglie che hanno i bambini piccoli e spero che ritrovino nella semplicità dei gesti quotidiani tutta la bellezza del contatto con i loro figli, essi sanno regalare vere e proprie magie.

Adesso mi preparo per la notte. Infilo il pigiama, non mi devo struccare, che bella libertà ho trovato, in questi gesti, basterà solo la crema, ho imparato ad accettarmi senza trucco, nessuno mi vedrà. Ho imparato a convivere con questi occhi che, privati dell’ombretto e del mascara, mi parlano di semplicità, sono nudi come mi sento io, senza trucco. Non è voglia di ingannare ma è una sorta di coperta per tenermi al caldo, una sorta di protezione che mi difenda da giudizi sommari e superficiali. Ora non ne ho bisogno e, chissà, se dopo il corona virus ne avrò ancora bisogno o se questa lunga quarantena mi avrà regalato la libertà e la gioia di aver ritrovato un po’ me stessa!

(Maria Rosa Visentin)

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