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Endometriosi, i sintomi: come spiegarli ai medici

Il 28 marzo è la Giornata dell’endometriosi, malattia ancora difficile da diagnosticare anche perché non è facile individuarne i sintomi. Qui ti aiutiamo a conoscerli

L’endometriosi rimane una delle patologie femminili più difficili da diagnosticare. In media si calcola che occorrano 8 anni prima di ricevere la diagnosi e individuare il trattamento più corretto.

Endometriosi: confusa con i dolori mestruali

Spesso i sintomi dell’endometriosi non sono riconosciuti come tali o sono confusi con quelli di altri disturbi, come il comune malessere che può accompagnare il ciclo mestruale. In altri casi, invece, gioca anche il pudore nel riferire di dolori durante i rapporti sessuali. Questo complica anche il lavoro della ginecologa o del ginecologo, che comunque deve passare anche da alcuni esami specifici prima di accertare che si tratti di endometriosi.

Qui ti aiutiamo a capire quali sono i “campanelli d’allarme”.

Endometriosi: difficile da diagnosticare

Si stima che in Italia circa 3 milioni di donne in età fertile soffrano di endometriosi, malattia infiammatoria cronica degli organi genitali femminili e della zona del peritoneo pelvico. Per questa patologia si parla di malattia multifattoriale, cioè legata a più fattori, anche se quello principale che causa forti dolori sarebbe legato alla presenza anomala di cellule endometriali al di fuori dell’utero. A seconda di dove si trovano si può manifestare appunto un forte dolore, spesso invalidante, legato a micro lesioni che si formano nell’area: può essere pelvico, ma anche addominale, e generalmente è associato ai giorni del ciclo e ad alcuni in particolare. Data l’incidenza (colpisce in media 1 donna su 10 in età fertile) è importante capire se si è in presenza di segnali che facciano pensare all’endometriosi.

Come si riconosce l’endometriosi?

«I sintomi più comuni sono la dismenorrea (cioè il dolore mestruale classico), la dispareunia (il dolore durante i rapporti, che è tipicamente più profondo) e poi il dolore pelvico cronico cioè la tensione addominale, i crampi e le fitte in questa zona», spiega Daniela Mele, ginecologa e dirigente medico in servizio presso il UOC di Ginecologia Ostetricia e Fisiopatologia della riproduzione presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli.

Attenzione ai dolori mestruali del secondo e terzo giorno

 «Il motivo del ritardo della diagnosi ha a che fare proprio con le tre caratteristiche dei sintomi: per quanto riguarda i dolori mestruali, si pensa che sia una cosa normale e che le donne debbano soffrire tanto, soprattutto se accadeva anche alla mamma e alla nonna. Si prescrivono anti-infiammatori e antidolorifici o integratori, e si rischia di andare avanti anche per molto tempo senza focalizzarsi sulla sindrome dell’endometrio. Al contrario, questi dolori potrebbero essere un segno importante. È utile sapere, però, che la manifestazione del dolore dovuta a endometriosi non si manifesta il primo giorno, ma in particolare il secondo e il terzo», spiega la ginecologa.

Occhio ai dolori nei rapporti sessuali

«Il discorso è analogo. In questo caso, quando la donna riferisce di dolori nei rapporti sessuali, inizialmente si è propensi a pensare ad altre cause come il fattore psicologico, lo stress oppure una scarsa lubrificazione o ancora esperienze negative nei precedenti rapporti. È più difficile che un medico e un ginecologo pensi subito all’endometriosi e dunque proceda con esami specifici», spiega Mele. «La conseguenza è che i tempi della diagnosi si allungano, come nel dolore pelvico cronico», aggiunge la ginecologa.

Anche crampi e fitte sono sintomi da raccontare

Il terzo tipo di sintomi, infatti, ha a che fare con il dolore pelvico: «Si tratta solitamente di crampi, fitte, tensione addominale, un indolenzimento che non si riesce a definire bene. Si tratta di un quadro che potrebbe essere compatibile con una potenziale colite, a cui spesso si pensa in un primo tempo. Oppure nuovamente si pensa allo stress specie se si vive un periodo particolare, o ancora l’alimentazione o eventuali intolleranze. Spesso si procede, quindi, con una serie di indagini che però quasi sempre non portano a una diagnosi effettiva di una patologia perché in realtà si tratta di endometriosi. Quasi sempre nel medico prevale l’idea che questi sintomi siano da attribuire ad altro, in primis a fattori psicologici o problematiche alimentari e intestinali», spiega la ginecologa. «Certo a volte è invece la paziente che non riesce a raccontare cosa prova, spesso se è reticente per pudore (nel caso del dolore durante i rapporti). Questo accade soprattutto nei casi in cui non c’è un rapporto di confidenza con il medico», prosegue Mele.

I rari casi di dolore toracico

Un ultimo caso, anche se raro, può essere quello in cui l’endometriosi può manifestarsi attraverso un dolore toracico. «Le localizzazioni toraciche possono accadere, ma non sono un dolore tipico che accompagna l’endometriosi, come invece accade con quello addominale – chiarisce Mele – Solitamente se c’è solo un dolore di questo tipo non si sospetta di questa patologia e men che meno si procede con un esame diagnostico specifico come la laparoscopia».

Come si diagnostica e si cura

Tra le indagini per accertare un’eventuale endometriosi, infatti, c’è proprio la «laparoscopia addominale o pelvica, mentre solo di rado si arriva alla laparotomia, cioè l’intervento chirurgico vero e proprio per verificare la situazione. La laparoscopia serve a vedere le lesioni nei tessuti, in prossimità della ‘migrazione’ delle cellule dell’endometrio laddove non dovrebbero essercene e che causano dolore e infiammazione tipici della patologia. C’è anche un esame del sangue che può essere indicativo, ossia la verifica del valore della proteina Ca 125, che generalmente è aumentato nelle donne affette da endometriosi. Ma sia questo che l’ecografia sono utilizzati soprattutto per una valutazione nel tempo della lesione e per verificare la risposta alla terapia, non come primo esame diagnostico», chiarisce l’esperta, che conclude: «Analgesici e antinfiammatori possono alleviare i dolori, ma se non bastano si può pensare a farmaci a base ormonale (come gli estroprogestinici) per ridurre le lesioni, oppure in ultima analisi alla chirurgia per asportare eventuali lesioni stesse o cisti ovariche che sono causa dei dolori».

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