“La fotografia è una cosa semplice a patto di avere qualcosa da dire”, diceva il grande fotografo Mario Giacomelli. Bene. Perché i ragazzi hanno tante cose da dire in questa emergenza da Coronavirus, che per loro continua. Sono stati i primi a subire il lockdown e saranno gli ultimi a mollare, ma sono stati anche i grandi assenti dal palcoscenico di questa tragedia, calcato dagli anziani e dall’età di mezzo e, ogni tanto, dai bambini, con irruzioni nei notiziari attraverso le voci urlate delle famiglie, alle prese con la voragine scolastica e di accudimento. Ma si è trattato di sporadiche apparizioni per poi scomparire di nuovo all’interno delle case. E i ragazzi? Non li abbiamo visti proprio. Li abbiamo pensati, questo sì, ma come individui irresponsabili, con la musica nelle orecchie, chiusi nelle loro stanze e incapaci di gestire una situazione delicata come quella che abbiamo attraversato.
Le voci dei ragazzi del corso fotografico
Non è stato proprio così. Lo dimostra per esempio il progetto fotografico “Aspiranti fotografi” realizzato dal Centro Benedetta D’Intino. Un’idea nata prima dell’emergenza Covid-19 per coinvolgere fratelli e sorelle dei bambini con disabilità comunicative, di cui si occupa il centro. E poi diventata, dopo il lockdown, uno straordinario strumento per ascoltare i bisogni dei ragazzi e dare voce anche a loro, in un momento eccezionale per tutti noi. Voci fresche, 10 “figli anche nostri” tra gli 11 e i 18 anni, adolescenti curiosi e concentrati che hanno accolto l’invito a questo corso a distanza su una delle tante piattaforme digitali che abbiamo tutti un po’ frequentato, e che rischiava però di trasformarsi in un boomerang: cioè diventare l’ennesimo appuntamento tra voci distorte e facce da sonno di Dad, Didattica A Distanza. «Invece tutti hanno risposto con grande entusiasmo e con la voglia di mettersi alla prova in una sfida nuova» racconta Alberto Scandalitta, fotografo che si occupa da sempre di fotografia sociale e ha guidato i ragazzi in questa esperienza.
Ve la raccontiamo in diretta su Zoom il 4 giugno alle 17.30 proprio con loro, i partecipanti. Insieme al Centro Benedetta D’Intino ci sarà anche il dottor Luca Nicoli, psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista che ci aiuta a tracciare un ritratto dei nostri ragazzi, oggi e soprattutto domani: pensieri, emozioni, riflessioni sul post Covid. Quanto siamo pronti, noi e i nostri figli? Cosa ci aspetta? Cosa pensiamo che ci aspetti? Per partecipare occorre prenotarsi cliccando qui.
«L’idea di questo progetto è quella di valorizzare i “siblings”, i fratelli e sorelle dei bambini con disabilità, con una parentesi tutta per loro, al di fuori della scuola: tre momenti alla settimana di confronto online non tanto sulla tecnica fotografica, quanto sul linguaggio della fotografia, su come possa aiutare a esprimersi e tirar fuori le proprie emozioni». E di emozioni ne sono emerse, come testimoniano alcune loro foto.
C’è Chiara, che si sorprende a rivedere le sue priorità: «Ragionare sullo scatto mi ha insegnato a soffermarmi sulle cose più importanti. Ho capito che non dovevo fermarmi a quello che mi mancava a causa del blocco ma a quello che avevo». Già letto, già visto, già detto? Forse sì. Ma restituito dallo sguardo limpido di un’adolescente, diventa una verità tagliente, che ci spinge a ricalibrare le nostre opinioni. Perché se siamo quelli che adultizzano i bambini, dotandoli di smartphone e addestrandoli alla competitività e alla performance, siamo anche quelli che deresponsabilizzano i giovani, immaginandoli indifferenti ai diritti e alle fragilità altrui. E invece i giovani sono anche come Chiara, che aggiunge: «Ho imparato che le foto si fanno in due: chi le fa e chi le guarda. Così ho capito che il giudizio degli altri è importante e non sempre siamo noi i protagonisti di quello che facciamo».
Cosa insegnano le foto
E così, se all’inizio del lockdown pensavamo i nostri figli felici e satolli dell’indigestione digitale a cui sarebbero stati esposti, alla fine ci siamo dovuti accorgere che loro, che conoscono bene la tecnologia, sanno che una relazione può essere profonda anche se mediata dal digitale. «Tutti i ragazzi hanno sentito la mancanza degli amici, quelli veri in carne e ossa. Le merende su Zoom e le lezioni con i professori non sono diventati il surrogato della vicinanza e della fisicità» spiega il fotografo. Che proprio per questo ha voluto lasciare ai suoi allievi una stampa dei loro scatti, quella memoria storica che traccia un confine tra ciò che è liquido, e si cancella, e ciò che invece resta. I pezzi della nostra vita. Dice infatti Giorgia: «Ho capito l’importanza dei ricordi e il ruolo delle foto sia a livello personale che collettivo: servono a ricordarci ciò che eravamo e a diventare persone migliori». Perché la foto va maneggiata e toccata, come le persone. Rappresenta un passaggio della nostra crescita. «Ho capito che non è importante guardare ma osservare, e voglio portare questo concetto nelle mie relazioni, in modo da non fermarmi alla superficie ma cercare di conoscere le persone per ciò che realmente sono».
![Il fotografo Alberto Scandalitta ha voluto che ogni ragazzo avesse il suo scatto "fisico", come una](https://www.donnamoderna.com/content/uploads/2020/05/11052020-11052020-IMG_2282-Modifica-830x625.jpeg)
Il fotografo Alberto Scandalitta ha voluto che ogni ragazzo avesse il suo scatto “fisico”, come una mollica di Pollicino per ritrovare, magari tra 30 anni, il se stesso di ieri. E ricucire con emozione la propria storia. La foto stampata, custodita in fondo a una scatola e riscoperta – un giorno – è come una mappa per rivivere questa straordinaria esperienza che tutti noi abbiamo attraversato.
Chissà se adesso, nel post quarantena, i ragazzi davvero hanno uno sguardo diverso, più morbido, sulla realtà. Il sospetto forte è che siamo noi adulti a pensare che dovrebbero averlo, perché in realtà durante il lockdown i giovani hanno dimostrato ben di più: c’è chi si è messo a cucinare per la famiglia, chi ad aiutare qualcuno nel palazzo, chi a portare la spesa agli anziani. In tanti si sono rivelati, insomma, sorprendenti. E ci sorprenderanno ancora – al di là degli scatti dalla movida con cui si tenta di ritrarli – nella loro capacità di costruire un futuro dopo questa esperienza che tutti abbiamo vissuto. Di sicuro, sono stati capaci di reagire a un’emergenza con flessibilità e spirito di adattamento.
Il supporto online del Centro Benedetta D’Intino
La stessa flessibilità a cui tutte le organizzazioni sono state chiamate. Anche il Centro Benedetta D’Intino, che è punto di riferimento nazionale per la disabilità di tipo comunicativo e segue in particolare le famiglie di questi ragazzi, dopo lo shock della forzata chiusura è riuscito a reagire. La dottoressa Anna Erba, direttore sanitario e responsabile clinico, racconta commossa di come nei due mesi di chiusura tutta l’équipe di medici, operatori e psicoterapeuti si sia rapidamente convertita alla nuova prossimità sul web. «Ci siamo spostati online anche noi e abbiamo cercato di dare alle famiglie i servizi che non potevamo più garantire in presenza». Si è trattato di organizzare sedute con logopedisti, fisiatri e psicoterapeuti a distanza, ma anche di supportare le famiglie durante la didattica della classe frequentata dal bambino in condizioni normali. Perché tutti i piccoli vanno a scuola, almeno qualche ora al mattino. Durante l’emergenza, e tuttora, due volte alla settimana tutte e cento le famiglie si collegano al centro per garantire ai figli quelle routine di apprendimento e scambio fondamentali per continuare a comunicare e non perdere i piccoli risultati raggiunti fino a quel momento. «Si tratta di insegnare a comunicare (e cementarne la capacità) i bisogni più basilari, anche solo schiacciando un pulsante: usiamo video, lavagne, giochi sempre con la metologia della CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa), che sfrutta i simboli. Contro ogni previsione, i bambini con disabilità seguono gli incontri online anche per mezz’ora, con la famiglia di fianco».
La tecnologia ci ha reso (un po’) migliori
E proprio come è capitato a tutti noi, si è riusciti a fare tesoro anche delle difficoltà e delle soluzioni attuate per superarle: come il ricorso alla tecnologia, che ci ha visti tutti – tra l’impacciato e il diffidente – diventare un po’ cyber. «Le famiglie si sono adattate a volte con difficoltà, altre volte con resistenza, ma alla fine con ottimi risultati. E per noi che stiamo dall’altra parte, la telecamera si è rivelata un modo utile per entrare nelle vite e nelle case dei nostri pazienti, che così possiamo aiutare in modo più concreto, dando per esempio soluzioni pratiche».
Il dramma della disabilità nell’emergenza Covid-19
Questo esperimento felice di continuità non si è reso possibile per tutti. Tante le denunce in questi mesi delle associazioni di persone con disabilità (la Fish per tutte – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che lamentano le difficoltà vissute dalle famiglie di bambini e adulti disabili. Basti pensare che nei vari decreti del Presidente del Consiglio, solo nella versione del 26 marzo 2020 dell’autocertificazione è stata inserita tra le deroghe l’urgente assistenza a congiunti o persone con disabilità. Ha pesato poi in modo particolare la chiusura delle scuole e dei centri diurni, perché la gestione della disabilità è rimbalzata all’indietro sulle famiglie. Anche lo stop a tutte le forme di attività ha minato gli equilibri familiari: nuoto, ippoterapia, logopedia, tutti supporti importanti per creare una routine quotidiana fatta di paletti e percorsi che per tante persone, come quelle con autismo, sono fondamentali per contenere ansia e tensioni.
Il corso “Aspiranti fotografi” è solo una delle attività portate avanti dal Centro Benedetta D’Intino durante l’emergenza Covid-19. Gli operatori del Centro hanno sempre continuato a fornire sostegno e terapie a distanza alle famiglie e ai loro bambini, per garantire una continuità nel percorso clinico e rispondere ai loro nuovi bisogni quotidiani.
Anche tu puoi aiutare i bambini e le famiglie del Centro Benedetta D’Intino con una donazione.
La cura non si può fermare: https://sostieni.benedettadintino.it/